7-7-2007
- Autore: Antonio Manzini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2016
L’ultimo romanzo di Antonio Manzini, “7-7-2007”, ormai incoronato dal pubblico come uno degli scrittori più letti e amati, è un prequel. Si racconta infatti la vicenda che, nel luglio 2007, a Roma, in una caldissima estate, aveva visto il vicequestore Rocco Schiavone incaricato dell’indagine per la morte di due ventenni, Giovanni e Matteo, compagni di scuola, uccisi in modo barbaro, con una stilettata alla base del cranio, a poche ore di distanza in quartieri romani poco distanti; mentre Schiavone con i suoi uomini si mobilita per l’indagine che si presenta molto complessa, nelle stesse ore sta vivendo una vicenda personale altrettanto difficile: sua moglie Marina, una restauratrice bella e intelligente, lo ha lasciato, avendo scoperto che Rocco, con i suoi amici di sempre Sebastiano e Brizio, forse ha fatto qualche scorrettezza amministrativa che lei non sembra in grado di perdonargli.
L’indagine poliziesca va avanti e diventa sempre più complicata, visto che dietro la morte dei due ragazzi ci sono potentati della malavita, spaccio internazionale di cocaina: Matteo e Giovanni sono capitati in un giro molto più grande di loro e molti altri rischiano di fare la loro stessa fine. La trama del giallo, le indagini, i colpi di scena finiscono nel giorno indicato dal titolo del romanzo: Marina, che è tornata a casa ed è innamoratissima del suo Rocco, viene colpita a morte da un sicario che voleva punire proprio suo marito, colpevole di aver smantellato il traffico internazionale di droga.
Dunque per gli appassionati delle storie di Rocco Schiavone questa è la premessa, ed è singolare notare come la scrittura di Antonio Manzini sia cresciuta molto nel tempo: qui lo spazio dedicato ai sentimenti, all’approfondimento delle psicologie dei personaggi, alla storia struggente dell’amore di Rocco per la sua Marina, al rapporto affettuoso che lega gli amici dell’infanzia trasteverina, pronti ad aiutarsi con metodi anche non troppo ortodossi, costituiscono il nucleo narrativo del romanzo, che finalmente vede Roma come protagonista assoluta. Manzini la conosce e, attraverso le scorribande di Rocco Schiavone, ci fa scoprire quartieri poco noti, meandri sordidi e puzzolenti, periferie degradate e abbandonate, zone centrali dove vivono famiglie borghesi al di sopra di ogni sospetto: l’Infernetto e viale Parioli, San Giovanni e Monte Verde, piazza Alessandria e via Fidenza, la Tiburtina con le sue cave di marmo e gli enormi capannoni industriali, i bar di Trastevere, l’Eur con il suo laghetto ormai divenuto una discarica, l’interno della basilica di San Clemente, i pub dove lavorano ragazzi precari e preda di spacciatori, dove si beve birra e si sognano ricchezze facili.
Insomma tutta la grande metropoli viene percorsa in motorino, in macchina, seguendo malviventi e feroci assassini, italiani, nigeriani, vecchie conoscenze della polizia e nuovi arrivi sul palcoscenico della malavita romana.
Nelle prime pagine e nella parte conclusiva del romanzo torniamo ad Aosta, col suo clima gelido e l’atmosfera rarefatta, ma il cuore di Rocco Schiavone, trasferito in quella città per gravi motivi disciplinari, malgrado la presenza della cagna Lupa e delle giovane collega Caterina, resta nella capitale. Lì c’è l’odore e la presenza di Marina, lì ci sono le sue radici: Roma, pur con il suo degrado morale e amministrativo, con la delinquenza che sembra avvolgere tutti i gangli della vita pubblica, resta il luogo dell’amore e della nostalgia. Bello, il romanzo di Antonio Manzini, soprattutto per la sensibilità del racconto dei rapporti affettivi.
7-7-2007
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 7-7-2007
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Man mano che leggo i libri di Manzini, confermo l’apprezzamento nei confronti dell’autore: con le sue parole riesce a toccare le corde dell’animo del lettore, mettendolo subito in una condizione piacevole di ascolto-lettura del quadro della situazione, senza annoiarlo e proponendo più di un filo conduttore. Con quest’ultimo libro Manzini sta riconducendo la varie trame ad un unico ordito, ma semina anche diverse ipotesi di come si svilupperanno i prossimi romanzi. Mi pare che finora Manzini abbia voluto dare speranza al lettore, indicando l’ottundersi del dolore di Schiavone nella presenza di Lupa. Il segreto del successo di Manzini sta nel sostenere che il dolore può evolvere in serenità? Il vero filo conduttore dei libri di Manzini è la serenità? E come può Manzini indurre il lettore alla serenità? Inducendo il lettore ad immedesimarsi, seppur parzialmente, in Rocco? Tutti trovano nel vicequestore che alcuni pregi ed alcuni difetti stimolano la sympathia verso questo personaggio. Un personaggio che è stati d’animo, attorno a cui ruotano quelli dei personaggi (temporaneamente?) secondari.
Complimenti ad A. Manzini, padrone della vitalitalità di ogni sua parola scritta.
F. Nava