A ogni santo la sua candela
- Autore: Stefano Crupi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2016
“Per cavarsela da queste parti bisogna essere furbi oltre la media, entrare nel meccanismo, adattarvisi, tirare le leve giuste. Scegliersi i santi giusti. Capire come funziona”
Stando a queste parole, sembra che per trovare lavoro in Italia basti pregare quotidianamente una accurata selezione di santi del Paradiso; certo, mica tutti vanno bene, alcuni possono più miracoli di altri, ma in ogni caso è evidente che urge appellarsi a qualcosa di superiore.
Ma se tutti questi santi, in realtà, non popolassero il Regno dei Cieli, ma abitassero in qualche grande città italiana, magari a Napoli? Allora sì che il gioco si farebbe decisamente più semplice, a portata d’uomo.
Sono proprio questi, i santi terreni dei quartieri napoletani, a reggere il gioco di Stefano Crupi che, dopo un esordio vincente con “Cazzimma” (Mondadori, 2014), è tornato in libreria con un nuovo, scottante romanzo, “A ogni santo la sua candela”(Mondadori, 2016).
Ernesto è il giovane protagonista di questo libro, bello, fresco di laurea – in economia, che solo con questa riesci a fare i soldi - e pronto ad azzannare la vita vestito di tutto punto. La necessità di riscattarsi dalle umili origini è assai forte, e questa urgenza è ancora più radicata in Maristella, madre scaltra e acuta osservatrice, che di vedere suo figlio bazzicare a vuoto per i Quartieri Spagnoli insieme ad amici falliti, non ha proprio voglia.
L’ascesa di Ernesto in campo lavorativo parte con il suo inserimento nella società Club Service: il traffico di favori, minacce, complotti, telefonate misteriose e sorrisi a mezza bocca, inizia fin da subito. Ernesto è lì perché deve riuscire ad arrivare in alto, esige per sé una carriera di successo, che gli porti tutti i soldi e tutto il potere di cui ha bisogno per essere rispettato. Qui la vita è scandita a suon di giudizi, conta quello che hai e, se quello che hai vale molto, puoi anche dimenticare ciò che sei.
Maristella è l’ombra di suo figlio, lo guida e lo istruisce, lo veste in modo elegante, gli dà tutti i soldi necessari a patteggiare il suo futuro con chi è sopra di lui. Donna Maristella, in una parola, sceglie, lei individua e seleziona i santi da seguire, quelli che porteranno Ernesto a diventare ciò che lei non ha mai potuto essere. Ed Ernesto, ambizioso e spietato nonostante la giovane età, non si tira indietro, forte del fatto che può anche contare su un’amicizia di vecchia data, quella col potente boss Alfonso Malatesta.
L’idea di un radicale riscatto sociale, dunque, inizia a prendere forma quando Ernesto, ormai assunto alla Club Service, entra nelle grazie di Caputo, il capo. Ma gli ingranaggi di questo complicato meccanismo clientelare a volte si intoppano, sono pericolosi e, spesso, le istruzioni servono a poco per risolvere i guasti. Forse, alla fine, chissà che proprio questo meccanismo, che credeva indistruttibile e senza più segreti, non porti Ernesto dritto dritto nel baratro.
Due sono i cuori pulsanti di A ogni santo la sua candela: l’affaire “lavoro in Italia” e il rapporto tra Maristella ed Ernesto, che si inserisce prepotentemente nella sfera della gestione dei rapporti individuali.
Stefano Crupi ci fornisce un quadro impietoso di Napoli, o forse sarebbe più corretto dire dell’Italia, perché ciò che succede tra i vicoli e negli enti pubblici di questa grande città del Sud, accade praticamente in tutta la nostra Penisola. La crisi c’è e si fa sentire, e ancora di più si avvertono i grugniti affannati di chi sgomita per non cadere nel letamaio. I favori, le moine, i regali sottobanco, tutto questo è all’ordine del giorno per chi, come Ernesto, sa che non basta una laurea in economia per accedere al mondo del lavoro, perché oggi – come gli ripete più volte Caputo – avere una laurea non serve a niente, servono piuttosto il muso duro, la faccia di bronzo e una buona dose di crudeltà.
Chiaramente non possono mancare i santi giusti, altrimenti è impossibile avere un posto degno in questo mondo, e addio rispettabilità e onore.
È evidente che, soprattutto negli ambienti malavitosi, il riferimento alla componente religiosa non manca quasi mai: tutti i più grandi boss hanno i loro santi da pregare, prima di diventare essi stessi dei “santi” a cui i miserabili possono rivolgersi per sperare in una grazia, molto terrena e molto materiale. Certo che poi, come insegna la cronaca, ci sono anche le famiglie più fortunate, quelle che i santi ce li hanno già in casa e non devono andare in chiesa a pregarli: i cognomi di questi rispettabili santi, in questi casi, solitamente si moltiplicano sul posto di lavoro e si trasmettono di padre in figlio in nipote in cugino.
Di santi, però – fa presente Crupi – ce ne sono davvero tanti e non sono tutti uguali, c’è chi può di più e c’è chi può di meno, per questo l’autore sceglie una donna intelligente e schietta come Maristella che si occupi della selezione.
Perché proprio Maristella? Lei che è solo madre e niente di più? L’importanza di questa figura si evince fin da subito, poiché, come un grillo parlante che guida la coscienza del lettore, oltre quella del figlio Ernesto, racconta l’andamento della vicenda in capitoli separati. Maristella è l’unico personaggio ad avere uno spazio suo, in cui può parlare in prima persona e in cui diventa simil-burattinaio della storia.
Ed è qui che arriviamo al secondo punto chiave, il rapporto tra questa madre e il suo unico figlio. All’interno dell’intricata rete di rapporti umani, l’unico che resta, che non si logora, ma che anzi si rafforza nei momenti di difficoltà, è quello tra Maristella ed Ernesto.
“Sono una madre e le madri lo sanno bene che i figli, prima o poi, ritornano sempre. (…) alla fine capiscono – tutti – che non potranno trovare nulla che anche solo possa eguagliare l’amore incondizionato di chi ha dato loro la vita”.
Maristella non vede in Ernesto solo il tramite attraverso cui può compiersi il suo riscatto sociale, ma questo figlio, bello e capace, è anche coronamento di un sogno proibito e oggetto unico d’amore, forse proprio il primo della lista dei santi che Maristella non tradirà mai.
Stefano Crupi abbatte definitivamente le barriere del perbenismo e con uno stile asciutto, essenziale e forte fa un’analisi dettagliata di ciò che siamo. Pur essendo un romanzo crudelmente contemporaneo, “A ogni santo la sua candela” si rivela complice della migliore tradizione letteraria che volge lo sguardo ai grandi classici dell’Otto e Novecento: se il disagio umano, la psicologia misteriosa dell’individuo che si muove a metà tra l’abisso e la vetta della montagna più alta, ricordano perfettamente gli spietati romanzi di Dostoevskij, è pur vero che emergono anche le descrizioni dei miserabili ambienti di lavoro in stile Gogol’ e Svevo. Ripensate a “Il cappotto” o a “Senilità” e vedrete che i riferimenti agli impiegatucci del ministero non appariranno così distanti da quelli gentilmente offerti dal mondo di oggi.
Un romanzo per personalità irriverenti e menti raffinate.
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