A regola d’arte
- Autore: Stefano Tura
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2018
Uomo, razza caucasica, età apparente quarant’anni, indossa un completo grigio perla firmato, sopra una camicia bianca di batista. È impiccato a una putrella sul soffitto. Ai suoi piedi un biglietto, sul pavimento:
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Stefano Tura apre a ceffoni in faccia il nuovo thriller, “A regola d’arte”, uscito ad aprile per i tipi Piemme (478 pagine 18.50 euro). Attenzione, però. Quello appeso è un manichino, un’opera d’arte esposta in un museo londinese.
Di Regno Unito se ne intende Stefano Tura (Bologna, 1961). Dal 2006 è corrispondente Rai dalle isole britanniche e alla professione giornalistica ha aggiunto di recente una significativa attività narrativa. Giallista per passione e con merito, nel 2016 ha pubblicato per Piemme “Il principio del male”: tanta azione, ottimi intrecci polizieschi, un po’ di brainstorming investigativo, ricostruzioni verosimili delle scene dei delitti e descrizioni impietose della condizione delle vittime. Una goduria per gli appassionati del genere.
L’appeso? Un’opera d’arte. Un impiccato di cera, un allestimento a grandezza naturale nella sala più ampia di una galleria d’arte ultramoderna, tra Bond Street e Regent Street, a Londra.
A Tarcisio Parenzi sembra che il manichino abbia parecchio in comune con l’amico Aldo Bertello, al suo fianco. Due italiani che contano, nella capitale inglese, anche se vi risiedono da poco. Sono entrambi cinquantenni: il primo dirige l’istituto di cultura, l’altro quello del commercio estero. Sono il volto e il portafoglio del nostro marketing economico e culturale in Gran Bretagna.
Girando nelle sale, tra feti né nati né morti e teste di maiale chiuse in teche e assalite da vermi, raggiungono un uomo elegante, steso per terra. Sgozzato. Una donna gli si lancia addosso urlando, sporcandosi di sangue e portando al petto il capo del marito, assassinato nel museo di Hannover Square.
L’ucciso è italiano, accidenti! Un milanese di origini napoletane, un top manager della City che si è lanciato nel brokeraggio contando su risorse finanziarie di dubbia provenienza.
Un delitto a regola d’arte per il sovrintendente capo della Polizia James Riddle. Poco sangue, nessun’arma nei pressi. È stato colpito altrove e poi spostato: un allestimento spettacolare anche questo. Spettacolare ma vero.
A seguire la scena del ritrovamento nel museo, c’era un uomo con cappellino, parrucca e naso rosso da clown. Un insieme orribile, che lo fa somigliare al pagliaccio demoniaco del film “It”. E c’era lo stesso tipo, così travestito, davanti alla scuola dov’è sparita una bambina di cinque anni. Un ragazzo italiano l’ha visto in faccia, per caso.
In compagnia di Rebecca, Marco raggiunge la stazione di Polizia di Brixton, per rivelare i suoi sospetti. È una fortuna che il poliziotto alto, robusto e di colore col quale prendono contatto sia Peter McBride, comandante della centrale di quel quartiere, un duro molto capace, 47 anni, esempio di un raro esperimento di reinserimento sociale riuscito al 100%. Da adolescente era ladro e spacciatore, strappato alla strada e al crimine da un prete giamaicano e da una comunità protetta per ragazzi difficili. Palestra, scuola, laurea in antropologia, arruolamento in Polizia. Carriera, successi, con tanta applicazione e tenacia.
Accanto a McBride c’è Amanda Jefferson, vice ispettrice a Brixton e tenera amicizia di Peter, se non qualcosa in più. Sa bene che la piccola rapita è la figlia di un boss della mala caraibica locale, ora in galera. Sospettano che ci sia lo zampino di un altro gruppo criminale, che progetta di strappare il monopolio del traffico di droga.
Indagine delicata, in zona. E delicatissima diventa quella sugli italiani uccisi, visto che alla lista si aggiunge il proprietario di un ristorante esclusivo, frequentato anche dall’ambasciatore. Il caso coinvolge la Polizia italiana e chiama in causa un’altra coppia. Il termine coppia non è casuale, non si limita a Peter McBride-Amanda Jefferson, va esteso ad Alvaro Gerace, 53 anni, capo ispettore anticrimine della Questura di Bologna, già ragazzo terribile anche lui e Clarissa Di Natale, venti anni di meno, vice ispettore, occhi verdi, specializzata nelle indagini informatiche.
Sono da tempo sulle piste di uno sfuggente assassino seriale in Italia e il caso si collegherà alle sparizioni di bambini in Inghilterra. Lì, Riddle sospetta che sia in azione un altro serial killer e vorrebbe rovistare a fondo nella comunità italiana, a costo di interrogare l’ambasciatore. La prospettiva spaventa però il suo superiore. Gardiner teme che l’indagine possa allargarsi, coinvolgendo altri uffici e servizi.
James non può permettersi errori e rinuncia a passare al setaccio la vita delle vittime, come vorrebbe fare. Non può rischiare che oltre ai vertici e alla stampa comincino ad esercitare un pressing anche i Ministeri. Vanno seguite con molta calma le procedure standard, senza chiasso. Interrogare blandamente testimoni, visionare immagini delle telecamere, stendere liste di sospetti. Un lavoro discreto.
Si innesca un meccanismo a orologeria, che farà detonare la vicenda. Alla fine, niente sarà come prima, nella serie Riddle-McBride-Gerace di Stefano Tura. Questo è garantito.
A regola d'arte
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