A via della Mercede c’era un razzista
- Autore: Giampiero Mughini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
Cerchiamo di essere obiettivi: come polemista sul piccolo schermo Giampiero Mughini potrà piacere o non piacere, ma lo scrittore non si discute. Una prova è il libro che le edizioni Marsilio hanno tratto dal dimenticatoio a 29 anni dalla prima uscita per un altro editore. “A via della Mercede c’era un razzista. Lo strano caso di Telesio Interlandi” (2019, 256 pagine, 18 euro) è un lavoro con tutte le caratteristiche del saggio storico, al quale le qualità stilistiche del giornalista catanese aggiungono una cadenza che si potrebbe dire narrativa.
Nel 1990, la sua ricerca critica sulla figura di questo intellettuale (di valore) radicalmente fascista (e anche questo è altrettanto certo) sembrò inopportuna e per qualcuno perfino apologetica, rispetto a un personaggio in camicia nera. I tempi non consentivano allora di affrontare temi tabù, quali erano considerati tutti quelli legati al ventennio. Non si poteva andare oltre una denuncia dei guasti del fascismo. Poi, i testi di Renzo De Felice aprirono uno spazio allo studio di quel periodo e la sensibilità di Giampiero Mughini colse l’occasione di un approfondimento, apparso allora ancora “eretico” alla critica, che mostrò il pollice verso. Il libro venne rapidamente oscurato.
Ora gli argomenti che hanno a vedere col fascismo e i fascisti sono sdoganati e la casa editrice veneziana ripropone il lavoro nella collana Gli specchi, per la quale Mughini ha già firmato “Era di maggio” nel 2018, sullo “psicodramma” internazionale del ’68.
Siciliano Interlandi, catanese Mughini, agrigentino Leonardo Sciascia, che in una cena nel 1987 a Milano aveva anticipato a Giampiero l’intenzione di dedicare uno dei suoi racconti da cento pagine alla figura di quel giornalista fascistissimo, dichiaratamente razzista e ferocemente antisemita. In più, al loro tavolo - come l’autore ricorda nella presentazione del suo libro, che per primo considera “poco piacione” - sedeva quella sera un amico comune, Antonello Trombadori, indiscutibilmente comunista, che aveva confessato ai due commensali di avere avviato il praticantato cronistico, appena ventenne, nella redazione di un quotidiano più che fascista, “Il Tevere”, diretto proprio da Interlandi e frequentato da un altro praticante coetaneo, Giorgio Almirante, il futuro leader del Movimento Sociale Italiano.
Di Telesio (1894-1965), Sciascia ricordava con particolare curiosità le fasi non facili dopo il 25 aprile 1945. Alla caduta definitiva del regime mussoliniano, Interlandi padre e figlio non credevano di potersela cavare. Nell’estate, il diciannovenne Cesare poté considerarsi fuori dai guai, ma la situazione del cinquantunenne genitore risultava più pesante: non era stato forse una delle voci più furenti del fascismo? Non aveva diretto il famigerato quindicinale “La difesa della razza”, che spargeva veleni antisemiti e odio razziale ad ogni rigo?
L’avvocato socialista Enzo Paroli, un bresciano che aveva accettato di difenderlo, nascose in cantina l’intera famiglia, finché le accuse non caddero, perché il pur fervente fascista “non aveva mai fatto del male da nessuno”.
Il proposito di Sciascia rimase allo stato di semplice idea e alla morte dello scrittore di Racalmuto, nel 1989, fu proprio Cesare Interlandi a suggerire a Mughini di scrivere il libro sul padre, che Leonardo non avrebbe potuto più firmare. E Giampiero accettò, realizzando un prodotto che intendeva confezionare come un romanzo, in cui:
tutti i particolari dovevano corrispondere perfettamente alla realtà com’era stata davvero.
Non un racconto comunque e nemmeno un saggio puro e semplice, ma una terza cosa, che si sottrae alla “imbecille classificazione tra saggistica e narrativa” (“imbecille classificazione”, in queste aggettivazioni la vena polemica di Mughini si riconosce perfettamente) e che deve tutto all’ultradecennale sodalizio con Trombadori e alla lealtà di Cesare Interlandi, custode dei documenti paterni.
Né saggio né romanzo, quindi, ma un sapiente ibrido, che mette a fuoco un periodo nel quale solo gli ingenui e chi si ostina a non voler apprendere le lezioni della storia possono pensare all’esistenza nel Ventennio di una linea di netta separazione tra i fascisti e gli antifascisti, “ammesso che di questi ce ne fossero molti, a parte quelli condannati”, sostiene Giampiero, convinto che:
l’aver documentato l’enormità di questa balla” della distinzione manichea tra chi indossava la camicia nera e chi la ripudiava “sia il merito maggiore di questo libro.
E non si scambi Mughini per quello che non è: era è resta fieramente antifascista, ma l’amore per la storia gli consente di oltrepassare steccati senza contaminare il suo credo democratico. Si pone solo un limite, invalicabile: di fascismo e fascisti si potrà pure ricercare e scrivere, ma “razzisti, mai!”.
Anche un grande collezionista di libri d’epoca e riviste di questi anni, qual è compulsivamente, prova un senso di repulsione davanti a “La difesa della Razza”, prodotto becero di un’ideologia disumana. Non ha mai provato a comprarne un fascicolo. Dice di non volere “quella schifezza, sui suoi scaffali”.
A via della Mercede c'era un razzista. Lo strano caso di Telesio Interlandi
Amazon.it: 17,10 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A via della Mercede c’era un razzista
Lascia il tuo commento