Abbracciare gli alberi
- Autore: Giuseppe Barbera
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2017
“Abbracciare gli alberi”: si può, si deve, è utile? Secondo Giuseppe Barbera – agronomo siciliano impegnato nella tutela del paesaggio – non solo è benefico e rivitalizzante ma testimonia un’abitudine antica, diffusa tra molte popolazioni primitive e oggi di nuovo incoraggiata nelle terapie di supporto psicologico, che individuano nel contatto fisico tra uomo e ambiente naturale uno scambio energetico in grado di dilatare la coscienza, procurando benessere fisico e spirituale.
In “Abbracciare gli alberi”, recentemente edito da Il Saggiatore, il professor Giuseppe Barbera esplora l’attrazione che gli alberi esercitano sulla letteratura dall’inizio dei tempi: dall’epopea di Gilgamesh (primo uomo ad aver abbattuto un grande cedro cresciuto nei pressi dell’Eufrate), ai personaggi biblici, da Omero ai tragici greci, attraverso tutti i capolavori della scrittura universale, fino ai contemporanei - Borges, Conrad, Barthes, Calvino, Eliot, Gadda, Vonnegut, Zanzotto, McCarthy, tra decine di altri nomi.
Abbracciare gli alberi non è solo un’indicazione materiale ma possiede anche un significato metaforico. Indica la riconoscenza che dobbiamo a questi nostri fratelli radicati nel terreno e svettanti verso il cielo, che per millenni hanno
“reso fertile il suolo e respirabile l’aria, mitigato gli eccessi del clima, fornito legna, frutti, ombra, bellezza per mille usi indispensabili e piacevoli”.
Ci dimentichiamo troppo spesso che gli alberi rivestono un ruolo decisivo nel contenimento dell’effetto serra, nella lotta alla desertificazione, nel mitigare il clima, nel consolidare il terreno e nel preservare l’armonia paesaggistica. Hanno inoltre un fondamentale rilievo simbolico in senso psicanalitico (secondo quanto scriveva Carl Gustav Jung, indicandone l’aspetto materno, protettivo e nutritivo), o addirittura alchemico (morte e rinascita, fioritura e caducità, salvezza e pericolo).
Giuseppe Barbera ripercorre la storia del mondo da quando era ricoperto da foreste primordiali, inviolate e lussureggianti, in una varietà incredibile di specie arboree, e ci fornisce una serie di informazioni curiose sull’età, la grandezza, la velocità di crescita dei vari esemplari di piante (il più vecchio albero italiano si trova sul Pollino, è un pino loricato nato nel 1026; nell’area mediterranea lo batte un suo omonimo nato nel Nord della Grecia nel 941, mentre il più vecchio del mondo è un abete rosso che vive in Svezia e che dovrebbe aver compiuto 9560 anni).
I diversi capitoli del volume affrontano la storia degli alberi nei frutteti (quello tentatore di Eva non era un melo ma, probabilmente, un melograno o un cedro…), nei giardini, nei boschi, nelle nostre città strozzate dal traffico e dagli scempi edilizi, nel paesaggio deturpato dall’incuria dei cittadini e dagli interessi economici delle grandi industrie e del malaffare politico. L’indignazione di Giuseppe Barbera davanti all’indifferenza ambientale del potere economico e all’egoismo vandalico di chi abbatte foreste, incendia boschi e radure, inquina con discariche abusive, costruisce indiscriminatamente badando solo al profitto, è pari alla passione con cui difende ed esalta la bellezza della natura che abbiamo il dovere di proteggere e conservare:
“L’antico paesaggio mediterraneo è un mosaico di campi coltivati e di boschi, collegato da siepi e filari, punteggiato da alberi. È un paesaggio disegnato dal lavoro dell’uomo che, raccogliendo le opportunità della natura e le necessità della storia, ha tagliato boschi, bonificato paludi, ridotto montagne e colline attraverso ciglioni e terrazze, in superfici pianeggianti dove l’acqua non scorre pericolosamente (facendo franare il suolo e annegando le pianure), ma si infiltra alimentando a valle pozzi e sorgenti”.
Parole convincenti e appassionate, quanto quelle dolcissime dei versi shakespeariani:
“Chi vuole sdraiarsi con me / sotto l’albero del bosco verde / e intonare note allegre al canto degli uccelli / venga qui venga qui venga qui”
e oraziani:
“È bello sotto un leccio antico, / stendersi sull’erba compatta, / mentre fra gli argini scorre un torrente, / stridono nel bosco gli uccelli / zampillano e bisbigliano le fonti, / invitando a un placido sonno”.
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