Acciaio
- Autore: Silvia Avallone
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2010
Acciaio nel cuore dell’enorme fabbrica, che dà la vita e contemporaneamente la succhia via, dove si invecchia a 20 anni e la sicurezza è una teoria. Acciaio nella fibra e nell’essere di chi va avanti ogni giorno in un’esistenza senza sapore, di chi cerca di fuggire per poi scoprire che la sua strada non può portarlo altrove. Anche i gatti sono d’acciaio, a Piombino: randagi, malati, storpi, stringono i denti in cerca di una briciola di cibo e di affetto. Gli uomini li rispettano, allungano loro un boccone, una carezza. Non si sognano di maltrattarli, forse perché in quei gatti, in fondo, rivedono sé stessi.
Il romanzo che per una manciata di voti non si è aggiudicato il premio Strega ha già superato il vincitore in termini di attenzione da parte del pubblico. Indubbiamente non è un libro che possa lasciare indifferenti: o si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo, perché l’argomento è forte ed è espresso con forza. Si parla di adolescenza, ma non è un libro per ragazzine: qui non ci sono due amiche che si scrivono “TVUKDB” fra una festa in casa e una corsa in scooter. Ci sono due quasi quattordicenni che cercano di affermare sé stesse in un contesto soffocante, che non lascia vie d’uscita, e lo fanno scoprendo, in modo innocente e senza malizia, il potere che la loro bellezza ha su chi le circonda. Francesca ha una madre rassegnata e un padre-padrone, Anna una madre battagliera, un padre scavezzacollo e un fratello dalla scorza dura, ma in realtà buono e generoso. Nella loro realtà ristretta e piena di limiti si inserisce di tutto: droga, trasgressione, piccoli furtarelli e truffe vere e proprie, ricerca disperata di un miglioramento nel modo sbagliato, voglia di crescere che spinge nella direzione sbagliata. In tutto questo, Francesca e Anna si stringono l’una all’altra: sono inseparabili da una vita, per loro è inimmaginabile pensarsi lontane. Eppure, a scavare una voragine fra di loro arriva proprio l’amore: quello incompreso di Francesca e quello troppo precoce di Anna. E’ lì che il loro mondo semplice, fatto di luoghi degradati ma per loro importantissimi e del sogno dell’Isola d’Elba che sembra il più bel viaggio mai possibile, si sfracella, separandole e spingendo Francesca su di una strada che potrebbe essere senza ritorno. Ma c’è di peggio in arrivo.
Se questo libro sia un capolavoro, se meriti tutta l’attenzione che gli si sta tributando, solo il tempo potrà dirlo. E’ però un bel libro, cosa ancora più rimarchevole in quanto si tratta di un’opera prima di una scrittrice così giovane, un romanzo originale, complesso, ben scritto. Certo, con piglio molto giovanile, ma d’altronde è con gli occhi di due ragazzine che stiamo osservando la realtà. Qualcuno lo ha definito “morboso”, ma non contiene una parolaccia ne’ una volgarità in più del necessario (d’altronde, un simile argomento non sarebbe andato d’accordo con linguaggio forbito e situazioni da educande). E’ vita, come viene vissuta in un certo ambiente, descritta in modo sincero e arricchita da ottime descrizioni che non annoiano, anzi: la Avallone riesce a rendere affascinante anche il racconto delle fasi di produzione dell’acciaio. I personaggi sono ben definiti, ben caratterizzati, si fanno amare o odiare a seconda del loro ruolo, ci si ritrova ad accompagnarli per le strade assolate, a spiarli dalla finestra o attraverso la vegetazione di un canneto, partecipi di una storia che ci cattura e dalla quale, fatalmente, dobbiamo aspettarci qualche brutto colpo.
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Ciao
In genere evito di recensire libri o film che non mi piacciono. Semplicemente li "dimentico" e non perdo tempo a scriverne.
Stavolta non rispetto questa regola perché, sembra, che l’autrice sia molto probabilmente la vincitrice del prossimo Premio Strega . Allora mi sono fatto un giro nel sito degli appasionati di libri
http://www.anobii.com/books/Acciaio/9788817037631/0135adfaace5d951ff/
e ogni mio residuo pudore è svanito
Questo libro è una "ca...ta pazzesca ":pretenzioso,ruffiano. Insopportabilmente ripetitivo. Volutamente "scandaloso "(risultando invece patetico ) La furbata di ambientarlo ai margini della acciaerie di Piombino paventando un romanzo sociale è da calci nel sedere .
Punto. Nient’’altro.
Passerei agli insulti...
Mauro
E’ molto semplicistico liquidare il romanzo in questo modo. Non penso che Avallone abbia avuto la presunzione di aver creato un’opera sociologica. E’ un romanzo, punto. Come ce n’e’ tanti in libreria. E’ vero, il suo linguaggio e’ a tratti un po’ banale, ma in generale direi semplice. La semplicita’ stilistica non deve e non puo’ essere considerata necessariamente un difetto. Buona la conduzione della trama.
Del romanzo ho finora potuto scorrere solo una piccola sezione. Ma la prima impressione è questa: giovanilismo, un po’ di soap-opera, stereotipi nelle situazioni e soprattutto nel linguaggio, a cominciare dalle parole di quel padre che, sbirciando la figlia dal terrazzino di casa col binocolo mentre gioca in spiaggia, avverte la moglie che non gli garba la combriccola in cui la fanciulla si trova, "perchè quelli...si vogliono scopare mia figlia...".
Nulla da eccepire sul diritto di scrivere i romanzi che si desiderano, nè sul diritto del pubblico di comprarli.
Ma...cosa c’entra la candidatura al premio Strega?
Già il fatto che la Premiata Ditta Rizzoli abbia messo sul podio "Acciaio", la dice lunga sugli STANDARD culturali che la grossa editoria coltiva, promuove, ad evidenti fini di LUCRO. Provatevi a scrivere voi un romanzo (anche valido,
criticamente apprezzabile)...e vedrete quel che vi accadrà:
una sterile anticamera di anni, ottenendo al massimo che "lor signori editori", se proprio non vi ignorano, vi oppongano un laconico "non siamo interessati al suo libro"
Oppure gli editor a pagamento; in questo caso ci rimettete, in aggiunta, anche un po’ di soldi. Questo finora l’ho sempre evitato. Ma so di alcuni che ci sono cascati.
Ma basta polemiche! Teniamoci i Moccia, le Avallone et similia. Tanto, è ilpotere che decide!
Ho terminato di leggere Acciaio un paio di settimane fa’.Sono nata a Piombino, ma vivo a Treviso da 15 anni.Non ho riconosciuto, nel romanzo la mia citta’,degradata,in profonda crisi morale.Ma e’ un romanzo, e da qualche parte bisognava pure ambientarlo.Ho riconosciuto, comunque, alcuni ruoli estremamente duri da sopportare, come quello,gia’ avuto da mio padre, che doveva controllare l’altoforno.Alienante, e’dire poco.Mi e’,piaciuto il romanzo dell’Avallone, cosi’ crudo, non banale.Piombino e’ sempre stata una citta’che ha vissuto di acciaio, che ha combattuto e si e’ difesa per anni, dalle speculazioni.Mi e’ piaciuto perche’ ha attirato l’attenzine su una cittadina che ha vissuto una crisi economica di cui non si e’ praticamente parlato,e, che in qualche modo, mi ha fatto "emigrare"La scrittrice e’ giovane,ha solo bisogno di tempo.Auguri Silvia.
"un contesto soffocante, che non lascia vie d’uscita" MA PER PIACERE!!!ROMANZO SQUALLIDO DA MARKETING TIPO LUCCHETTI SUI PONTI.BASTA "UN SE NE Pò PIU".Non c’è falsificazione più venduta di questa robaccia,ambientarlo in un paese di 30 mila abitanti fa quasi ridere cose se la Lucchini assorbisse tutti,mentre invece stà pian piano scomparendo.Non torna nulla,neppure lo spazio e il tempo di collocazione,errori grossolani.La avallone non c’è mai stata a P. non sa neppure cosa sia.
l’ho comprato in quanto vincitore del premio strega
ma non credo l’assegnazione sia stata adeguata.
Alla commentatrice precedente: il libro era tra i finalisti, ma non si è aggiudicato il Premio Strega.
Per quanto riguarda "far conoscere un paese" (come ha scritto qualcuno prima di me),rispondo che magari era meglio farlo conoscere in maniera diversa e soprattutto con meno BUGIE!
La pubblicità di questo strazio si è moltiplicata sulle pagine dei quotidiani, alla radio, nelle librerie con una copertina che è come un manifesto (funzionale alla logica di mercato) e funziona benissimo per le menti minimali.Una ragazza e le ciminiere, un campo di periferia, una discarica cioè il male tascabile.Peccato che la ragazza sia un fotomontaggio e che la foto sia di una città neppure italiana.Come si può valutare un libro quando è già ricoperto da marketing?Come si fa a valutare un romanzo scritto in forma totalmente contorta,nel quale si offendono luoghi ed attività (quindi lavoratori) intravedono errori macroscopici in tutte le pagine,soprattutto temporali e si comprende benissimo che chi dovrebbe essere la presunta autrice,invece non lo è.Perchè si vuol mettere in evidenza un degrado inesistente nella realtà in una piccola cittadina di trentamila abitanti?Forse per deviare le menti (come la pubblicità ingannevole) e non far vedere dove REALMENTE ci sono veri problemi e vero degrado in Italia?!
Mi spiace ma anch’io appartengo a quei lettori che non riescono a capire come il romanzo della Avallone sia potuto arrivare tra i finalisti del premio Strega.
A mio modesto parere, il linguaggio del romanzo è molto spesso banale e sciatto e i personaggi appaiono falsi e quasi tutti sbozzati al limite di macchiette o di archetipi scontati senza quelle sfumature e approfondimenti che dovrebbe essere i minimi requisiti di scrittori che vengono presentati addiritura come ’rivelazioni’. Penso infatti che per quanto riguarda ’Acciaio’ abbiamo assistito ad una operazione martellante di promozione da parte della Rai-Tv che hanno imposto e -sempre a mio parere- sopravvalutato questo libro.
Non vorrei essere troppo drastica, ma veramente definirei ’Acciaio’ non tanto un libro minore, ma addirittura un ’libraccio’ che non fa onore al premio ma che soprattutto cerca di accattivarsi i lettori con maliziosi ammiccamenti di natura sessuale quali l’amore saffico di una delle due protagonista o le devianze dei personaggi maschili.
Quindi decisamente pollice in giù.
Anch’io, come il 90% degli italiani abituati a leggere Libri, trovo inspiegabile come questo papocchio possa essere considerato libro, ancor di più sono stupita di come si sia potuto classificare al Premio Strega, che, fino a ieri, seppur potendo immaginare manipoli che sono ormai una prassi in qualsiasi premiazione, non mi pareva promuovere ciofeche.
Mi chiedo anche perché Editori come Rizzoli possano lasciarsi coinvolgere in operazioni di questi tipo.
Forse in Italia abbiamo troppi nipoti di Mbarak.
Sto leggendo il famigerato libro di Silvia Avallone, sono arrivata quasi a metà e sono molto perplessa. Francamente, a mio avviso di lettrice di lunghissima data, (leggo da 44 anni, e avidamente) non meritava assolutamente di figurare tra i finalisti del Premio Strega dello scorso anno. E’ un romanzo come tanti altri, con un linguaggio banale che vorebbe essere verista, zeppo di stereotipi (la donna impegnata ma cogliona, la donna del Sud succube, i tamarri drogati, le lolite), francamente mi sentirei di consigliarlo a mia nipote di 20 anni che legge i libri di Federico Moccia. Se vogliamo parlare di "vere" scrittrici emergenti, consiglio Michela Murgia.
Anche io ho letto acciaio, un po di tempo fa’, forse il premio Strga e’ ambire troppo, in questo libro ci sono dal mio punto di vista troppe ripetizioni e il linguaggio troppo banale....a volte sciatto! Pero’ non dimentichiamoci che per la scrittrice e’ il primo romanzo e di tempo per migliorare ne avra’ ancora.....mai tarpare le ali ad una scrittrice emergente.
Il lavoro condiziona da sempre la vita degli uomini ed ancora oggi, nell’epoca in cui tutto è informatizzato, nascere e vivere nei pressi di una grande acciaieria perché tuo padre non ha altre possibilità di lavoro, può condizionare totalmente la tua esistenza. Francesca ed Anna sono predestinate ad un certo tipo di esistenza : padri operai – violenti o poco onesti - , madri frustrate – succubi della violenza maschile o dello status quo in cui si trovano e da cui non hanno la forza di uscire - , fratelli ed amici che sognano una vita migliore ma allo stesso tempo sanno benissimo che per loro è impossibile crearsi un’alternativa e quindi l’unica via di fuga è costituita dal “tiro” di cocaina o dallo sballo allo squallido Gilda . Su queste esistenze, tutte consumate “in un complesso di casermoni da cui piovono pezzi di balcone e di amianto”, incombono le acciaierie Lucchini come una sorta di mostro infernale che ha decretato il destino di ciascuno; all’ombra delle acciaierie, tra le agognate spiagge dell’Elba riservate solo ai turisti col Cayenne nero e le spiagge di Piombino a due passi da casa, nello spazio dell’estate 2001 si profileranno i destini di Francesca ed Anna, la cui amicizia sfocerà in rapporto di tipo diverso, da cui Anna cercherà di fuggire ma a cui, inesorabilmente, ritornerà nonostante la tentata via del riscatto – l’iscrizione al Liceo Classico - da quel genere di esistenza. Del resto la possibilità di fuggire da quella vita è riservata a chi, come Elena, appartiene comunque per estrazione sociale ad un altro mondo ma ciò non le impedirà di conoscere, all’ombra delle acciaierie, il valore dell’amore e il dolore della morte. L’amore, l’odio, la gelosia, la frustrazione, la delusione, la gioia attraversano le vite già segnate di questi personaggi che rispecchiano in buona parte le esistenze di uomini e donne che abitano le periferie delle nostre città, luoghi in cui “è normale non andare in vacanza, non andare al cinema, non sapere niente del mondo, non sfogliare il giornale, non leggere libri”; potrà non piacere,certo, ma la giustizia e l’equità sociale costituiscono ancora un obiettivo da perseguire mentre, tra un proclama e l’altro, tanti Francesca, Anna, Mattia, Alessio, Cristiano, Sandra, Lisa iniziano e finiscono la loro vita all’ombra della fabbrica in cui il loro padre, marito, fratello, volente o nolente, lavora e magari sperano che possa farlo fino alla pensione.
i commenti critici o anche peggio che ho letto su Acciaio mi fanno pensare a persone che sono terrorizzate dalle emozioni e si nascondono dietro giudizi pseudo intellettuali.BEl libro mi sono stupito che una ragazza così giovane abbia quella consapevolezza.Le critiche sspesso servono a coprire l’invidia
A me Acciaio è piaciuto, e molto. Dopo le prime venti pagine pensavo di mollare, sentivo un po’ troppo la voglia dell’autrice di distinguere la sua voce calcando la mano, alcuni termini erano eccessivi, altri addirittura inventati quasi per stupire, ma poi ho proseguito e sono contenta di averlo fatto. Scrivo da anni, scrivo anche per mestiere, e magari a 25 anni avessi avuto la maturità professionale che mostra lei. La fine tragica mi ha fatto accelerare il battito del cuore, e non mi capita spesso che un libro mi provochi una tale reazione.
Concordo con i critici. Con chi lo descrive un libro di Moccia imbellettato o imbruttito se vogliamo essere sinceri per dare uno spessore che il libro non dimostra. Piombino, l’acciaio, il lavoro in fabbrica, la realtà che circonda i protagonisti è descritta in maniera quasi insignificante.
Che significato ci vuole dare la Avallone? Cosa vuole comunicarci? Nulla.
Mio padre lavorava in fabbrica...
avrei ben altro da dire.
I perssonaggi sono comunque ben descritti e le loro vicende coinvolgenti.
Peccato il resto sia non significativo.
P.S:
La cosa più interessante è quel senso di incomunicabilità che tutti i personaggi dimostrano.
Non capisco questo accanimento nei confronti di questo libro. Ho sedici anni e questo libro mi è stato consigliato dalla scuola, frequento il liceo artistico. Forse il mio parere può sembrare diverso per il fatto che sono giovane, ma questo libro l’ho trovato molto bello, schietto. Nonostante sia una realtà diversa dalla mia quella che si legge nel libro, rimane una realtà, magari esagerata sotto certi punti di vista, ma non so fino a che punto sia diverso da ciò che realmente accade. L’ho trovato appassionante, vero.
Ho letto questo libro l’anno scorso. Sicuramente ha un linguaggio semplice, una trama non originalissima, un po’ di confusione temporale. Ma è un romanzo che tutto sommato si fa apprezzare. Non conosco la realtà di Piombino per cui non posso fare confronti, però sono cresciuta in una provincia del nord-est fatto di fabbriche e piccole aziende.. In certi stati d’animo mi sono riconosciuta. Alcune esperienze descritte da Silvia sono quelle dei ragazzini rassegnati al lavoro in fabbrica nonostante gli sforzi di cambiamento. Per quanto riguarda il giudizio sullo stile di scrittura o sul perchè, nonostante opere di qualità indubbiamente superiore, proprio la Avallone sia arrivata alle finali del Premio Strega.. Beh.. Facciamo "dietrologia spiccia" o parliamo di "fortuna" (perlomeno ascoltando le interviste in cui racconta come è riuscita a farsi pubblicare..!) Credo che la prossima sua opera ci darà conferma o smentita sulle qualità di scrittrice. (ma Moccia NO, vi prego! E’ un paragone terribile!!)