In occasione della Giornata della Lentezza vi proponiamo una rilettura del celebre paradosso di Zenone dedicato ad Achille e la tartaruga. Riuscite a immaginare una gara di corsa tra Achille, il “Piè veloce”, e una tartaruga? Secondo voi chi vincerebbe? Attenzione, perché la risposta non è scontata.
Circa duemila anni fa il filosofo greco Zenone di Elea, cittadino di una florida colonia della Magna Grecia, teorizzò una serie di paradossi sulla natura del movimento che sembrano contraddire il senso comune.
Zenone giungeva a teorizzare che il movimento è un’illusione e nel 500 a.C. circa dimostrava, con una logica innegabile, che in verità niente si muove.
Il celebre paradosso dedicato ad Achille e la tartaruga, che ora prenderemo in esame, ci è stato tramandato da Aristotele in un brano della Fisica:
Il secondo argomento è quello detto di Achille. Eccolo: il più lento corridore non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti sarà necessario che l’inseguitore proceda fin là donde si è mosso il fuggitivo, quindi è necessario che il corridore più lento si trovi sempre un po’ più innanzi.
Dunque, il paradosso di Zenone postula che Achille non raggiungerà mai la tartaruga. Sembra un pensiero assurdo, eppure il filosofo greco aveva postulato, con grande anticipo sul proprio tempo, uno dei principali problemi posti dalla fisica moderna, ovvero che concetti quali “tempo” e “spazio” rimangono un mistero. Secondo la logica corrente, Achille dovrebbe superare la tartaruga a grandi balzi e tagliare il traguardo trionfante, guadagnandosi la gloria degna di un eroe: invece ecco che Zenone ribalta le carte in tavola e ci costringe a ragionare per assurdo, che poi a ben vedere tanto assurdo non è.
Nell’elogio della lentezza di Zenone possiamo cogliere un’importante chiave di lettura della società contemporanea.
Achille e la tartaruga: cosa dice il Paradosso di Zenone
La sfida tra Achille e la tartaruga si presenta già impari, ma Zenone ipotizza che la tartaruga parta con un vantaggio rispetto all’eroe greco. Anche solo un vantaggio minimo, poniamo circa di 9 km, ma pur sempre un vantaggio. Va detto che la velocità della tartaruga è circa un decimo di quella di Achille.
Nel tempo che Achille avrà impiegato a spostarsi, afferma Zenone, la tartaruga avrà potuto procedere sulle zampe tozze guadagnando un altro vantaggio e così via sino all’infinito. Achille potrebbe anche raggiungere il punto in cui si trova la tartaruga, ma non riuscirebbe mai a superarla, perché questa si è spostata sempre un poco più in là. Nella visione di Zenone, Achille era sempre, continuamente impegnato a cercare di raggiungere il punto in cui si trovava la tartaruga.
Questo paradosso si pone spesso in relazione con il terzo paradosso di Zenone, quello della freccia, secondo cui una freccia scoccata da un arco, sebbene appaia in movimento, è in realtà immobile. Dunque Achille non arriverà mai alla tartaruga, proprio come la freccia non giungerà mai a centrare il proprio bersaglio. La freccia occupa infatti una porzione di spazio pari alla sua lunghezza, da ciò Zenone deduce che in realtà ogni istante è immobile.
Da ciò il filosofo eleatico deduceva che, essendo il tempo composto di una serie infinita di istanti immobili, la loro somma non può dare un movimento: di conseguenza il movimento nello spazio è un’illusione. Giungeva a questa conclusione non con una complicata serie di operazioni matematiche, né con un’equazione o dei postulati, ma con uno stratagemma linguistico. Ciò che Zenone, che era stato a sua volta allievo del pre-socratico Parmenide, voleva dimostrare è che esiste una cosa sola: ciò che lui chiamava l’Essere. Esiste dunque una sola cosa, infinita e indivisibile, che chiamiamo Essere, mentre tutto il resto non è che mera apparenza, un inganno dei sensi.
I paradossi di Zenone negli anni sono stati indagati da diverse discipline, dalla matematica alla filosofia alla fisica, ma continuano ad affascinare per i loro ragionamenti disorientanti. L’immagine della tartaruga che non può essere sconfitta dal più veloce degli eroi del mito sembra celare in sé una morale preziosa; così come l’idea che la freccia non giunga mai al suo bersaglio. In qualche modo questa riflessione ci aiuta a meditare sulla vita non come un percorso finalizzato unicamente al progresso.
Il paradosso di Achille e la tartaruga avrebbe affascinato persino lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, un amante dei labirinti di senso senza via d’uscita, che lo avrebbe riscritto adottando un tono più vivace:
Achille corre 10 volte più veloce della tartaruga, per cui, per rendere la contesa meno impari, le concede 10 metri di vantaggio. Mentre Achille percorre quei dieci metri, la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro, e così via all’infinito; pertanto Achille può correre sempre senza mai raggiungere la tartaruga.
Anche Borges era stato affascinato dal trionfo del piccolo animale col guscio. Anni prima il poeta Paul Valéry ne Il cimitero marino dichiarava di essere stato trafitto dalla “freccia alata” postulata da Zenone.
L’elogio della lentezza postulato da Zenone con la vittoria inattesa della sua tartaruga oggi ci appare, in qualche modo, necessario.
Zenone e l’elogio della lentezza: una lezione contemporanea
Forse Zenone, duemila anni fa, non aveva idea di toccare con il suo paradosso uno dei grandi temi dell’età contemporanea. La lentezza è percepita come un difetto, la velocità come un pregio. Viviamo in una società sempre più competitiva in cui tutto è un elogio alla performance: dobbiamo essere capaci, dinamici, multitasking, anche le moderne tecnologie stanno accentuando questi comportamenti invitandoci a essere sempre connessi, efficienti, interattivi. Non c’è più spazio per l’individualismo, la meditazione o la “lentezza”, appunto.
Il tempo, nella società capitalistica, è “merce”, dunque non deve essere sprecato, anzi deve essere sfruttato: l’invito è quello di produrre più merce possibile per ottenerne il corrispettivo guadagno. Siamo chiamati a essere tutti Achille, non c’è più spazio per le tartarughe.
Eppure facendo vincere la tartaruga nella gara infinita, Zenone ci stava dicendo qualcosa. Il suo elogio alla lentezza, in anticipo sul nostro tempo, era un monito alle generazioni future: nella lentezza animale della tartaruga era racchiusa l’umanità, ciò che sconfigge il mitologico eroe greco forgiato pari a un Dio. La velocità divina di Achille, Piè veloce, veniva sconfitta dalla tartaruga: un essere pacifico e poco attraente, dalle gambe tozze e dalla scorza dura. Zenone ci fa rivalutare la tartaruga in una nuova luce: questi animali così longevi, così tranquilli, capaci di vivere mille anni con gli occhi socchiusi al sole mentre masticano meditabondi una foglia d’erba, in fondo custodiscono una lezione preziosa sulla vita. Vivere non equivale a essere efficienti. La tartaruga non si affretta, non corre in una gara spericolata, eppure giunge comunque, a proprio modo, col proprio tempo a disposizione, al suo traguardo. Nel ritmo lento della tartaruga troviamo anche un elogio della perfezione dell’istante: Zenone scomponeva il tempo in istanti infiniti per dare coerenza logica al suo teorema. Ogni momento esiste in un tempo eterno, indipendentemente dal suo scopo, indipendentemente dal passato e dal futuro.
Quanto è consolatoria, dopotutto, questa visione, sembra una carezza per noi esseri umani così condannati alla schiavitù del tempo. Ciò che ci assilla, che ci angoscia, è il terrore di non avere più tempo, così siamo sempre impegnati in una corsa a perdifiato che riduce l’esistenza a una gara: vogliamo essere tutti Achille, vogliamo tutti arrivare primi, a ogni costo. Ma a quale scopo? La tartaruga non si cura del traguardo, nella visione di Zenone è l’eroe che si affanna tanto a starle dietro: vuole superarla, ma non ci riesce. Ribaltando ancora una volta il paradosso: Achille in fondo siamo noi che abbiamo sempre paura di “perdere tempo”, ma per natura saremo destinati al fallimento, insito nella nostra stessa condizione precaria, nella nostra innegabile mortalità. Zenone ci invita a prendere come modello la tartaruga, l’animale più lento del mondo, e a considerare il moto (nello spazio, nel tempo, chissà) un’illusione, come la freccia che non arriva mai a colpire il bersaglio.
La tartaruga, in fondo, può essere letta come una metafora del pensiero, dell’attività mentale; mentre Achille incarna il corpo, la vitalità, il desiderio, ovvero tutto ciò che, con il trascorrere inevitabile degli anni, si logora.
Sono passati più di duemila anni, eppure ancora oggi ci troviamo a leggere i ragionamenti per assurdo di Zenone, i suoi cosiddetti “stratagemmi linguistici”, e a convenire che, in fondo, aveva proprio ragione.
leggi anche
Achille: la vera storia di un eroe fragile
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Achille e la tartaruga: significato e analisi del paradosso di Zenone
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Filosofia e Sociologia Significato di parole, proverbi e modi di dire
Lascia il tuo commento