Aforismi anacronismi
- Autore: Alfonso Berardinelli
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nottetempo
- Anno di pubblicazione: 2015
Recentemente, Il Saggiatore ha pubblicato due corposi volumi (Giornalismo culturale e Un secolo dentro l’altro) in cui sono raccolti gli articoli, le recensioni e i commenti politici che Alfonso Berardinelli (Roma, 1943) ha pubblicato su varie testate giornalistiche negli ultimi vent’anni.
Un omaggio a uno dei più lucidi e combattivi intellettuali italiani, che oltre a collaborare con Avvenire, Il Foglio, Il Sole 24 Ore, ha firmato importanti volumi di critica letteraria e pamphlet pungenti e provocatori, come Che intellettuale sei?, Leggere è un rischio e questo Aforismi Anacronismi, nella collana Sassi nello stagno (nomen omen!) della casa editrice romana Nottetempo.
Il volumetto si divide in due sezioni, ciascuna delle quali è dedicata alla definizione dei termini riportati nel titolo. Nella nota iniziale dell’editore leggiamo un encomio dell’aforisma, che ha la capacità di:
Dire qualcosa di vero e di complicato con il minor numero di parole
Garantendo inoltre:
il massimo di densità, e a volte di crudeltà necessaria a rendere più respirabile un clima culturale.
Berardinelli celebra l’ubiquità, versatilità e maneggevolezza dell’aforisma, atomo di pensiero presente già nella letteratura mondiale più antica: dalle Upanishad ai sutra buddisti e yoghici, dai libri sapienziali della Bibbia al Corpus Hippocraticum, fino alle raccolte di massime, appunti e riflessioni di epoca moderna e contemporanea, si veda La Rochefoucauld, Montaigne, Goethe, Pascal, Novalis, Leopardi, Baudelaire, Kierkegaard, Valéry, Kafka, Scott Fitzgerald, Brecht, Weil, Camus, Adorno, Wittgenstein, Benjamin, Auden.
L’aforisma erompe nella mente di chi scrive come un’intuizione improvvisa, una vera e propria illuminazione, che non necessita di essere rielaborata, non richiede pazienza di lettura, né particolari capacità di concentrazione o penetrazione, alterna divagazione e concisione, discorso pubblico, formulazione conclusiva o definizione provocatoria, mostrandosi nella sua economica icasticità instancabilmente vario, arguto, intenso. Si presta ad essere accolto in antologie e collezioni di detti memorabili, poiché privilegia argomenti di facile richiamo: l’introspezione personale, la vita sociale, gli accadimenti naturali, l’insegnamento moraleggiante.
Ha un’elementare utilità pedagogica, didattica, mnemotecnica. Il suo scopo oscilla tra il far conoscere, il far agire e il far ridere.
Berardinelli elenca sentenze, proverbi, incipit di romanzi e versi citati universalmente (da Carpe diem a Panta rhei a To be or not to be), che hanno una funzione rassicurante, esplicativa e compartecipe verso chi li pronuncia e chi li ascolta.
Il più famoso aforista del Novecento? Ovviamente lo spietato Karl Kraus, che anche oggi continua a divertire e scandalizzare.
I più importanti libri introduttivi alla forma aforistica? Due antologie Garzanti uscite all’inizio degli anni sessanta, I moralisti moderni (a cura di Alberto Moravia ed Elémire Zolla) e I moralisti classici (a cura di Giovanni Macchia).
Berardinelli sottolinea la propria dedizione all’aforisma, sia nella produzione saggistica sia negli interventi sull’attualità, al punto da aver fondato negli anni Ottanta con Piergiorgio Bellocchio la “rivista personale” Diario, scritta con uno stile che appunto alla satira, all’autobiografica, all’essenzialità di questo genere letterario faceva riferimento.
Nella seconda parte del pamphlet è l’anacronismo a essere indagato nel suo rapporto con il tempo stabilito - in funzione della società e degli altri -, e con il tempo necessario - dovuto a noi stessi e alle cose che facciamo. Va contemplato il diritto a essere anacronistici, ad andare fuori tempo e contro tempo, come sfida alla contemporaneità e ai dispotismi del presente.
Quante realtà culturali, scientifiche, artistiche, letterarie, considerate eterne e imprescindibili in passato, oggi risultano obsolete, risibili, sbugiardabili, e quante ritornano improvvisamente di moda, spiazzando ideologie, gusti e previsioni, ricreando correnti di pensiero e fazioni contrapposte! È davvero necessario sincronizzarsi con il proprio tempo, “être absolument moderne”, come scriveva Rimbaud, vivere aderendo al presente per comprendere il mondo, e il proprio rapporto con la collettività?
Bisogna necessariamente adeguarsi a ciò che l’epoca vuole? Il presente non è mai univoco, è fatto di eredità passate e di proiezioni nel futuro, e che il futuro sia migliore del momento attuale rimane un’opinabile utopia, nonostante il predominio assoluto della tecnologia in ogni campo del sapere.
La tendenza all’anacronismo aumenta in chiunque non si adatti o non voglia adattarsi.
L’anacronismo è quindi una sfida alla tirannia della contemporaneità, ai suoi miti e alle sue pretese di efficienza, razionalità, progresso.
L’illusione di essere liberi diventa spesso constatazione del proprio asservimento a un destino prestabilito da altri, non necessariamente generosi e disinteressati nei nostri confronti. Quindi, un brindisi all’aforisma e all’anacronismo, che mantengono qualche originalità rispetto alle convenzioni generali.
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