Agatina senza pensieri
- Autore: Giankarim De Caro
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
La storia di una famiglia che percorre il Novecento fino ai nostri giorni più recenti, ambientata in Sicilia ma potrebbe essere un qualsiasi altro paese del nostro Sud: di un’Italia dimenticata fin dalla sua unità, depredata e umiliata, da sempre considerata un territorio depresso e di conquista.
Giankarim De Caro, autore palermitano, dopo il successo di Chianchieri e Malavita torna in libreria con il suo ultimo romanzo Agatina senza pensieri (Navarra Editore, 2022).
La sua scrittura intensa e profonda nell’affrontare la storia della sua terra, affida agli occhi della protagonista il racconto delle vicende di passione, di infelicità e dei segreti di una famiglia, da sembrare in alcuni capitoli la sceneggiatura di un film di altri tempi, in un paese del nostro Dopoguerra a firma Pietro Germi o Vittorio De Sica.
Il passato doloroso, il risentimento per ciò che si è vissuto e forse il perdono, una delle scelte più difficili da compiere, animano la lettura di un romanzo sorprendente qual è Agatina senza pensieri.
In una calda giornata di luglio Agatina era tornata nel suo paese, lei che da molto tempo viveva altrove; quella sera si sarebbe giocata la finale dei mondiali Italia- Francia, le bandiere erano poste a ogni finestra e balcone, e ovunque si parlava della partita in attesa della diretta televisiva. Ovunque, ma non nella sua casa. S
i stava vivendo un lutto, e lei era lì per l’ultimo saluto a suo fratello maggiore, Aspano.
A ogni scalino della vecchia casa si fermava per le gambe doloranti, mentre le tornavano in mente quando giovanissima scendeva le scale a passo veloce; aveva memoria di ogni gradino, di ogni venatura del marmo rosso, nulla sembrava esser cambiato se non il paesaggio. La strada intorno non era più polverosa e tanti palazzi erano stati costruiti. La sua casa era vicino al vecchio porto della città, risparmiato dai bombardamenti nell’ultima guerra.
Dalle finestre si vedeva ancora il mare, come lo vedeva da ragazza quando si tratteneva a guardare gli scaricatori che svuotavano le barche di rena destinata all’edilizia. Corpi sudati, volti con spesse rughe, Agatina fin da piccola conosceva la fatica del lavoro. E la sua terra, amata e odiata, che non era riuscita ad offrire se non lavori massacranti al servizio dei padroni, o la scelta di andar via, lontano. Nelle miniere di zolfo lei aveva visto la rassegnazione degli uomini e dei bambini, i carusi, che riuscivano a entrare nei cunicoli più stretti.
Si svegliavano la mattina quando era ancora buio per entrare nei corridoi della pirrera, la bocca del diavolo, per uscirne di notte. Non tutti, molti rimanevano lì dentro e non se ne sapeva più nulla.
Tutte le emozioni vissute in quei pochi giorni l’avevano investita con prepotenza, premendo fortemente il suo cuore che adesso saliva in gola, togliendole il respiro.
Non era preparata a tornare nella sua vecchia casa, al cospetto di Aspano, che non avrebbe chiuso gli occhi senza vederla per l’ultima volta, il fratello così tanto geloso da averle reso la vita un inferno: quel ragazzo forte e spocchioso che era stato, il giovane tutto d’un pezzo che tanto le aveva segnato il destino. Quanti ricordi!
Maria Rita, l’amica del cuore, legate fin dall’asilo, un’amicizia salvifica per Agatina e per i problemi che aveva in famiglia.
La scuola abbandonata poco prima degli esami di quinta elementare e la mastra Zina che l’aveva presa con sé nella sua sartoria e le aveva insegnato a confezionare pantaloni. Il ricordo del padre, dal passato di trovatello cresciuto in un orfanotrofio e svezzato presto al lavoro pesante dei campi: era un uomo vinto dal dolore e schiavo dell’alcol. Il ritorno dalla guerra, unico sopravvissuto tra i mariti e figli partiti dal paese, gli aveva procurato la difficoltà nel sopravvivere, nel cercare di fare altro che non stare tutto il giorno in un’osteria a bere. Arrivò a casa a un anno dalla fine della guerra, come un mendicante, reggendosi male sulle gambe, con gli occhi spenti e sul viso la paura di chi aveva visto la morte: i suoi amici erano morti sotto il fuoco nemico, come topi in trappola o congelati dalle temperature elevate.
Quando si beve tanto fino a perdere il controllo della ragione, accade spesso che si aprano le ferite del cuore: la testa non comanda più e il bisogno di svuotare le sacche di dolore, fardelli di angosce, trova facile via di fuga in una strada tutta in discesa.
E sua madre, una donna con l’infelicità impressa in volto, in passato una ragazza forte e tenace poi piegata dalla vita: tutti gli uomini l’avevano tradita, primo il padre che la dette in sposa a un figlio della fame.
È immersa nei tanti ricordi Agatina, amari e tristi per la mente e il cuore. Aveva lasciato andare la memoria, e il dolore dell’anima prendeva il sopravvento.
Non si guarisce facilmente da tanta sofferenza e il flusso ininterrotto dei ricordi condurrà la nostra protagonista a una scelta necessaria, se condannare ancora la sua famiglia o perdonare. Consigliato!
Agatina senza pensieri
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