Alì voleva volare
- Autore: Annarosa Macrì
- Anno di pubblicazione: 2010
Annarosa Macrì, scrittrice e giornalista Rai, a lungo collaboratrice di Enzo Biagi, raccoglie in questo libro reportage giornalistici e racconti di vita presi dal vero, sottraendoli alla superficialità della cronaca. (Note di copertina)
Inizia con un’invettiva questo piccolo-grande libro della Macrì, "Alì voleva volare", pubblicato dalla casa editrice Abramo nel 2010.
Con indignazione e tanta energia, conoscenza dei fatti e carattere battagliero, nell’introduzione l’autrice si autoproclama “extracomunitaria ad honorem”, prendendo le distanze dall’oscurantismo di chi vede negli extracomunitari degli invasori pericolosi da tenere alla larga e utilizzare solo per i lavori più umili ed estenuanti, pura manovalanza senza anima.
Sono i fatti di Rosarno, la “guerriglia urbana di neri contro bianchi, ex emigrati in mezzo mondo contro immigranti da un altro mondo”, che hanno dato stura a questo sfogo traboccante.
Troppo triste e disumano per non reagire e la Macrì lo fa con la scrittura, nero su bianco, per lasciare un segno, per fare riflettere.
La sua professione le ha dato l’opportunità di incontrare molte persone, di vivere tante storie attraverso i loro racconti e le loro vite.
In questo libro le restituisce al lettore, condividendo esperienze ed emozioni.
Alì, 10 anni, voleva volare dalla nonna malata, e lo fa mettendosi le ali ai piedi, pedalando per decine di chilometri sotto una pioggia battente in mezzo al traffico veloce. Alì che pensa alla sua vita in un paese non suo, che studia ed impara, che è uguale ai suoi compagni, che da grande vuole volare, su un aereo, per tornare in Marocco.
Anche Victor Flyer voleva volare e ci è riuscito: è diventato pilota di elicottero per la Protezione Civile; dal Vietnam a Cavallerizzo, da mercenario spietato ad angelo soccorritore.
La figlia di Teresa, Angiolina Spadafora, il cui più grande tesoro da recuperare è un fascio di lettere, che la legano a persone e momenti della sua vita. Leggendole assieme a lei, il lettore conosce altri luoghi e persone, ne condivide umiliazioni e miserie, ripercorrendo le tappe di un’emigrazione scelta ma sofferta.
Fiorenza, piccolo diavolo nero, emigrata senza rimpianti e nostalgie, ora donna realizzata e di successo. E poi Liliana, Bianca, Joana, Justina, Bogena, Petra, Alice, donne giovani, belle, “capelli di grano e negli occhi l’azzurro del Baltico”, polacche emigrate in Italia per lavoro, per badare a bambini ed anziani, ciascuna con una storia da raccontare.
I ricordi si intrecciano, sfumano l’uno nell’altro, mescolandosi a quelli dell’autrice.
Tutti i protagonisti si muovono in scenari diversi, ma accomunati da un senso di spaesamento.
Vengono e/o vanno, sono immigranti che fuggono da povertà e conflitti, alla ricerca di un benessere intravisto altrove. Affiorano immagini di paesi svuotati, di luoghi inospitali. Indimenticabile la descrizione di Cavallerizzo durante e dopo la frana, che ha trascinato il paese a valle.
Realtà, dolore, dura quotidianità, trasformate in letteratura grazie ad un attento spirito d’osservazione, non disgiunto da sensibilità profonda e uno stile raffinato arricchito da riferimenti colti. Convivenza, accoglienza, adattamento, integrazione, in una sola parola, rispetto, questi i concetti chiave che potranno forse salvare l’umanità da un futuro inquietante e molto incerto.
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