Alpi di guerra Alpi di pace
- Autore: Stefano Ardito
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2015
La guerra alpina in un fronte secondario costato migliaia di morti inutili
C’è un grande punto interrogativo che accompagna quasi sempre la visione dei filmati dell’epoca e la lettura dei testi che raccontano la guerra italiana in alta montagna, nel 1915-18. Perché? Per quale ragione i generali si ostinarono per quasi tre anni a scatenare assalti frontali a cime inospitali, pur sapendo che anche riportando qualche successo (che peraltro non mancò), mai avrebbero pesato sull’esito del conflitto? Quelle azioni caparbie e inutili causarono ogni volta la perdita di centinaia di bravi soldati, quando non migliaia come sull’Ortigara. Sembrano dei titani della strategia militare i pari grado austroungarici, che ottennero grandi risultati con offensive a fondo e perdite limitate (la Spedizione Punitiva, Caporetto) in confronto alle nostre. È quello che sostiene Stefano Ardito, giornalista romano esperto di alpinismo, autore per Corbaccio del saggio “Alpi di guerra Alpi di pace”, 266 pagine 19,60 euro.
Non una ricerca sistematica sulla Guerra Bianca, ma un’antologia di episodi, di volti e di luoghi sul fronte alpino, 400 chilometri dallo Stelvio alle Giulie. Esteso, elevatissimo e decisamente secondario. Mai una nostra azione in quota avrebbe conseguito lo sperato sfondamento strategico. L’unica occasione era stata gettata via, irrimediabilmente, nei primissimi giorni di guerra. Con un attacco risoluto e coordinato, si sarebbero potute superare le allora scarne difese austriache, spingendo le nostre truppe almeno fino al Brennero. Ma i comandi italiani mancarono la chance, inadeguati rispetto alle caratteristiche di quella guerra moderna, che pure si erano già mostrate sul fronte francese da quasi un anno.
Mettendo in fila, uno dopo l’altro, i singoli momenti illustrati nei capitoli monografici di Ardito, si arriva a comprendere il valore umano e sportivo-alpinistico dei combattenti, tanto italiani che austriaci. Mai due eserciti si erano scontrati in alta montagna ad altitudini così elevate. Stupisce l’accanimento col quale comandanti di entrambi gli schieramenti continuarono ad alimentare il macello dei loro uomini per il controllo di picchi impervi, il cui possesso non avrebbe inciso in alcun modo sul conflitto. Col di Lana, Corno di Cavento, Colbricon, Cauriol, Sass di Stria. Pareti da arrampicatori, non postazioni, eppure vi trascinarono ad ogni costo uomini e mezzi, armi pesanti e rifornimenti.
Un collage di episodi, dunque, a partire da Monte Piana, 7 giugno 1915, seconda settimana di guerra, duemila metri, attacco austriaco, contrattacchi italiani. Trenta mesi di massacri, ma posizioni dei due eserciti invariate.
La beffa del forte sul passo di Valparola, distrutto dalla nostra artiglieria e abbandonato dai difensori, tanto che gli italiani non avrebbero trovato ostacoli nell’avanzata verso la Val Badia e la Val Pusteria. Ma gli osservatori non si accorsero dei danni e per tutto luglio 1915 i cannoni continuarono a sprecare anche sessanta colpi al giorno contro un rudere.
Tra i passi Falzarego e Valparola, gli alpini del Val Chisone riuscirono a caro prezzo a trincerarsi sulla sommità del Sass di Stria. Il comandante di settore non ritenne di mandare rinforzi e ordinò la ritirata, obbligando le penne nere a ridiscendere malvolentieri. Risultato: centinaia di morti nelle settimane successive per riconquistare la vetta.
Eroici caduti noti: l’alpinista tirolese Sepp Innnerkofler, l’irredento Cesare Battisti. E migliaia di morti anonimi, gli sconosciuti alpini, fanti, kaiserjager e schuetzen che si sono battuti ovunque, i tedeschi dei tredici battaglioni dell’Alpenkorps impegnati segretamente nei primi tempi, quando ancora Italia e Germania non erano nemici, visto che la dichiarazione di guerra arriverà solo a fine agosto 1916.
E cosa poteva cambiare il possesso del San Matteo nel penultimo mese di guerra? Vi cadde il giovane capitano lombardo Arnaldo Berni, una delle vittime della battaglia più alta della storia europea, 3678 metri. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Ottant’anni dopo, invece, il disgelo ha restituito i resti di tre soldati austriaci. Falciandoli, i cannoni alpini avevano ucciso non volendo anche i nostri, fatti prigionieri. Una delle ultime pagine dolorose della guerra sulle Alpi, altri morti inutili il 3 settembre 1918.
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