Dal 1997, Festivaletteratura a Mantova è un appuntamento fisso in questo ambrato scorcio di fine estate: cinque giorni pieni, ricchi di incontri con scrittori, di manifestazioni diverse, concerti, letture. Un’iniziativa nata dalla sensibilità e lungimiranza di un gruppo di persone di cultura ed operatori economici e finanziari, che riscuote un crescente successo ad ogni edizione, poiché in grado di richiamare non solo gli appassionati di letteratura, ma anche coloro che, curiosi del bello, amano assistere a spettacoli e incontrare Autori di tutto il mondo -celebrati o agli esordi- passeggiando per le vie di una città il cui centro storico è pressoché pedonalizzato. Un’atmosfera festosa cui contribuiscono in primo luogo i tanti volontari dell’Associazione Filofestival, riconoscibili dalle magliette color azzurro carico portanti il logo ironico “Gatta ci cova”.
Ma io so che non saranno un inganno gli appuntamenti con i due autori israeliani per i quali mi sono concessa poco più di ventiquattrore di libertà: Lizzie Doron, nel pomeriggio di Giovedì 9 settembre, e Amos Oz, venerdì 10 mattina, entrambi presso il cinema/teatro Ariston.
Accompagnata dalla lettura suggestiva di Lella Costa e dalla puntuale traduzione dall’inglese di Marina Astrologo, Lizzie Doron ha ripercorso le diverse tappe della sua nascita di “scrittrice per caso”, grazie al progetto “Radici”, in atto nelle scuole israeliane, volto a far compiere ai giovani una ricerca sulle origini della propria famiglia. L’aiuto dato nell’occasione alla figlia Dana le fece riscoprire la figura tragica della madre Helena, donna colta, lettrice di Heine, sopravvissuta alla Shoah, che, da viva, nulla le aveva mai raccontato in modo diretto delle sue terribili esperienze, ma che aveva lasciato in lei un’impronta indelebile di dolore e nostalgia. I tre romanzi di Doron finora usciti in Italia con l’Editore Giuntina ("C’era una volta una famiglia", "Giornate tranquille", "Perchè non sei venuta prima della guerra?") ci accompagnano in un mondo carico di dramma, ma venato di dolce ironia.
Festivaletteratura 2010 ha dedicato al classico Amos Oz una retrospettiva scandita in tre appuntamenti, ciascuno dedicato ad una precisa tematica. L’approfondimento storico (con Luciano Minerva), dove l’Autore racconta se stesso partendo da Una storia di amore e di tenebra: la Storia come somma di tante storie, il potere prodigioso della letteratura e della lettura. L’amore nelle più varie declinazioni, sempre presente nei suoi romanzi (pensiamo in primo luogo al più recente La vita fa rima con la morte, ma anche a Michael mio o Conoscere una donna), trattato attraverso le domande di Marilia Piccone. Infine il villaggio, microcosmo della Storia, incrocio di tante vite che insieme definiscono l’intera umanità. Con Lorenzo Pavolini, Oz riflette sul senso di comunità, sul kibbutz e la sua nascita, sul Sogno (Israele, “grande villaggio”), il rapporto con l’altro, partendo dall’ultimo romanzo, Scene dalla vita di un villaggio, ma spaziando pure su altre opere. Tre filoni costituenti il fiume vivo di tutta la sua narrativa.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Amos Oz e Lizzie Doron al Festivaletteratura 2010
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