Una Milano crudele come non l’avete mai vista, un detective che proprio detective non è, due storie da raccontare, misteri, intrighi e vendette di potere. Dove trovare tutto questo? Ovviamente in Anche gli angeli mangiano kebab (Novecento Editore, 2015), l’ultimo entusiasmante, potente noir metropolitano di Giuseppe Foderaro.
Non c’è thriller che tenga, la suspense che germoglia e cresce sempre di più tra le pagine del romanzo obbliga il lettore a non staccare gli occhi dalla storia: se nella prima storia si profila lo zampino mafioso nell’esplosione di una bomba all’interno di un centro commerciale, nella seconda i riflettori si spostano su un disastro aereo dai retroscena misteriosi e inquietanti, legati, probabilmente, agli attentati terroristici.
Ma chi è realmente Giuseppe Foderaro? Chi è questo scrittore dalle molteplici sfaccettature che descrive una città così sanguinolenta e così diversa da come molti di noi se la immaginano? Tutte le risposte nell’intervista all’autore.
- Giuseppe, dopo il tuo ultimo romanzo erotico Non ho fatto l’asilo (Lite Editions, 2014), torni in libreria con Anche gli angeli mangiano kebab, un noir metropolitano ambientato interamente a Milano. Com’è la Milano che descrivi? E quanto sei legato a questa città così introversa e multietnica allo stesso tempo?
Non ho fatto l’asilo è un libro a cui tengo in maniera particolare, io l’asilo non l’ho fatto davvero. La prima volta che mi sono seduto al banco di scuola avevo sei anni, e già facevo la seconda elementare. Credo sia per questo che sono cresciuto misantropo, ho saltato a pie’ pari le prime forme di relazione con i miei coetanei. E i risultati, non lo nego, un po’ si vedono.
Anche gli angeli mangiano kebab – a differenza di Non ho fatto l’asilo, che è ambientato in un luogo non definito – ha una connotazione territoriale ben precisa, che è Milano. Con qualche gita fuori porta a Varenna, sul lago di Como, dove il protagonista si rifugia durante i weekend per fuggire dal caos urbano. Quella che racconto è una Milano indifferente a tutto tranne che a se stessa, una città oscura e tentacolare, piena di gente, di rifiuti e confusione, che tutto sa e tutto nasconde, perfino i corpi. Una Milano parecchio lontana dall’immaginario che solitamente si ha di questa metropoli, tutta moda e movida. Io, che sono un randagio e ho vissuto in diverse grandi città, ne adoro ogni sfaccettatura. L’ho scelta, la sento mia, ed è l’unica città italiana dove oggi potrei vivere.
- Sauro Badalamenti – il Dinosauro – è un detective sui generis, innanzitutto perché di mestiere fa l’investigatore assicurativo ed in secondo luogo perché non è certo lo Sherlock Holmes della situazione. Da dove nasce l’dea di creare un personaggio di questo tipo, così vicino all’uomo comune e che nulla a che vedere con i classici detective della grande letteratura noir?
Sauro è un dinosauro dei giorni nostri. Abbastanza disincantato da non credere più a niente, ma anche abbastanza duro per lottare contro l’inevitabile, solo perché non gli piace recitare un ruolo di secondo piano o subire gli eventi. Nasce da una sorta di ricerca, tutta chandleriana, del confine che c’è tra il bene e il male. E poiché non può esserci esplorazione, indagine, senza colui che indaga, ecco la necessità di avere come eroe un investigatore privato.
- Nel tuo romanzo sono presenti due storie distinte: l’esplosione di una bomba in un centro commerciale, vicenda in cui emergono gli intrighi della famiglia mafiosa dei Nacchia, e un disastro aereo dai retroscena sicuramente oscuri ed inquietanti. A proposito di quest’ultimo episodio possiamo dire, senza svelare nulla di più, che la matrice del disastro è da ricercare negli attentati terroristici. Il momento che stiamo attraversando, così teso e delicato, ti ha in qualche modo influenzato o avevi già pensato di elaborare una storia che prendesse spunto da questo argomento?
Si parla di terrorismo di matrice islamica. Il mio libro muove forti critiche al cosiddetto “islam moderato”, a cui non credo per niente. L’islam è il corano. E il corano, come diceva Oriana Fallaci, è il testo sacro di una religione che ha sempre mirato a eliminare gli altri; una religione che si identifica con la politica, che vuole dare una lettura del mondo basata sul legame fra precetti religiosi e società. Anche gli angeli mangiano kebab esclude ogni benevolenza verso coloro che sono spinti da una logica di morte e distruzione, verso questi jihadisti, che anziché cercare gloria attraverso l’arte e lo sport, cercano la morte propria e quella altrui, convinti di ottenere ammirazione e settantadue vergini (chi glielo va a dire che settantadue vergini non sono mai esistite neanche in un convento di clausura?).
- “Oggi siamo così moderni, così integrati, così democratici, che le nostre frontiere sono aperte a tutti, gente di ogni etnia attraversa le nostre strade, vive nelle nostre case, frequenta le nostre scuole fianco a fianco coi nostri figli” . Come commenteresti questo passaggio, tratto dalla seconda storia del romanzo?
La riflessione che ne deriva è che, okay, la tolleranza, la comprensione, l’elasticità mentale, sono tutte grandi conquiste della nostra civiltà moderna, ci mancherebbe. Ma possono rappresentare anche trappole mortali. La storia ci insegna che più una società è democratica e aperta, più è esposta al terrorismo. Sauro Badalamenti, nel corso della sua indagine, arriva a pensare che in una società dove ci hanno insegnato a essere comprensivi, tolleranti e cosmopoliti, forse alla fine saranno proprio i vecchi pregiudizi a mantenerci in vita, le nostre più cattive abitudini quelle capaci di salvarci.
- È raro imbattersi in noir così originali e asciutti come il tuo, specie se si è portati al paragone con i gialli di Simenon, della Christie, di Chandler, di Doyle e così via. Come ti sei approcciato alla materia? E quali sono gli autori di noir che prediligi?
In realtà non sono un lettore di genere, non lo sono affatto. Adoro smisuratamente Chandler e Scerbanenco, ma sono cresciuto a pane e Salinger, Fante, Dostoevskij. Vado matto per le storie dei disagiati, quelle di Holden Caulfield, dei fratelli Glass, di Arturo Bandini, e di Rodion Romanovič Raskol’nikov.
- Anche gli angeli mangiano kebab ha avuto un grande successo di pubblico, innegabilmente. Il prossimo anno troveremo in libreria un nuovo caso per il detective Badalamenti o Giuseppe Foderaro ha in mente qualcosa di nuovo?
È vero, il mio “Kebab” mi sta dando grandi soddisfazioni, da mesi è in vetta alle classifiche dei libri più venduti, e riscuote un grande consenso da parte dei lettori. Ne sono entusiasta. È arrivato fino in Inghilterra, dove oggi è uno dei romanzi italiani più letti in lingua originale, secondo la storica libreria londinese The Italian Bookshop. Questa cosa mi esalta. Tra poco tornerò in libreria con un nuovo romanzo, erotico, ma non solo, ambientato nel cuore di Roma, altra città dove ho vissuto diversi anni, appena prima di trasferirmi a Milano.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Anche gli angeli mangiano kebab: a tu per tu con Giuseppe Foderaro
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Ti presento i miei... libri News Libri Recensioni di libri 2015 Giuseppe Foderaro
Lascia il tuo commento