Anni lucenti di Marco Di Tillo

Anni lucenti (Edizioni Affiori, 2024) è il nuovo romanzo di Marco Di Tillo, autore televisivo e radiofonico, scrittore di libri per adulti, di fumetti e narrativa per ragazzi, laureato in Psicologia, lavora e vive a Roma con la moglie, tre figli maschi e un cane femmina.

“I due sposi sono al centro, davanti a tutti”.

Questo “piccolo romanzo di memorie personali”, parte dalla classica fotografia del giorno del matrimonio, dove le famiglie dei rispettivi sposi si stringono felici accanto a coloro i quali si sono appena promessi in chiesa davanti al parroco amore eterno.
È l’ottobre del 1950, ad Assisi, suggestiva location la piccola chiesa benedettina di San Pietro.
Gli sposi si chiamano Nina e Renato, quest’ultimo di professione ingegnere, ha il viso tirato, il sorriso incerto, il corpo magro, che ballonzola dentro il lucido vestito scuro a righine sottili. Tiene a fatica in braccio la sposina, avvolta in un delicato vestito bianco candido, con tanto di veletta e strascico. Lei ha ventitré anni, lui ventisei. Sono bellissimi e molto felici.
A nove mesi esatti dal matrimonio di Assisi, il 14 luglio 1951, nasce Marco, l’unico figlio di Nina & Renato, protagonisti di una lunga storia d’amore durata quasi settant’anni. Una coppia assortita, un duetto affiatato, che sarebbe andato in scena ogni giorno, sul palcoscenico della vita, per sessantasette anni. Insieme una vita intera innamorati come il primo giorno. Testimone privilegiato, il figlio Marco, che ripercorrendo la sua infanzia e prima adolescenza, trascorsa prima in via Appia Nuova e poi al Rione Miani, ripercorre la storia d’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, aiutato da Mamma Nina, novantasei anni gloriosi e una mente lucidissima, uno scrigno ricco di memorie straordinarie.

“Avevo quasi cinque anni quando papà acquistò il primo gigantesco apparecchio Philips, un enorme coso di legno scuro che si collegava alla presa elettrica, passando per il bizzarro trasformatore di corrente color grigio antracite”.

Sì, sono stati veramente “lucenti” gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza dell’autore, come dovrebbe essere l’infanzia di tutti, nascere e crescere circondati dal bozzolo protettivo di mamma e papà, nonni disponibili e accudenti, cuginetti con i quali giocare e zii simpatici, che volentieri ti accompagnano alla stadio Olimpico a vedere giocare la squadra del cuore: la magica Roma.
Gli anni più belli descritti con empatia, sagacia e sottile ironia da Di Tillo, che fa parte di quella generazione cresciuta con “Lascia o raddoppia?” con Mike Bongiorno e che ha visto la nevicata del ‘56 a Roma. Le grandi tavolate natalizie a San Lorenzo, storico quartiere romano, dove vivevano i parenti materni, originari della Puglia, le mitiche vacanze estive a Ostia, dove obbligatorio era fare il riposino pomeridiano, l’amica del cuore Anna,
“Da grande mi sposerai?”, le prime “cotte” e gli amichetti maschi, insieme ai quali fare “baccano”. L’amicizia purtroppo breve, interrotta dalla crudeltà e fatalità della vita con Luisella De Filippo, figlia di Eduardo, incontrata durante una vacanza sulla neve al Terminillo, presso l’Hotel Savoia Belvedere, il Capodanno del ‘60.

“Era la prima volta che la morte entrava nella mia vita. E fu una prima volta durissima”.

Incontri importanti quelli del bambino Marco, la migliore amica di sua mamma era Virna Lisi, che ha avuto il privilegio di conoscere Primo Levi, nella sua veste di “chimico eccezionale”, direttore di una grandissima fabbrica di vernici industriali. Divertentissimo il ricordo del primo concerto romano dei Beatles nel ‘65 al Teatro Adriano, ma il grande amore di Marco Di Tillo (Il Secco) è il calcio, una passione insita nel DNA, giovanissimo e fortunato tifoso, che ha avuto l’onore di vedere giocare autentici fuoriclasse del calibro di Gianni Riva, Pelè, Omar Sivori, Luis Vinicio, Pedro Manfredini (Piedone) e molti altri celebri giocatori.
Quindi non è un caso che questo memoir, che diverte e commuove allo stesso tempo, abbia come copertina il disegno di un campo di calcio.

Voglio ringraziare ancora mia madre e poi anche mio padre, scomparso nel 2012, per essere stati dei bravi genitori e per aver reso la mia infanzia serena e felice.