Anthony Capella, apprezzato autore di romanzi di successo come “Il profumo del caffè” e “Il pasticciere del re”, è di nuovo in libreria con “L’ufficiale dei matrimoni” (Neri Pozza, 2015), una vicenda in cui amore e cibo, guerra e passione si intrecciano inesorabilmente.
- Per il romanzo “Il profumo del caffè”, lei ha spiegato di essersi ispirato ad un romanzo di Baricco, “Seta”. Dove ha trovato, invece, l’ispirazione per questa nuova trama?
Sono stato a Napoli una volta con lo chef inglese Jamie Oliver e, dato che mi piace molto leggere libri sui luoghi che sto per visitare, mi era capitato per le mani un diario di guerra scritto da Norman Lewis, Napoli ’44, ambientato per l’appunto nella Napoli del 1944.
Egli era di stanza a Napoli, per i servizi segreti, e aveva il compito di sorvegliare la popolazione civile. In questo periodo, molte donne italiane facevano richiesta di matrimonio con soldati o ufficiali delle truppe alleate. Questi però dovevano chiedere il permesso ai loro superiori, i quali erano piuttosto riluttanti e davano indicazioni a Norman perché trovasse qualsiasi scusa per impedire questi legami: i soldati, infatti, non sarebbero stati più così disposti a morire in battaglia. Quindi, a partire da un pizzico di verità che ho trovato in questo diario, mi sono chiesto:
“E se invece questo ufficiale dei matrimoni – Norman Lewis, o chi per esso –, si fosse innamorato, lui stesso, di una donna italiana, come sarebbe andata? Come si sarebbe svolto il conflitto fra gli ordini ricevuti e ciò gli diceva il suo cuore?”
- La documentazione storica si basa anche su altri testi?
Ho consultato moltissime fonti, ma mi interessavano in particolare le fonti di prima mano, per così dire, scritte in presa diretta, come diari e memorie, non ciò che si può trovare nei libri di storia, perché sono questi dettagli che, secondo me, rendono viva una storia.
Ad esempio avevo letto, fra i vari resoconti trovati, la storia di una prostituta dall’occhio di vetro, esistita veramente, oppure del nano che vendeva i biglietti della lotteria. Sono dettagli reali, raccontati da soldati americani o britannici. Per reperire questo materiale, ho consultato moltissimo un sito della BBC di argomento storico, in cui le persone che hanno vissuto in prima persona la guerra vengono incoraggiate a trascrivere i loro ricordi prima che sia troppo tardi e vadano persi. Ho anche consultato gli archivi dell’Imperial War Museum di Londra, dove sono conservati molti diari di civili anche italiani. Fra le fonti che ho utilizzato ci sono le memorie di Sofia Loren che è cresciuta a nord di Napoli e che si ricorda che la madre si prostituiva per procurarsi il latte per nutrire lei, che era così magra da essere chiamata “stuzzicadenti”.
- Se per il protagonista maschile ha fatto riferimento a Norman Lewis, per il principale personaggio femminile, Livia, si è ispirato dunque a Sofia Loren?
No, non ho utilizzato Sofia Loren, anche perché lei è cresciuta in un contesto urbano, cittadino, mentre la mia Livia proviene da un mondo agricolo, rurale. Molti dettagli della Livia del mio romanzo si basano su una persona realmente esistita, che si chiamava appunto Livia, e che ho conosciuto quando sono venuto a Roma, a diciotto anni, per insegnare inglese. La persona presso cui dovevo alloggiare in questo periodo, all’ultimo momento, non ha più potuto ospitarmi e quindi mi ha mandato a casa di un’amica, Livia, che era una cuoca veramente appassionata, ma anche molto superstiziosa: aveva mille proverbi, molti modi di dire, cui fare riferimento. Nonostante ciò, era molto precisa e dogmatica nel realizzare le ricette che provenivano dal sapere di sua nonna. La mia Livia si ispira molto a lei. C’è comunque un dettaglio che si rifa a Sofia Loren: ovvero la scena iniziale del libro, il concorso di bellezza, cui le napoletane, anche le più povere, partecipavano. L’attrice italiana ha conquistato notorietà proprio partecipando, a quindici, sedici anni, ad un concorso di bellezza e proseguendo poi nella sua carriera.
- Lei ha preferito evitare l’uso del dialetto napoletano, giocando più sugli equivoci provocati dall’apprendimento della lingua inglese: può spiegare questa scelta stilistica?
In effetti, all’inizio, ho cercato di utilizzare il dialetto napoletano: il libro è stato scritto ovviamente in inglese, ma con l’inserimento di alcune frasi originali in italiano o in dialetto. Però non devo essere stato molto accurato nella mia scelta, infatti gli editor della Neri Pozza hanno riscontrato diversi errori, che ora dovrebbero essere stati corretti: spero che la lettura in italiano ora sia scorrevole, visto che io non ho la possibilità di leggere questa versione.
- Il risultato di questi equivoci linguistici è comunque molto divertente…
Questo aspetto mi interessa e mi attrae tanto quanto la sensualità. Ad esempio, ne “Il profumo del caffè” avevamo il protagonista che doveva trovare delle parole per riuscire a codificare qualcosa che non era stato ancora descritto, cioè i diversi aromi del caffè. In questo caso, invece, mi interessava la potenziale confusione che poteva nascere sia dal punto di vista linguistico, sia dall’incontro di due diverse culture, quella inglese e quella italiana. In particolare, ci sono delle battute abbastanza scurrili, ma non so se e come sono state tradotte in italiano. Ad esempio, c’è una scena in cui la frase “do you lick nipples?” che suona come lick=like e nipples=Napoli, così che la domanda diventa: “Ti piace Napoli?”.
L’aspetto comico scaturisce dunque dallo scontro delle due culture e, in particolare, dai fraintendimenti linguistici.
- Si potrebbe dire che, rispetto ai due precedenti romanzi pubblicati in Italia, in questo libro la sensualità legata al cibo è ancora più marcata?
In effetti è proprio così. Ma d’altra parte, questo romanzo, che è uscito ora in Italia, è stato scritto prima degli altri due, che sono più specifici: uno si concentra sul caffè, l’altro sul gelato. L’ufficiale dei matrimoni, invece, ruota intorno ad un atteggiamento nei confronti del cibo e la differenza è proprio fra l’atteggiamento degli italiani e quello degli inglesi. Ho immaginato quest’uomo inglese, cresciuto negli anni trenta – che da tre, quattro anni consumava solo razioni di guerra –, arrivare in Italia, dove, nonostante il razionamento e la scarsità, il cibo ha una forte componente sensuale. Un’esperienza sconvolgente che deve averlo portato a cambiare il proprio atteggiamento verso la vita. Il mio eroe si trova in un certo senso costretto a fare esperienza di questa sensualità e diventa poi molto più accomodante, accondiscendente e pronto ad amare rispetto a quanto non sia all’inizio del romanzo.
- Lei che, da scrittore e da straniero, si è documentato sulla Napoli durante l’occupazione degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, si è fatto una qualche idea sulla Napoli di oggi?
In Gran Bretagna la serie televisiva “Gomorra” ha avuto un grandissimo successo, tanto che credo stia per uscire la seconda serie. Probabilmente questa immagine di Napoli è molto diversa da quella picaresca che tendo a dare io e che abbiamo in generale. Secondo me, entrambe queste versioni di Napoli sono un po’ estreme, perché gli scrittori tendono ad esagerare: la vera Napoli forse non è così violenta e terribile come viene dipinta da Gomorra, né la popolazione è così solidale e bonacciona come la descrivo io. Però mi sono avvalso della licenza di scrittore che può scrivere ciò che vuole e creare un ambiente consono alla propria storia.
- Uno scrittore capace di scrivere del cibo come lei in modo così dettagliato e sensuale, ama cucinare e la cucina italiana?
Sono un amante della cucina italiana e amo leggere libri di cucina, come quelli di Marcella Hazan, però sono un pessimo cuoco, perché tendo a non seguire la ricetta e non ho nessuna mamma o nonna italiana che mi possano trasmettere le regole di base. Mia moglie dice che dovrei essere più fedele alla ricetta, mentre io cerco sempre di improvvisare, di adattare le ricette, con un risultato spesso disastroso.
- Crede ci siano analogie fra cucinare e scrivere?
Io sono uno scrittore e come tale tendo ad essere creativo anche in cucina, ma, come dicevo, questo non sempre paga! Allo stesso modo, quando si scrive, non bisogna scherzare troppo con le aspettative dei lettori e seguire comunque determinate regole.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Anthony Capella presenta il suo libro “L’ufficiale dei matrimoni”
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Narrativa Italiana Ti presento i miei... libri Neri Pozza Recensioni di libri 2015 Anthony Capella
Lascia il tuo commento