Applausi a scena vuota
- Autore: David Grossman
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2014
Su un palcoscenico a Netanya, cittadina israeliana, ha luogo uno spettacolo insolito, forse l’ultimo per il protagonista del romanzo, un attore che da solo tiene la scena. Si tratta di Dova’le, comico che, per questo spettacolo che si rivelerà “speciale”, invita Avishai Lazar, giudice prematuramente in pensione, ormai vedovo e compagno del protagonista durante l’adolescenza. I due hanno circa la stessa età, cinquantasette anni per la precisione, e non si frequentano più da una vita, da quando avevano quattordici anni. Dova’le fa una precisa richiesta al giudice “Voglio che tu venga a vedermi. Che mi guardi bene. E poi mi dica...” E’ un invito che all’amico di un tempo suona strano ma che egli, comunque, decide di accettare.
Questo è l’inizio dell’ultimo romanzo di David Grossman, “Applausi a scena vuota” (Mondadori, 2014), un libro assai diverso da tanti altri di narrativa contemporanea. Questa storia, infatti, è racconto di eventi ma è scritta in maniera particolare, principalmente come un monologo, anche se l’io narrante è il giudice spettatore, e ha uno scopo ben preciso: la catarsi. Inoltre i luoghi in cui essa avviene sono quelli cari all’autore che nei suoi libri fa rivivere, in modo diretto o indiretto, il tema della Shoa o, comunque, dell’eterna sofferenza del popolo israeliano.
Una sera d’agosto gli appassionati di cabaret si recano quindi allo spettacolo. Il pubblico è costituito da persone profondamente differenti fra loro: molte sono estranei, altre già conoscenti di Dova’le. Lo stesso Lazar supera le proprie reticenze e partecipa alla serata. Essa si rivela uno spettacolo di certo speciale poiché quel giorno è il compleanno di Dova’le ed egli ha deciso di aprire al pubblico ma soprattutto all’amico di decenni prima il proprio intimo, alternando battute comiche al racconto di una vita. Non ha, per il giudice, un bell’aspetto quell’amico ritrovato: è magrissimo e nasconde un alone di sofferenza dietro battute che a volte non scatenano più le risa di chi ascolta. Ecco Dova’le in scena: lui è ancora istrionico, è ancora quel bambino che, come l’amico ricorda, camminava a testa in giù divertendo chi lo guardava. Ma, ad un certo punto, ha luogo il vero spettacolo. Dova’le non è più un cabarettista qualunque e inizia a raccontare, davanti a un pubblico sempre più attonito, la sua vera storia. Pian piano gli spettatori che si attendevano qualcosa di diverso lasciano la sala che si fa quasi vuota: rimangono Lazar e pochi altri.
Come si risolve lo spettacolo? Con l’intrecciarsi di ricordi, con l’esternazione delle amarezze che Dova’le si porta dentro da una vita, con il non emettere sentenze da parte di un amico giudice che, attraverso il racconto di un passato triste fatto dei dolori della guerra, che impone anche a chi non vi partecipa un destino infelice, rivive e comprende il significato dei propri dispiaceri. Lo spettacolo si risolve soprattutto, giungendo al perdono nei confronti di se stessi e di ciò che ci si rimprovera di non aver fatto nei riguardi di chi ci è caro.
E’ questo un romanzo estremamente umano: i drammi vissuti ora si possono ricordare e ognuno, pur imperfetto, risulta, dal racconto, liberatorio delle proprie sofferenze, agli occhi degli altri, ma soprattutto ai propri, riabilitato.
Applausi a scena vuota
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