Arte
- Autore: Yasmina Reza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2018
Sotto toni da commedia, i testi di Yasmina Reza effondono tossine. Lo sguardo si attesta a un passo dal teatro dell’assurdo - tagliente, paradossale, vagamente straniato -, i dialoghi esondano come un diluvio: sono l’annuncio della fine del mondo per afasia. Nei libri e nelle pièce di Yasmina Reza ci si parla quasi sempre addosso: un modo come un altro per ammantare di senso relazioni di fatto solipsistiche.
Le parole che sgorgano dalla penna della Reza sono mirabili, mirabilmente funzionali al conflitto tra epigoni borghesi (o aspiranti tali) dell’homo homini lupus. Se ci pensate bene, ogni impalcatura relazionale nei suoi libri collassa in sordina, comincia a sgretolarsi da un semplice pretesto. Un pretesto che segna un crepa che segna una crepa che poi ne segna un’altra e un’altra ancora. Una scusa quasi sempre banale, come può esserlo una neoplasia nella sua fase germinale, oppure l’acquisto di un quadro. Un quadro tutto bianco pagato a un prezzo eccessivo, per esempio. Succede nell’apologo dal ghigno feroce “Arte” (Adelphi, 2018), una ripresa di “Il dio del massacro” fra cosiddetti amici.
MARC Il mio amico Serge ha comprato un quadro. È una tela di circa un metro e sessanta per un metro e venti, dipinta di bianco. Il fondo è bianco, e strizzando gli occhi si possono intravedere delle sottili filettature diagonali, bianche
(…)
MARC Caro?
SERGE Duecentomila.
MARC Duecentomila?
SERGE Handtington me lo riprende a due e venti.
MARC Chi?
SERGE Handtington?!
MARC Non so chi sia.
SERGE Handtington! La galleria Handtington!
MARC La galleria Handtington te lo riprende a due e venti?
SERGE No, non la galleria. Lui. Handtington in persona. Per sé.
MARC E perché non se l’è comprato Handtington?
SERGE Perché quelli preferisco vendere ai privati. Bisogna che il mercato giri.
MARC Ah…
SERGE Allora?
MARC …
SERGE Non metterti là. Guardalo da qui. Le vedi, le linee?
MARC Come si chiama il…
SERGE Pittore. Antrios.
MARC Famoso?
SERGE Molto. Molto!
Come in alcune barzellette di una volta, ci sono un ingegnere aeronautico, un dermatologo e un neo-rappresentante di una cartoleria all’ingrosso. Si conoscono da quindici anni buoni e la sera in cui l’acquisto di un nuovo quadro apre la stura al precipitare degli eventi (Marc giudica grottesca la cifra pagata da Serge per un quadro che secondo lui è “una merda”), doveva essere una sera come altre. Il quadro bianco diventa invece la spia di riserva di una relazione fondata sull’abitudine e l’esclusiva apparenza. Di pari passo alle parole che diventano più affilate, affiorano, insomma, le macerie di un’amicizia-copertura di invidiuzze, pettegolame radical-chic, non-detto, risentimenti.
Al finale non posso che accennare: l’ultima pagina è significativamente lata, per certi versi struggente ma non per questo meno velenosa. In ultima analisi, “Arte” è un testo teatrale in cui si ride – tanto – ma a denti stretti, per via dell’affiorare recondito di un disagio, di una malinconia che si spiegano con l’insidiosa paradigmaticità della vicenda narrata.
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