Autobiografia di un perdigiorno
- Autore: Evelyn Waugh
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2021
Bompiani pubblica per la prima volta in Italia, nella sua collana “Overlook”, Autobiografia di un perdigiorno (2021, titolo originale A Little Learning, traduzione e cura di Mario Fortunato), scritta nel 1964 dall’autore inglese Evelyn Waugh (Londra, 28 ottobre 1903 – Taunton, 10 aprile 1966).
“Solo quando hai perso ogni curiosità sul futuro arriva il momento di scrivere un’autobiografia”.
Ciascuno di noi, giunto al culmine della maturità, ha sentito il desiderio o la necessità di appuntare, semmai in un diario, i fatti salienti della propria vita. Fatti che forse non interessano a ipotetici lettori, ma che servono per capire il proprio presente e anche quale indirizzo dare al proprio futuro. Quando a redigere la propria autobiografia è, invece, uno scrittore o un personaggio influente, le cose si complicano. Per la propria autostima, lo scrittore arde dal desiderio di essere pubblicato, venduto, letto e adorato dai propri lettori. Ciò non è da attribuire solo al cronico bisogno di soldi che accompagna l’esistenza di uno scrittore degno di questo nome. Il mestiere dello scrittore è accompagnato da una insicurezza di fondo:
“Piacerà ciò che ho scritto? E se non piacerà il mio nuovo libro, avrò la forza di ricominciare tutto da capo?”.
Nell’inverno tra il 1962 e il ’63, alla soglia dei sessant’anni, Evelyn Waugh si sistemò a Mentone, nel Sud della Francia, con il proposito di cominciare il primo dei tre volumi che avrebbero dovuto comporre la sua autobiografia. Ma la scrittura non proseguiva, perché c’era il problema di dover raccontare fatti realmente accaduti, descrivere persone ancora vive. I nomi, i fatti, le circostanze, i sentimenti che dovevano essere esaminati e narrati erano quelli della vita vera, anche se trascorsa da poco, e c’era il rischio di urtare la sensibilità di qualcuno, un familiare, un amico, un conoscente. L’atmosfera di Mentone e in verità una notevole propensione al bere, al fumare e all’uso di sonniferi non avevano giovato alla scrittura, quindi Waugh era tornato a casa.
Nel 1964, finalmente, era uscito il primo volume dell’autobiografia, conclusa da Waugh in pochi mesi: un’autobiografia redatta da un “perdigiorno” di genio. Se nella prima parte del volume l’autore ricostruisce una parte significativa del proprio albero genealogico, descrivendo con sapienza i propri genitori, nella seconda parte ecco, invece, spuntare il lato romanzesco tanto caro all’autore. Infatti, in queste pagine, che si fermano all’anno 1924, vengono cambiati i nomi a molti personaggi realmente esistiti, citiamo a caso, la scrittrice Nancy Mitford, lo storico e collezionista Harold Acton e lo scrittore Anthony Powell, usando degli pseudonimi. I nomi cambiano, ma i loro caratteri e le loro personalità bizzarre e sopra le righe forse no.
Evelyn Waugh, personalità contraddittoria, convertitosi al cattolicesimo, celebre per i suoi scritti satirici, nei quali ama criticare l’aristocrazia e l’alta società britannica [citiamo Declino e caduta (1928), Una manciata di polvere (1934), L’inviato speciale (1938), Ritorno a Brideshead (1945) e Il caro estinto (1947)], fece giusto in tempo a scrivere poche righe del secondo volume della sua autobiografia, il cui titolo era A Little Hope. Lo scrittore britannico morì d’infarto il 10 aprile 1966, domenica di Pasqua nella sua casa di Combe Florey, nel Somerset. Da qui l’importanza di questa autobiografia, che al pari di una fotografia in bianco e nero, risalente ai primi anni del Novecento, ferma il tempo in una eterna “Bright Young Things", cioè brillante gioventù. Furono chiamati in questa maniera scrittori come Nancy Mitford, Anthony Powell, Henry Green, oltre allo stesso Waugh, il cui romanzo Corpi vili diventerà il "manifesto del gruppo”, come scrive Mario Fortunato in una nota al testo.
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