Avere tutto
- Autore: Marco Missiroli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2022
Una prosa “chirurgica”, quella di Avere tutto (Einaudi, 2022), che taglia e cuce, e poi incide e cuce ancora: è questa l’immagine che sempre più mi si è impressa nella mente durante la lettura di questa storia toccante e cruda.
Sono diventato lui, quando rovistava per indagarmi. […] Sono immobile. Dagli occhi il bruciore scende nell’esofago e ai polmoni.
Sono pagine "calamita", quelle raccontate dalla penna di Marco Missiroli, dove la vita appare come un corpo inerme, abbandonato su un lettino di una sala ospedaliera di chirurgia, ma che sotto, in silenzio e in segreto, pulsa ancora, e rivendicando la legittimazione di un posto nel mondo attende soltanto di essere operato. E di guarire.
Ma il vero chirurgo, chi è? Siamo noi? O qualcun altro? O ancora, una forza esterna e più grande? E alla fine, si guarisce veramente dalle ferite della vita? Quelle che ci infliggono gli altri. E quelle che noi stessi ci infliggiamo. Sembra questo il grande quesito, l’inevitabile punto interrogativo a cui è chiamato a rispondere il lettore.
Perdono. Perdono è la parola che mi ha preso per mano e come un’ombra costante mi ha accompagnato lungo la lettura di una storia decisamente dal forte impatto emotivo, profondamente autentica, che non concede sconti e in particolari momenti "chiave" sa protendersi verso punte di lirismo e tingersi di venature ironiche.
Una scrittura “febbrile”, che scotta, ansima e incalza, scompone e ricompone, denuda e avvolge, che procede per palpabili istantanee, regalando al lettore una sequenza di immagini nitide e ben precise destinate a lasciare inevitabilmente il segno nei ricordi e nell’immaginario, racconta il complesso e delicato rapporto tra un padre settantenne, Nando Pagliarani, vedovo di Caterina, vittima del "fallimento della vita" e malato gravemente, e il figlio Sandro, riminese trapiantato a Milano, “affetto dalla sindrome del gioco d’azzardo".
Ci accomuna il languore: girovaghiamo, sostiamo tormentando i marciapiedi con le suole, rovistiamo nelle tasche e tiriamo fuori i pugni, li rintaschiamo, fumiamo masticando gomme americane.
Se mi soffermo a pensare a come Missiroli ha voluto gettare luce sul loro legame imperfetto, avvalendosi di una lente di ingrandimento attraverso la quale poter cogliere al meglio il riflesso della realtà e una possibile verità, è l’immagine di una clessidra che mi si offre all’istante: infiniti granelli di sabbia – di vita – che con apparente lentezza si scompongono fra loro e incessantemente scorrono, uno dopo l’altro, in una corsa contro il tempo, alla ricerca di chissà cosa, per poi ricomporsi e amalgamarsi nuovamente, in quella che Missiroli definisce “densità”:
Densi stasera. La concentrazione di più vita possibile nel tempo minore possibile.
Ѐ un romanzo “denso”, infatti, quello che con profondo atto di coscienza ed estrema consapevolezza ha voluto donarci Missiroli, non lo si può definire in altro modo, colmo di tutto - avere tutto -, di luoghi, di atmosfere e suggestioni, di personaggi, di gesti e parole, di pensieri e sentimenti, di messaggi, e di dettagli e particolari - questi ultimi così fondamentali all’interno della trama, forse, mi verrebbe da dire, i veri protagonisti -, dove nulla è lasciato al caso, ma ogni cosa è strettamente correlata e funzionale all’altra, dove i dialoghi, è vero, sono ridotti al minimo, a “un botta e risposta”, così frammentari e lapidari, così incalzanti e taglienti, ma proprio per questo così vibranti in tutta la loro potenza semantica.
Sono dialoghi brevi, fugaci e sfuggenti, ma che di fondo riecheggiano una loro intensità a cui è difficile sottrarsi, intensità che lascia campo libero al lettore nel prendersi tutta la libertà e la responsabilità di immaginare e delineare davanti ai propri occhi significative “fotografie” di una vita in cui potersi immedesimare.
Poche parole, quindi, ma scelte e maneggiate con cura, non solo nel senso e nel significato che veicolano ma anche nel suono stesso che emettono.
Con questo romanzo, scelgo di proposito di non scendere nei particolari, di non soffermarmi nel dettaglio della trama, per lasciare al lettore la possibilità di poter vivere appieno quel senso di bellezza e di curiosità che risiede nella lenta scoperta di ciò che viene narrato, di ciò che pagina dopo pagina potrebbe accadere.
Vivere secondo la matematica della vincita e della perdita: tutto è addizione o sottrazione. Abbuffate e digiuni.
Perché tutto, è avere cosa? O è avere niente? Tutto è languore. E perdono.
Avere tutto
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