Babilonia
- Autore: Yasmina Reza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2017
Yasmina Reza, nel suo ultimo romanzo, “Babilonia”, riesce a farci toccare con mano la solitudine e la mediocre capacità di comunicare che avvicina il genere umano.
“Babilonia” si presenta come uno stralcio di vita in un mondo dove prevale l’umana debolezza che nel dispiegarsi della narrazione ci risulta fin troppo familiare.
All’interno di un condominio, in un quartiere della periferia di Parigi, vivono due coppie di una certa età . I veri protagonisti del romanzo sono Elisabeth, una donna senza nulla di speciale, volutamente resa quasi banale, e Jean-Reno Manoscrivi, un uomo dall’aura solitaria, poco interessante e sposato con l’evanescente Lydie
“una piccola alga, vestita alla zingara e ricoperta di ciondoli”.
Il gatto Edoardo di Jean-Reno diviene il movente dell’assassinio di Lydie.
Elisabeth si lascia coinvolgere nella vicenda dell’assassinio, il che potrebbe causarle guai seri con la giustizia e destabilizzare la sua vita pacata. Elisabeth è mossa da solidarietà verso l’amico Jean-Reno. Una solidarietà fatta di una comunanza di solitudine, di condivisione delle miserie dell’ordinario piuttosto che di amicizia profonda. Non si può identificare l’origine di quest’amicizia se non in una affinità di bisogni e carenze.
Elisabeth sembra voler attestare la sua stessa esistenza facendosi coinvolgere dall’amico e osserva che
“non avere nessuno significa non avere nemmeno se stessi”.
Chi ti è vicino, chi ti ama, ti rilascia
“un attestato di esistenza (o di consistenza). Quando ci si sente soli non si può esistere senza una piccola fiaba sociale”.
Ed è forse anche il desiderio di fuggire dalla noia di una esistenza mediocre che potrebbe condurla a sposare una causa persa in partenza. Il fallimento esistenziale di fronte all’età che avanza e il desiderio di riscatto:
“Certi giorni quando mi sveglio la mia età mi prende alla gola. La nostra giovinezza è morta. Non saremo mai più giovani. E questo è più che mai vertiginoso”.
Lo svolgersi della vicenda si presenta come una fotografia in bianco e nero. Del resto la stessa Yasmina Reza si definisce una “scrittrice di fotografie”. Si tratta di spietate inquadrature, fermi immagine di ciò che la scrittrice vede.
Ciò che viene inscenato è un teatro crudele, tra il dramma e la commedia. Nelle scene emergono manie piccolo borghesi e azioni svolte senza possibilità di recesso. Tutta la narrazione è avvolta da una sensazione di pseudo normalità e di sospensione onirica, lo stesso titolo, “Babilonia”, evoca gli ebrei, esuli dopo la deportazione a Gerusalemme, che piangevano “al ricordo di Sion” per rammentarci la nostra ineludibile emarginazione e l’impossibilità di risvegliarci dal sogno di ciò che avremmo voluto essere e che la vita ci ha negato.
Ancora una volta Yasmina Reza ci presenta la vita cruda mettendo a nudo le debolezze umane, ci rende partecipi della caduta delle maschere sociali attraverso non tanto la trama di “Babilonia” ma tramite la minuziosa descrizione dei dettagli e dei piccoli eventi ordinari che si mutano nei pilastri della sua narrazione divenendo essenziali.
Babilonia
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