Umberto Eco ha scritto Storia della bellezza e Storia della bruttezza.
Il grande scrittore ha passato molti anni a studiare il concetto di bellezza.
Da Eco impariamo che gli antichi greci consideravano il “bello anche buono”, kalos kai agathos, e il brutto invece anche cattivo. Tutto ciò si definiva kalokagathia.
Scopriamo come si è evoluto il concetto di bellezza nel tempo sino a giungere alla stretta relazione istituitasi tra bellezza e potere.
La visione della bellezza nel tempo: dal Medioevo a oggi
Fino al Medioevo valevano tre canoni per il bello:
- la proporzione,
- la claritas,
- l’integrità.
Il primo elemento richiedeva ordine, armonia.
Si veda la regola aurea. La claritas era la luminosità. Eco a riguardo fa l’esempio della luce di molti capolavori della storia dell’arte e del Paradiso dantesco.
L’integrità significava che un oggetto rappresentato non doveva difettare di nessuna parte del suo prototipo (di uomo, di donna, di animale, di pianta).
Ma Eco ci avverte anche che la bellezza e la bruttezza sono relative all’epoca e alla cultura di appartenenza.
Con il cristianesimo anche le mostruosità vennero rappresentate nell’arte, perché anche il brutto faceva parte della creazione divina. Inoltre anche la sofferenza di Cristo e il martirio dei santi non potevano appartenere ai criteri estetici classici di bellezza.
In Toscana si usa dire:
“Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”.
Ma è davvero così oggi?
Potere e bellezza: le relazioni tra i canoni estetici
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Un tempo una persona si poteva innamorare soprattutto per motivi psicodinamici con dei risvolti edipici o antiedipici.
Ci poteva essere l’uomo che amava le donne obese perché gli ricordavano la madre e, si sa, ogni uomo si innamora sempre della madre; oppure ci poteva essere la ragazza giovane che cercava il padre che non aveva mai avuto o che aveva perso in tenera età in un uomo più anziano. Il potere ha sempre imposto i propri canoni estetici, ma mai come oggi.
Ora i mass media, il cinema, lo show business, la televisione, Internet, la pornografia, la moda, impongono i loro modelli e bisogna adeguarsi passivamente e pedantemente. Il potere esercita una grande pressione indebita sugli individui che si adattano, pena la disapprovazione sociale.
Chi non si conforma è out!
La bellezza come interpretazione: da Marx a Eco
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Karl Marx nei Manoscritti economico-filosofici ci avverte che una persona “brutta” ma ricca può piacere e conquistare persone belle.
Insomma, il denaro può molto nella società capitalistica. Il bello e il brutto, a ogni modo, non sono più relativi o meglio ancora: il margine di scelta e di relatività estetica è sempre più risicato e si assottiglia ogni giorno di più.
Eco cita il “criterio di interpretanza”, concetto chiave della semiologia.
Secondo questo criterio un segno, un’immagine, un simbolo si possono interpretare meglio con altri segni, altre immagini, altri simboli che lo chiariscono.
Oggi tutti i segni, le immagini, i simboli propinati dal potere rimandano a un concetto univoco di bellezza. L’arte, che non è più incisiva nella realtà diretta non ha più presa diretta, per cercare di rompere gli schemi può creare solo lo straniamento, lo schizomorfismo, il kitsch, il Midcult.
Il potere quindi ci ha uniformati sempre più sia nel contenuto che nella forma.
Recensione del libro
Che cos’è la bellezza? Una lezione di storia dell’arte
di Philippe Daverio
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La relazione tra bellezza e potere: da Umberto Eco a Karl Marx
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