Body Art di Don DeLillo

"Body Art" di Don DeLillo (Einaudi, 2001) è un romanzo ipnotico e a tratti surreale che, attraverso gli occhi della protagonista, porta a sondare gli sconfinati vuoti immediatamente dentro e fuori di noi.
La precisione chirurgica della penna di DeLillo seziona lo spazio e il tempo di una body artist rimasta priva del proprio compagno e rifugiatasi nel silenzio della loro ultima dimora e della sua arte. La protagonista sembra usare il proprio corpo, tutti i suoi sensi, infatti, così come fa per lavoro, per superare se stessa e conoscere realmente chi è e perché.

Periodi lenti e cadenzati cadono sulle pagine leggeri come la polvere, eppure ricercati, misurati, levigati dal soffio creativo di uno degli scrittori della migliore narrativa americana.
Ne trovi conferma soprattutto in alcune pagine, dove la descrizione di particolari che possono apparire insignificanti, rivelano invece a un tempo la profondità del campo visivo dello scrittore e quella degli stessi vuoti che, pur non sempre riconoscibili o riconosciuti, ci separano vertiginosamente dalle persone e dalle cose a noi più prossime.
Pagine che schizzano fuori dal libro e che meriterebbero di essere incorniciate sui muri.
Un dato di fatto che rende la trama del romanzo un optional, di cui poter tranquillamente fare a meno senza correre il rischio di non apprezzare a pieno le linee d’inchiostro della sua prosa.

Un libro che mi fa pensare a un disco dal quale per carpirne appieno l’anima si ha il bisogno di vagliarlo più volte sotto lo spettro dei sensi.
Un autore che non per altro ha influenzato più generazioni di scrittori, sicuramente non ultimo David Foster Wallace.