Brigata Maiella. L’epopea dei patrioti italiani dell’ottava armata britannica
- Autore: Marco Patricelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
La Brigata abruzzese Maiella, l’unica formazione militare italiana non regolare inquadrata dai Comandi inglesi nell’8a Armata. Era composta da volontari antifascisti, repubblicani, non pochi comunisti, ma nell’insieme non si riconoscevano in nessun partito. Si chiamavano “patrioti” e non partigiani, erano “distinti” ma non distanti dai reparti cobelligeranti del nostro esercito. La bandiera tricolore, che dal gennaio 1944 esibivano senza lo stemma sabaudo al centro, è stata decorata con la medaglia d’oro nel 1963 e dal 1965 è custodita nel Sacrario nazionale delle Bandiere nel Vittoriano. Hanno anche un sacrario: una cappelletta in ricordo dei caduti, a Taranta Peligna, nella Maiella orientale, lungo la strada statale 84 in provincia di Chieti.
Sono stati i combattenti della Resistenza italiana con la più lunga attività operativa — prima come Corpo Volontari, poi Banda Patrioti, infine Gruppo Patrioti — dalla campagna d’Abruzzo del 1944 alla risalita della penisola verso nord, nelle Marche, poi sulla Linea Gotica, fino alla liberazione di Bologna il 21 aprile 1945 e poi del Veneto.
Inutile cercarli nei libri prima del 2005, però, perché non inquadrabili nella narrazione resistenziale: né partigiani né militari dei Gruppi di Combattimento cobelligeranti. La Brigata è citata solo una volta, di sfuggita, perfino nella ponderosa Storia della Resistenza italiana di Roberto Battaglia. Proprio nel 2005, Marco Patricelli ha rotto il silenzio con il primo testo sulla Maiella. E oggi lo storico, saggista e documentarista pescarese ha ripreso il tema in Brigata Maiella. L’epopea dei patrioti italiani dell’8a armata britannica (Rusconi Libri, 2021), ripetendo che questa vicenda non ha trovato spazio sui libri, perché fuori dal coro.
“I maiellini erano soldati senza stellette e partigiani senza partito”, costituivano una resistenza atipica, non quella ufficiale. Condivideva le due anime della guerra di liberazione, l’elemento militare e le bande volontarie, ma “l’apoliticità e l’apartitismo dichiarato” non consentivano di collocarli nel mito fondante della Resistenza, sebbene in tutti fosse fortissimo il sentimento antifascista e l’avversione nei confronti dei tedeschi. La maggior parte dei patrioti aveva idee e sentimenti socialisti, tramandati ai giovani da quanti ricordavano il periodo prefascista. Numerosi i comunisti, specie tra sulmonesi e aquilani. Un terzo forte gruppo era costituito da mazziniani repubblicani, in prevalenza studenti. Non mancavano i popolari e qualche monarchico.
Il nucleo originario della Maiella risale ai quindici che con l’avvocato socialista Ettore Troilo di Torricella Peligna, reduce della Grande Guerra, si presentarono a Casoli dagli inglesi, offrendosi di battersi con loro contro i nazisti sulla Linea di Cassino, che raggiungeva l’Adriatico proprio in Abruzzo. Diffidenza, sospetti, sfiducia nelle qualità combattive degli italiani ostacolarono l’impiego, che nel gennaio 1944 trovò un sostenitore nel maggiore Lionel Wigram, trentasettenne di Sheffield. Quale Corpo Volontari della Maiella, il raggruppamento partigiano costituì sperimentalmente la Wigforce, un’innovativa formazione congiunta a truppe britanniche e operante a fianco degli Alleati.
Messi alla prova, gli italiani dimostrarono di combattere con coraggio e determinazione. Cominciarono a distinguersi e da allora a crescere, attirando volontari da tutto l’Abruzzo, riuscendo a farsi riconoscere ufficialmente nell’esercito alleato, armare, vestire con uniformi regolari inglesi e inquadrare nell’8a Armata britannica, all’interno del V Corpo d’Armata e poi col II Corpo polacco. Indossavano la divisa inglese, erano integrati nella strategia alleata, ma seguivano un regolamento interno.
“I tedeschi avevano ucciso, violentato, raso al suolo le case. Un motivo più che sufficiente per combattere. Abbiamo preso il mitra e non ci siamo più fermati. Nessuno di noi è scappato. Nessun disertore nella Maiella”.
È ora di conoscerli questi italiani, quasi tutti abruzzesi, che si sono battuti al fronte contro il nazifascismo, ma lo hanno fatto “in maniera diversa, per quanto nel condiviso valore unificante del repubblicanesimo”, fa presente Patricelli. Hanno trovato il consenso inglese all’aggregazione perché uniti dalla volontà di combattere, senza schemi ideologici e solo per finalità esclusivamente militari. I britannici “non avrebbero mai avrebbero avallato una scelta politica per la nascita di una banda da loro stessi armata”. Il tesserino militare era quello del ricostituito Regio Esercito (divisioni di fanteria 209 e 228), al quale non riconoscevano però nessuna autorità gerarchica. Da repubblicani avevano rifiutato le stellette per non giurare fedeltà al re, sostituendole con un nastrino tricolore e il profilo stilizzato della Maiella come stemma.
Il 18 aprile 1945, la Maiella mosse verso Bologna battendosi sempre contro le retroguardie tedesche e subendo la cinquantaduesima perdita tra i ranghi. Era una corsa con i polacchi e i militari italiani dei Gruppi di Combattimento a chi entrava per primo nella città liberata. Non importa chi l’ha vinta, conta lo stupore entusiasta dei bolognesi di vedersi liberati anche da soldati che sembravano inglesi, ma sul bavero esibivano con orgoglio mostrine tricolori.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Brigata Maiella. L’epopea dei patrioti italiani dell’ottava armata britannica
Lascia il tuo commento