La calligrafia sembrava destinata a essere rinchiusa e relegata tra i ricordi polverosi delle soffitte: prima messa in disparte dalla vecchia e cara macchina da scrivere – derivazione industriale del tacheografo ideato dall’ingegnere e inventore Pietro Conti – e poi dall’avvento dei computer e stampanti, con le loro evoluzioni e innovazioni. Ma la scrittura vergata a mano ha oggi una sua rivincita.
La calligrafia è un’arte dal fascino antico
La calligrafia di diritto viene annoverata sotto la voce “arte” ciò che nel passato più antico nasceva come sistema di annotazione o di comunicazione come i sistemi pittografici Jiahu, incisi su gusci di tartaruga verso il 6600 a.C., o l’antica scrittura dell’Indo del 3500 a.C. Un’arte antica che richiama alla memoria gli scriptoria dei monaci copisti, così abilmente rievocati ne Il nome della rosa di Umberto Eco, o i bellissimi passi de Il Calligrafo, libro di Todd Shimoda che narra i fasti e le bellezze degli ideogrammi orientali.
Il calligrafo
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La rivincita della penna e della scrittura curata inizia in sordina tra il 1800 e il 1900, grazie al lavoro di due appassionati divulgatori: l’inglese Edward Johnston e il tedesco Rudolf Koch. Johnston e Kock sono giustamente considerati i padri della moderna calligrafia, autori di prestigiosi manuali che hanno dettato regole e schemi costruttivi, regolamentando un mondo composto da stili e segni grafici antichi e moderni. Termini quali Onciale, Gotica, Italica sono entrati di diritto nel lessico di appassionati amanuensi odierni e specialisti che hanno fatto della calligrafia una professione.
La calligrafia moderna, spaziando tra lo studio dei caratteri base alle nuove forme espressive, si muove sulla scia della conoscenza delle regole fondamentali, le stesse tracciate da Johnston e Koch. Impostazioni geometriche e variazioni consentono un’espressività che i caratteri tipografici stentano ad avere: la manualità e la creatività vanno a costruire intrecci artistici di grande effetto oppure ripropongono, seguendo gli stili formali, un approccio scolastico alla scrittura.
Tra profumi d’inchiostro e pennini, colori e carte, si riscopre oggi tutto il fascino della scrittura a mano, una vera impronta che denota un controllo del tratto e del segno. Ma la calligrafia è anche un modo per riappropriarsi di un proprio spazio di creatività: così anche gli appunti e le note su un quaderno diventano delle piccole opere d’arte da sfogliare con passione, annusando profumi antichi e nuove emozioni.
Gli scrittori che hanno giocato con la calligrafia
Ma non mancano esempi di scrittori che hanno abilmente giocato con la calligrafia: come nel caso di Carl Gustav Jung che nel Liber Novus, meglio conosciuto come Libro Rosso, ha decorato e scritto di proprio pugno le pagine di questo capolavoro dell’arte e della psicologia.
Dal passato all’attuale: Pierluigi Serra, giornalista e scrittore per la Newton Compton, ha all’attivo oltre alla produzione letteraria una serie di mostre ed esposizioni calligrafiche. Dall’allestimento all’interno di mostre internazionali fino ai pregevoli quaderni d’appunti che – a detta dell’autore – sono lo strumento di lavoro e allo stesso tempo il momento rilassante della scrittura di un romanzo o di un saggio.
Non si dice “bella calligrafia”: perché?
Non chiamatela “bella calligrafia”, sarebbe una semplice perissologia, una tautologia, per usare due termini dotti e poco comuni. Sarebbe, per dirla più facilmente, una pura ripetizione: già il suo nome, che trae origine dalla composizione delle parole del greco antico (καλός "bello" e γραφία “scrittura”) significa di per sé “bella scrittura” e ancora oggi, nonostante la tecnologia e gli smanettamenti della generazione Z, è uno tra gli strumenti più importanti della comunicazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Calligrafia: cos’è l’arte della bella scrittura
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