Carla Vistarini, romana, ha scritto canzoni indimenticabili per cantanti come Ornella Vanoni (La voglia di sognare), Mina (Buonanotte buonanotte), Riccardo Fogli (Mondo), Mia Martini (La nevicata del ’56), Renato Zero, Amedeo Minghi, ecc.
Ha scritto inoltre i testi per tanti programmi televisivi d’intrattenimento che hanno avuto successo fra gli anni Settanta e Duemila collaborando, fra gli altri, con Gigi Proietti, Loretta Goggi, Fabio Fazio, Piero Chiambretti, Maurizio Costanzo. È autrice di commedie premiate dalla critica, come Ugo con Alessandro Haber, e di sceneggiature di film, come Nemici d’infanzia di Luigi Magni con cui ha vinto il premio David di Donatello.
E’ uscito pochi giorni fa, l’11 settembre, in libreria Se ho paura prendimi per mano (Corbaccio 2014) il suo primo romanzo, nel quale l’autrice narra una storia originale che ha come protagonisti Smilzo, un barbone dal volto intelligente e spavaldo e una bambina di tre anni “massimo”, “alta mezzo metro” dai capelli “fini come fili di seta d’oro”.
- Per la stesura della trama si è ispirata a uno specifico fatto di cronaca?
È così facile oggi, soprattutto in una grande città, ritrovarsi nostro malgrado spettatori involontari o incolpevoli protagonisti di fatti di cronaca. L’inizio del romanzo, la rapina al supermercato, l’ho quasi vissuta dal vero. Pochi istanti prima e sarei stata lì. Sono arrivata dopo, ma ho toccato con mano l’emozione della gente, lo spavento di chi si era trovato coinvolto, le lacrime di sollievo di qualcuno. Tutto raccontava il grande, insondabile mistero dei nostri destini. Ogni istante può cambiare tutto. Ma quello è solo l’inizio del mio romanzo, che poi, tra mille avventure, parla di questi nostri tempi difficili e meravigliosi insieme. Perché poi la morale è che davvero tutto può accadere, per fortuna: nel bene e nel male.
- Desidera raccontarci la personalità di Smilzo?
Smilzo, il senzatetto che si ritrova eroe urbano suo malgrado, è, sotto i suoi stracci sdruciti e i capelli arruffati, un giovane uomo provato dalla vita ma pronto a viverne una nuova, migliore. La crisi, le disavventure e i rovesci finanziari non l’hanno piegato, anzi, gli hanno dato forza morale e fatto trovare la strada per la serenità. Osserva il mondo con bonomia, gode delle piccolissime cose di cui dispone, e l’unico ricordo di cui ha nostalgia è il calore degli affetti umani perduti.
- Che tipo di legame si viene a creare tra il barbone e la bambina?
Quello fra due solitudini ai margini. Sono entrambi esseri indifesi, per ragioni diverse. Piccoli e soli in questa società che a volte è cieca, tutta tesa a occuparsi degli affari propri. Il barbone, che vuole essere dimenticato da tutti, e la bambina, che invece tutti cercano, si trovano per uno di quegli strani scherzi del destino, e si scelgono. Anzi è lei a scegliere lui e ad affidarsi. L’istinto le dice che, in questo mondo spigoloso e oscuro, di lui si può fidare ciecamente.
- Quali angoli di Roma ha voluto privilegiare per raccontare la storia di Smilzo e della sua protetta?
La mia è una Roma particolare. Ci sono sì cenni ad alcune bellezze classiche della città, ma la storia si snoda in zone e quartieri più veri, meno noti o raccontati, di quelli "turistici". Come per esempio Prati, Parioli, il Mandrione, ecc. Quanto al ponte sotto il quale vive Smilzo, si tratta di Ponte Sant’Angelo, uno dei più antichi, belli e monumentali della città. Ci tenevo a raccontare la discrasia tra tanta bellezza e la miseria, l’abbandono che sopravvive sotto le sue arcate. Una metropoli dove i destini della gente si confondono col clamore del traffico e l’indifferenza della Storia. La gente si affaccia dal ponte, fa le foto a Castel Sant’Angelo e a san Pietro, e ignora completamente, non vede proprio, le casupole di cartone e stracci poco più sotto, lambite dal Tevere.
- Gli homeless, i nuovi poveri come Smilzo in Europa con la recessione sono diventati quasi due milioni. Secondo Lei come si pone la società civile riguardo questa drammatica emergenza sociale?
Credo che la Società Civile come corpo unico abbia grossi problemi a confrontarsi con la realtà delle conseguenze più brutali della crisi. Oggi chiunque può ritrovarsi senza casa, all’angolo di una via, o a dormire in macchina, se ha la fortuna di averne una. Noi osserviamo in maniera spersonalizzata queste persone, che sembrano appartenere a un altro mondo, e, di fatto, è così, ma che non riusciamo o non vogliamo percepire come singoli, come vite uniche e speciali. La Società Civile, con le migliori intenzioni, agisce in modo schizofrenico nei confronti degli emarginati come Smilzo. E cioè mentre da una parte si prodiga in donazioni, adozioni a distanza, e contributi e tributi, anche ingenti, per questa causa, dall’altra si sente affrancata da ogni responsabilità, proprio in virtù di questo "esborso". "Faccio l’elemosina dunque sono. Sono buono".
Io spero, col mio romanzo, che comunque vuole prima di tutto appassionare il lettore, di portarlo anche a incuriosirsi, ad affezionarsi e a parteggiare per Smilzo, che è un barbone sì, ma è soprattutto un uomo, un essere umano a tutto tondo, ricco di esperienze, di bontà, di incoerenza. Un uomo che non vuole elemosine ma occasioni per vivere autonomamente.
- Fra tutte le canzoni scritte a quale è più legata e perché?
Le canzoni, e in genere ciò che si scrive, sono un po’ come dei figli. Come si fa a fare torto a qualcuno e a dire qual è il preferito? Dovendo indicarne comunque una, direi "La voglia di Sognare" di Ornella Vanoni, perché è stato il mio primo grande successo: Hit Parade, Premio della Critica Discografica, sigla di Gran Varietà, molte cover successive incise, da Riccardo Fogli a una versione in duetto Vanoni-Paoli.
- La grande bellezza ha vinto il Premio Oscar 2014 come migliore film straniero, il Festival di Cannes ha di recente assegnato il secondo premio ad Alice Rohrwacher con Le meraviglie interpretato dalla sorella Alba, la quale ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla 71esima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove come miglior attore è stato premiato Adam Driver, entrambi protagonisti di Hungry Hearts diretto da Saverio Costanzo. Sono segnali della rinascita del cinema italiano?
Io penso di sì. Non sarà una rinascita facile né a breve scadenza, abbiamo lasciato correre per troppo tempo. L’arte, e quindi anche il cinema, è fatta di talento ma anche (e forse soprattutto) di allenamento. Bisogna riprendere il passo, lavorare tanto e coprire il gap con le altre cinematografie che hanno galoppato più forte di noi.
"Il genio è sgobbare" diceva Giuseppe Verdi. E se lo diceva lui, genio e italiano, penso proprio che sia il caso di cominciare a sgobbare parecchio. Nel Cinema, nell’Arte, nella Scrittura. E soprattutto nella Cosa Pubblica.
Buona lettura ai miei lettori, che aspetto se vorranno dialogare con me, su twitter @charliecarla, e su facebook.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Carla Vistarini racconta il suo romanzo d’esordio “Se ho paura prendimi per mano”
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