Carola
- Autore: Barbara Garlaschelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Frassinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
Barbara Garlaschelli ha scritto un romanzo sul teatro, sugli attori girovaghi, gli “scavalcamontagne”, come venivano chiamati, sul loro mondo parallelo, povero e fantasioso. "Carola" (Frassinelli, 2013) è un libro costruito con grande sensibilità sui racconti ricevuti e sulle tante pagine lette e studiate nel tempo, riuscendo a comporre un grande affresco di un pezzo di storia italiana tra il 1905 e il 1910, e poi dopo, fino ai nostri giorni.
L’architettura del libro è rigorosa: tre grandi parti suddivise in numerosi capitoli brevi, ciascuno con il suo titolo, con tre personaggi principali quasi sempre “in scena”:
- Carola, la sedicenne protagonista,
- Leo, il ragazzino figlio di girovaghi e che si lega a lei per la vita,
- Alba, l’attrice, madre di Leo, che sarà il modello per la giovane Carola in fuga dal suo mondo miserabile.
Siamo dunque a Robecco, sul canale nei pressi di Milano, in campagna, e la giovane Carola lava i panni gettandoli in acqua. E’ una “lavandaia” pascoliana, quando la sorellina Tonietta, di appena due anni, che vive simbioticamente con lei, sparisce dal cesto in cui è adagiata. Carola intuisce che la bambina è caduta in acqua, ma non vuole ammetterlo né può pensare di tornare a casa dai genitori senza la sorellina... Comincia qui la sua fuga che la condurrà per anni fuori dal mondo che aveva conosciuto fino ad allora: il primo e determinante incontro è con un ragazzino sporco e afasico, Leo, che si lega immediatamente a lei chiedendole di seguirlo:
“La realtà era semplice: eravamo noi due, soli, schiacciati da un cielo azzurro e impietoso”.
Carola si affida così a questa insolita guida che l’accompagna presso la cascina e il carro dove vive e lavora la compagnia Meravigli, una famiglia di teatranti poverissimi, ma completamente immersi nella finzione scenica, nella recitazione, nella falsità delle parole del teatro. Leo è figlio di Alba, la primadonna della compagnia, ma finge di non saper parlare, per non essere costretto a recitare. Solo con Carola si confida, ama solo lei e sua madre, e questo sarà per sempre.
Carola, pur se solo tollerata dal gruppo, capisce presto che
“Quello era il posto in cui volevo essere. Un posto in cui tutto sembrava vero, ma non lo era”.
La follia che serpeggia nel promiscuo gruppo di attori, i rapporti ambigui e dolorosi, i tradimenti, le bugie, convincono Carola a seguire Alba e Leo, quando questi decidono di lasciare i Meravigli per unirsi ad un’altra compagnia che lavora alla periferia di Magenta. Il capocomico Luca Beltrami aveva avuto una relazione con Alba e ora accoglie di nuovo lei, suo figlio e Carola dalle mani bellissime, che nel frattempo è divenuta una brava costumista teatrale ed è in grado di guadagnarsi la vita. Oltre ad Alba, che recita per i villeggianti in ruoli sempre più ambiziosi, addirittura è Nora in una memorabile replica di “Casa di Bambola”, anche Leo accetta di salire sul palcoscenico e mostra ben presto un talento originale ed inatteso. L’amore per Carola si manifesta in modo sempre più evidente, anche se lei non lo prende sul serio, fino a che un episodio violento porta Leo a ferire la stessa Carola per non vederla nelle braccia di un giovane aristocratico, mecenate della compagnia. Le loro strade si dividono e Carola prima raggiunge Milano, dove lavora come sarta, e infine accetta di seguire Giulio, un ingegnere che, innamorato di lei, la porta a Parigi.
L’ultima parte del romanzo, molto fascinosa, si svolge proprio nelle vie parigine all’epoca della Belle Epoque. Artisti squattrinati, gli amati lungosenna, i bistrot, gli abiti alla moda: Carola vive dapprima con Giulio e, dopo la sua morte nella Prima guerra mondiale, con due amici francesi che subiscono il fascino della misteriosa sartina italiana. Gran finale a sorpresa, che non rivelo.
Ho letto e riletto interi capitoli del libro: Carola parla in prima persona, per gli altri personaggi l’autrice ha scelto la terza persona; questa cifra stilistica ci consente di seguire i diversi punti di vista, di guardare la realtà da differenti prospettive, di vedere con una lente di ingrandimento piccoli episodi, particolari che sembrano ininfluenti ma si rivelano decisivi per la costruzione dei caratteri dei personaggi e per le atmosfere nelle quali vengono immersi. L’acqua, ad esempio, è il leitmotiv di tutto il romanzo:
- l’acqua che trascina via Tonietta,
- l’acqua del canale dove Carola crede di sentire la voce della sorellina che la chiama e non la dimentica,
- l’acqua sotto i ponti della Senna,
- l’acqua in cui Carola è tentata di gettarsi nei momenti di disperazione.
Oltre all’elemento liquido e trasparente, troviamo la potenza delle parole, i testi teatrali conosciuti a memoria da tutti, le entrate, le battute tante volte ripetute, i repertori sempre ripresi, Giacosa, Ibsen, ma anche i romanzi e le loro parole preziose, Stevenson, Balzac, Dumas….
“Carola” è un romanzo che ci racconta molto dell’autrice e delle sue passioni: la tesi di laurea del ’90 che trattava proprio del teatro nella Milano all’inizio secolo scorso è stato il primo passo in questo lungo viaggio attraverso tempi, luoghi, affetti, che tutti insieme costituiscono la profonda sostanza umana di questo libro pieno di interiorità, di sensibilità nei confronti di famiglie non sempre convenzionali, di una cultura mai accademica, di relazioni umane insolite ma sempre piene di pathos e di sostanza. Sembra di vedere i carri che trasportano fondali, costumi raffazzonati, scarpe, mobili, oggetti che costituiscono le uniche ricchezze dei nostri teatranti.
Durante tutte le stagioni, con ogni clima, su carri antiquati e traballanti, le compagnie si spostano da un paese all’altro, per portare sorrisi e distrazione in una società depauperata, ignorante, affaticata da una routine giornaliera sempre uguale.
“Nei miei ricordi il teatro è sempre stato la mia vita. Proprio la stessa cosa. Non ne ho mai conosciuta un’altra. Io, i miei fratelli e gli altri bambini della compagnia – che ne avessimo voglia o no – venivamo utilizzati per fare le parti dei più piccoli negli spettacoli. Eravamo così tanti…Una folla che viveva insieme ogni minuto, ogni ora , ogni giorno. E ogni notte. Facevamo tutto insieme. Dormire, mangiare, lavarsi, recitare.”
Queste sono le parole che la scrittrice attribuisce ad Alba, che sintetizza in modo efficace la vita del teatro. Ora come allora, per chi ama il teatro la vita è piena di sacrifici e di sconfitte, ma salire sul palcoscenico appare l’unico motivo per cui l’esistenza vale la pena di essere vissuta. E il libro ce lo racconta con grande sensibilità.
Carola
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