Charter in delirio! Un esperimento con i versi
- Autore: Emily Dickinson
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2016
Può esistere una relazione, e quanto feconda o stimolante, tra la poesia e l’intelligenza artificiale? Già da anni e con diversi esiti, si sono tentati esperimenti in proposito, costruendo programmi in cui i computer producevano versi automatici, in forme apertissime e sperimentali o secondo una metrica rigorosa e classica. Versi senza anima, si diceva, meccanici, random, ridicoli: ma già qualche critico ha teorizzato un futuro robotico per la poesia, indipendente dalla creazione e dalla sensibilità umana. La casa editrice Elliot ha proposto recentemente un interessante esperimento in questa direzione (Charter in delirio!), sottoponendo a un traduttore automatico la versione dall’inglese all’italiano di alcune poesie di Emily Dickinson.
Così la più misteriosa e indagata poetessa americana dell’ottocento ha visto i suoi versi - sospesi, metaforici, ellittici, allusivi - inesorabilmente alterati da un implacabile “meccanismo di traslazione linguistica e semantica”, come scrive nella postfazione la nota traduttrice Martina Testa, la quale si interroga, e ci interroga, sui risultati che un’operazione del genere può ottenere quando venga applicata non più ad esigenze pratiche, di lavoro o turismo, ma a testi letterari di valore.
Risultati sconcertanti e comici, ovviamente. Gli errori che un computer compie di fronte alla versione poetica in un’altra lingua sono essenzialmente di travisamento della funzione grammaticale o sintattica di sostantivi-verbi-attributi-preposizioni, di non riconoscimento dei soggetti o dei tempi verbali, di fraintendimenti lessicali, di modernizzazione di termini desueti, o volgarizzazioni di espressioni poetiche.
Così, “They may make the trifle / Termed mortality!”, diventa “possono prendere la zuppa inglese / definita mortalità!”, oppure “I only sigh, - no vehicle / Bears me along that way” produce “ho solo un sospiro, - nessun veicolo / mi orsi lungo quella strada”. E improvvisamente nella poesia della morigerata Emily compaiono voli charter, bandiere gay, siti web, campionati di calcio, patrimoni netti, scanner, peluche, ecstasy in una fantasmagorica attualizzazione dell’eleganza arcaica.
Eppure eppure, qualcosa di involontariamente poetico rimane in questo micidiale e disanimato congegno traduttorio, qualche immagine evocativa, un accostamento originale, una combinazione oltraggiosamente destabilizzante.
Marzia Grillo nella prefazione saluta con ironica partecipazione questo
“linguaggio nuovo, al quale non siamo abituati e che non subiamo passivamente: è la nostra stessa lingua ma piena di ombre e lacune, dubbi e abbagli, sviste divertenti e in fondo accattivanti”.
E Martina Testa ci ricorda che
“le parole sono in grado di smontare e rimontare interi mondi”.
Resta a noi lettori la possibilità di guardare oltre, divertendoci, ponendoci domande, e magari di voler tornare a leggere, in originale, i versi immortali di una grande poetessa.
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