Spesso sui manuali scolastici di letteratura il nome di Madame de Staël fa un’apparizione fugace: a lei dobbiamo la scoperta del movimento tedesco dello Sturm und Drang, letteralmente “tempesta e assalto”, che darà avvio al Romanticismo.
Colpisce il suo titolo nobiliare, il cognome affilato, altisonante, e soprattutto il fatto che fosse una donna, nello specifico una baronessa, a gestire uno dei salotti intellettuali più stimati e acclamati di Parigi.
Il suo nome di battesimo era Anne-Louise Germaine Necker ed era la figlia di Jacques Necker, ministro delle finanze del re di Francia Luigi XVI.
Ora la conosciamo prettamente con il cognome a causa del suo matrimonio con il barone svedese Erik Magnus de Staël-Holstein, ambasciatore di Svezia a Parigi; con il nome da sposata Anne-Louise intraprese la sua carriera letteraria.
Fu una scrittrice prolifica e tra le sue opere più famose troviamo resoconti dei suoi viaggi, tra cui ricordiamo De l’Allemagne (1810) (Della Germania, Ndr) considerata il suo capolavoro con cui l’autrice auspicava di svelare l’essenza della Germania alla Francia ancora chiusa in un rigido conservatorismo: la Staël considerava inoltre la cultura tedesca superiore a quella francese, il che per l’epoca rappresentava una vera eresia. A causa delle sue idee rivoluzionarie fu costretta all’esilio da Napoleone che mal tollerava il suo amore per la Germania - ma soprattutto le sue idee liberali - e fece sequestrare e distruggere ogni copia della sua opera.
Era un’intellettuale raffinata e una critica sferzante che non temeva di esprimere le proprie idee. Fu il suo saggio Sulla maniera e utilità delle traduzioni, arrivato in Italia nel 1816 grazie alla traduzione di Pietro Giordani, a creare scalpore e determinare un momento di rottura con il classicismo. Da quella crepa iniziava a filtrare un vento nuovo che si sarebbe fatto portatore di nuovi ideali: soffiava nelle menti e nei cuori la rivoluzione dello “Sturm und Drang”, dell’ideale romantico.
Ma chi era Madame de Staël? Scopriamone la vita e le opere.
Madame de Staël: la vita
Era nata a Parigi nel 1766, figlia del banchiere Jacques Necker di origini svizzere. La madre era Suzanne Curchod, un’intellettuale formatasi sulla base della filosofia e degli ideali liberali. Durante gli anni trascorsi in Svizzera, a Losanna, gestiva un salotto letterario frequentato da grandi personalità del mondo della cultura e della scienza, quali Georges-Louis Leclerc conte di Buffon, Marmontel, Edward Gibbon, l’abate Raynal, François de la Harpe.
Suzanne educò la figlia anche nelle letture: quando Anne aveva soli dodici anni le faceva leggere classici e autori di filosofia, come Montesquieu e Rousseau.
Una volta sposata con il barone de Staël-Holstein, Anne Louise replicò l’idea materna a Parigi, in Rue du Bac, dove radunò un circolo culturale cui partecipavano i maggiori intellettuali dell’epoca. Poco dopo il matrimonio, con il nome di Madame de Staël, pubblicò la sua prima opera Lettere sugli scritti di Jean-Jacques Rousseau, un saggio critico sull’opera di Rousseau che era sempre stata la sua primaria fonte di ispirazione.
La vita di Madame de Staël risentì fortemente delle tensioni politiche del proprio tempo. Sulla Francia spiravano venti di Rivoluzione che la nobildonna, cresciuta secondo il liberalismo più sfrenato, non tardò ad accogliere ergendosi a musa della Monarchia costituzionale e attirandosi così parecchi nemici.
Nel periodo più oscuro del Terrore, nel 1792, Madame de Staël fu costretta a fuggire da Parigi: temeva di vedere anche la propria testa sulla ghigliottina. Si rifugiò con il marito in Svizzera, a Coppet, dove già viveva il padre, e replicò con successo la formula del suo salotto letterario accogliendo tra gli altri Schiller e Goethe. Il clima del Terrore è narrato nel suo importante romanzo Delphine, in cui viene narrata la violenza, gli arresti e il terribile destino riservato alla nobiltà francese di cui la stessa baronessa faceva parte.
Nei suoi saggi l’intellettuale illuminata formulò una teoria interessante, secondo cui la Rivoluzione francese non era un evento casuale, ma fu il risultato generato da secoli di dispotismo e di negazione dei diritti e delle libertà dei singoli individui. Fu la prima a intuire il filo rosso che univa la Rivoluzione al Terrore giacobino e alla conseguente dittatura napoleonica.
Il governo di Napoleone rappresentò una nuova minaccia per Madame de Staël. Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1802, l’indipendenza della donna veniva avvertita sempre più come una minaccia dalle autorità che intuivano nel suo sfrenato liberalismo una scintilla esplosiva che covava sotto la cenere.
Il matrimonio con il Barone non era mai stato felice, nonostante le avesse dato quattro figli e, dopo la morte di Erik Magnus de Staël-Holstein, la baronessa si impegnò a scrivere lunghi pamphlet e invettive contro l’usanza antiquata dei matrimoni combinati. In netto anticipo sul proprio tempo fu tra le prime autrici a parlare delle miserie della condizione femminile e della misoginia imperante. Alcune sue frasi risuonano incredibilmente moderne e audacemente progressiste per la sua epoca:
Non dovrebbe ogni donna, proprio come ogni uomo, seguire la propria inclinazione e i propri talenti?
Ritrovò l’amore accanto allo scrittore e politico Benjamin Constant, che si vociferava fosse già da tempo il suo amante. Al fianco di Constant, Madame de Stael compì numerosi viaggi in Germania, in Austria, in Russia, in Svezia. Sul conto dello scrittore non va taciuta una faccenda fondamentale: Benjamin Constant era tra i principali oppositori del regime napoleonico - e Madame de Staël non era da meno.
Madame de Staël e l’ostilità di Napoleone
Dapprincipio Napoleone cercò di ingraziarsi il favore della nobildonna, in cui coglieva un importante alleato per la propria propaganda politica. Ma, quando fu invitata a corte, Madame de Staël lasciò intuire al nuovo regnante tutto il proprio disprezzo. Credeva che Napoleone non avesse doti intellettuali e, per esercitare il suo controllo, si avvalesse solo di una potente leadership:
Napoleone non è solo un uomo, è un sistema. Bisogna quindi vederlo come un grande problema.
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Lo definì uno “spietato tiranno” e rifiutò categoricamente di collaborare con lui. La sua inclemente opinione su Napoleone è riportata nera su bianco nel saggio Considerazioni sui principali avvenimenti della Rivoluzione francese.
Tutto ciò le valse la fama di essere “la donna più temuta da Napoleone” che prima censurò le sue opere e, in seguito, la condannò all’esilio ad almeno 150 chilometri da Parigi. Madame de Staël si rifugiò in Germania e poi, in seguito alla morte del padre, fece della tenuta paterna in Svizzera la sua nuova dimora.
La sua guerra silenziosa al regime napoleonico non si placava e la baronessa scelse un’arma singolare per combatterla: la punta acuminata della sua penna. Nel dicembre 1804, dopo un soggiorno in Italia, scrisse Corinne, ou l’Italie (1807) in cui faceva l’inventario dei beni culturali italiani saccheggiati da Napoleone e dal suo esercito. Il libro narrava le vicende della poetessa italo-inglese Corinna che, durante un viaggio in Italia sul finire del Settecento, si innamora di Lord Nelvil. Il sentimento sbocciato tra i due è destinato a finire tragicamente, ma la vera protagonista del romanzo di Staël è l’Italia, con i suoi paesaggi, i suoi usi e costumi e l’autrice impronta l’intera narrazione su un tono prettamente politico.
Anni dopo, nel 1810, il trattato più importante di Staël, il saggio De l’Allemagne, fu perseguitato dallo stesso Napoleone che ne impedì la pubblicazione in Francia e fece distruggere le oltre duemila copie stampate a Parigi e già pronte per essere vendute. L’opera più famosa della baronessa sarebbe stata pubblicata soltanto tre anni dopo a Londra, nel 1813.
La polemica classico-romantica di Madame de Staël
Nella sua dimora svizzera, frequentata da scrittori del calibro di Stendhal, Madame de Staël plasmava il pensiero della moderna Europa.
Nel maggio 1814, quando Napoleone era in esilio all’isola d’Elba, la baronessa poté fare ritorno a Parigi e riaprire le porte del suo celeberrimo salotto. Iniziò un periodo turbolento e discontinuo: quando Napoleone tornò in Francia, nel 1815, Staël fuggì di nuovo, salvo poi ritornare. Nel frattempo la sua salute si aggravava e, colpita da un male incurabile, la baronessa fece lunghi viaggi in Italia per sottoporsi alle cure consigliate dai medici.
Un anno prima di morire, nel 1816, Madame de Staël scrisse per la Biblioteca italiana l’articolo rivoluzionario Sur la manière et l’utilité des traductions (Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni, Ndr), in cui sosteneva la necessità di tradurre i capolavori letterari nelle diverse lingue europee e di rinnovare la letteratura italiana con l’apporto delle letterature straniere. Nell’articolo, che suscitò forti reazioni, Staël sosteneva che i letterati italiani dovessero distaccarsi dalla mitologia greco-romana e abbracciare la nuova letteratura europea. La baronessa non utilizzava parole miti: definiva gli intellettuali italiani come degli eruditi che andavano continuamente “razzolando nelle antiche ceneri, per trovarvi forse qualche granello di oro”. Queste parole non furono particolarmente gradite ai nostri, in particolare suscitarono le ire di Giacomo Leopardi e Vincenzo Monti. Il saggio di Staël fu tradotto in italiano, tra l’altro, proprio da un letterato caro a Leopardi, Pietro Giordani, che non esitò a rispondere con toni accesi alle critiche dell’intellettuale francese. Secondo Giordani l’apertura alle letterature straniere contemporanee avrebbe condotto la cultura a un progressivo imbarbarimento. Il dibattito si sarebbe protratto per un decennio dopo la morte di Madame de Staël, il che ci dà l’esatta misura della sua visione lungimirante: la baronessa aveva intuito un futuro ormai prossimo.
Nel 1818 Giacomo Leopardi avrebbe risposto alla baronessa con il celebre Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, in cui si opponeva saldamente alla divulgazione di una nuova poesia lontana dalle “favole degli antichi”. Secondo Leopardi la traduzione delle opere di letteratura straniera avrebbe segnato l’ingresso di argomenti truci quali barbare uccisioni, streghe, spettri e atroci orrori in una poesia che invece ancora celebrava la bellezza e la leggedria della natura. Il futuro poeta dell’Infinito muoveva i primi passi nel dibattito estetico e assisteva, senza saperlo, alla nascita della poesia romantica.
La stella di Madame de Staël si avviava verso il tramonto; ma la trasformazione delle lettere e delle arti, lo “sturm und drang” da lei profetizzato, era appena cominciato.
Morì a Parigi il 13 luglio 1817, una data quasi rivoluzionaria.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Madame de Staël, la rivoluzionaria del Romanticismo
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