Chi ha costruito il Muro di Berlino? La guerra come menzogna
- Autore: Giulietto Chiesa
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Pensiamo a quello che i media occidentali non dicono, oppure dicono con retorica funzionale all’addomesticamento delle masse. Alle nostre stereotipate geografie, le ricorrenze della caduta del Muro di Berlino (decennale, ventennale, trentennale...) sono celebrate con fede antistorica e anticomunista. Eccitati dal sangue del nemico nullificato dal trionfo del liberismo, ci si concentra sulla reiterata litania di luoghi comuni: la città schizofrenica, divisa in due; il patetismo dei transfughi; il numero dei fuggiaschi uccisi dai Vopo; il mito della caverna realizzato, i cittadini di Berlino Est come cavie; la libertà (di consumare) agognata e finalmente raggiunta dai tedeschi orientali, e via reiterando senza variazioni sul tema, in obbligo alla narrazione orientata occidentale. Inutile dire che lo smantellamento del Muro andrebbe affrontato in maniera più spessa, non trascurando cioè il contesto storico e gli snodi geopolitici dettati dal suo collasso.
Di qua e di là della barriera di difesa antifascista (Antifaschistischer Schutzwall) si fronteggiavano di fatto due ordini differenti di guardare e costruire la Storia. Due diversi macro-sistemi elaborativi di vita e politica. Due ipotesi. Due antitesi. Due antinomie. Il Muro di Berlino (1961-1989) distingueva insomma ideali e ontologie, separava due blocchi, due superpotenze, separava persone, Bene (USA) e Male (URSS), tenuto conto della parzialità di quest’ultima asserzione in quanto Bene e Male dipendevano dalla parte da cui guardavi il Muro e guardavi al futuro. La precettistica occidentale con cui si osanna la caduta del Muro tende, al suo solito, a una narrazione univoca dei fatti ignorando la Storia, e ciò che il Muro di Berlino meta-significava, in primo luogo come elemento equilibratore delle politiche mondiali.
Giulietto Chiesa (1940-2020) è stato un inviato senza paraocchi. Avendo lavorato come corrispondente da Mosca per vent’anni (1980-2020), varrebbe la pena prendere sul serio ciò che nel tempo ha scritto e pubblicato. La nuova edizione di Chi ha costruito il Muro di Berlino? La guerra come menzogna, da poco uscita per Meltemi (con la prefazione di Giorgio Bianchi) si offre, per esempio, come occasione per affrontare in modo inedito la “questione berlinese” (che è stata in primo luogo questione di forze in campo, orientali e occidentali) e ciò che è conseguito dalla dismissione del Muro. Senza giri di parole, così si esprime Giulietto Chiesa in apertura del suo libro:
Il Muro costituisce la metafora e la sintesi dell’intera Guerra fredda. È uno dei principali fondamenti della sconfitta definitiva del socialismo reale, di fronte alla straordinaria capacità affabulatrice del capitalismo nella sua fase matura. Ma il Muro segna anche, al tempo stesso, l’inizio della manipolazione di massa, in forme completamente nuove rispetto al passato, e il mutamento radicale delle stesse forme della competizione geopolitica.
A giudizio di chi scrive questo significa scrivere guardando oltre il partito preso e la superficie della politica. Ancora più avanti:
Oggi, a trent’anni dalla caduta del Muro, possiamo già intravvedere, pronosticare, il baccanale delle celebrazioni di quella vittoria. È già avvenuto nel decennale e nel ventennale, ma il terzo decennio dal crollo di quel cemento sarà – si può scommettere – di qualche ordine di grandezza superiore. C’è una ragione precisa per questo innalzamento del volume delle trombe che suoneranno a tutto spiano: tanta più enfasi sarà data all’evento, quanto più serio è oggi il pericolo di una qualche revisione della narrazione. Troppi sono i sintomi di una grande crisi all’orizzonte, interamente nata dentro l’Occidente vittorioso, perché li si possa cancellare o annebbiare con la propaganda. Bisognerà dunque che gli esegeti ‘enfatizzino i fasti’ di quel trionfo proprio per sommergere sul nascere ogni tentativo, seppure ipotetico, di contrastarlo.
È tipico dell’evangelizzazione capitalistica occidentale: concentrarsi sulla fenomenologia mostruosa del nemico per distogliere l’attenzione dalle proprie deformità. Soffermarsi sull’evidenza tralasciando le cause. Per esempio: qualcuno degli entusiasti apologeti della caduta del Muro si è interrogato sui motivi - palesi e sottesi - della sua costruzione? La pubblicistica sull’argomento è corposa ma in nessun caso tenta di pervenire a quei motivi. Bilanciato com’è sulla Storia e le ragioni della Storia, Chi ha costruito il Muro di Berlino? chiarisce con sottile intelligenza parte della genesi subdola dell’Antifaschistischer Schutzwall.
In realtà un ‘perché?’ fu definito, una volta per tutte, già nel discorso di Kennedy (a Berlino, il 26 giugno 1963 nei pressi della Porta di Brandeburgo, ndr). Fu una definizione compiutamente tautologica. Esso, il Muro, era il ritratto stesso dell’Impero del Male. Non c’era altro ‘perché?’ che non fosse la declinazione di quel Male. Innanzitutto si doveva dimostrare, al di là di ogni possibile dubbio, che il Muro nasceva interno di quel Male. Ne era la rappresentazione plastica. Era la conseguenza del Male, con tutte le sue mostruose implicazioni. Si sarebbe dunque dovuto parlare - possibilmente all’infinito, e proprio questo avvenne - solo dei corollari del postulato iniziale. Si sarebbe dovuto, per ciò, dare conto, dettagliatamente, dello stillicidio delle vittime tra coloro che cercavano di fuggirne; raccontare le loro storie, le loro sofferenze. Descrivere la lunghezza del Muro, l’assurdità delle sue curve, i materiali con cui venne costruito. Illustrare, con dovizia di particolari, le vicissitudini strane, per molti versi allucinanti, della sua edificazione. Fornire a lettori e spettatori le ricostruzioni delle “cime abissali” di moltiplicantisi nequizie, che bisognava quasi sempre indovinare, o immaginare, occultate com’erano dalla segretezza che avviluppava impenetrabilmente l’altra parte del Muro.
Nessuno nega la funerea immanenza del Muro sulla Berlino divisa, ma la faziosità superficiale con cui si è declinata – e si declina – la fiumana occidentale di articoli, saggi e speciali tv sull’argomento infastidisce e preoccupa parimenti.
Uno sterminato serbatoio propagandistico che ha nutrito la ‘globalizzazione stupida’ in cui tutti viviamo da trent’anni
a detta di Giulietto Chiesa. Avercene ancora di giornalisti come lui.
Il suo Chi ha costruito il Muro di Berlino? La guerra come menzogna individua e si sofferma sulle ragioni che sottendono alla storia del Muro, alcune delle quali spiegano parte del nostro ignominioso presente. Sfido chiunque a rintracciare sull’argomento un saggio più equanime e disallineato.
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