Chi ha paura dei classici?
- Autore: Enrico Terrinoni
- Genere: Classici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
I classici vivono in un silenzio latente, ma se li citiamo li possiamo riportare in vita. Un frase che parrebbe intenzionale per i nostri tempi, sui libri beni primari e necessari, sulla crisi dell’editoria e la mancanza di lettori: ma il tema che esaminerà il nostro autore devia da questi interrogativi sia pure di drammatica attualità. Un classico quando è celato e poi ricordato, dimenticato e poi riportato in luce, sarà un testo che riuscirà a parlare al futuro.
“Il classico è quello che sarà e non quello che è stato, può morire e rinascere dalle sue ceneri.”
Enrico Terrinoni spiega in questo suo interessantissimo e brillante saggio Chi ha paura dei classici? (Cronopio Edizioni, 2020) quanto un classico possa avere in sé idee libertarie, visioni di democrazia, passato e futuro, sogni e ricordi. Perché il ricordare è riscrivere, come era per Yeats.
"Il classico consente di inabissarsi in labirinti in cui il realismo sa negarsi"; la scrittura sfugge alla letteratura e si immerge nell’ignoto, evidenzia il nostro autore. Un classico è sapersi riconfigurare nello spazio e nel tempo:
“L’odissea di una mente in cerca di vie di fughe, nella certezza che ogni passo avanti è anche un passo indietro.”
La parola “classico” identifica sia un libro che un’idea e molti dei testi che il nostro autore considera classici sono di scrittori irlandesi.
“Un luogo geografico, esistenziale, dell’anima... un’isola che ha sfornato classici tra i più importanti della letteratura mondiale, da Joyce a Beckett, da Swift a Wilde, da Shaw a Yeats, a Heaney."
Enrico Terrinoni, docente di Letteratura Inglese presso l’Università di Perugia, è uno dei più importanti traduttori e conoscitore delle opere di Joyce e autore di numerosi saggi, tra cui Irlanda. Un romanzo incompiuto. Il suo è un amore profondo per l’Irlanda, per una "terra violentata, sottomessa, eppure mai doma"; è accaduto anche a me, quando da adolescente le letture di autori irlandesi mi "accesero un fuoco" che non si è più spento. I classici indicano gli spazi dell’infinito, in cui la nostra mente continuerà a perdersi per sempre e proprio come i classici, l’Irlanda, scrive Terrinoni, è un "unfinished business", in tutta la sua incompleta completezza, il simbolo dell’infinitudine.
“Non c’è dubbio, l’Irlanda è quasi sempre donna negli scenari del mito, nelle rivisitazioni storiche [...]. L’Irlanda è poi donna perché inarrivabile, collocata sempre in un altrove che è meta di viaggi infiniti, viaggi non ancora pensati.”
L’Ulisse di Joyce, il classico dei classici, scritto per il lettore comune usciva a puntate ed era il racconto di una giornata, della città di Dublino e del suo universo. Nella stesura lo scrittore irlandese si confrontava di continuo con lo spettro dell’autore da lui amato, Shakespeare, un modello a tutto tondo interessato a ogni aspetto della vita e dell’ignoto. Come l’esistenza, scrive Joyce, anche il romanzo è un affare complesso, che deve essere vero e non ingannevole. In seguito, Ulysses è stato uno dei libri che tutti avrebbero voluto leggere, anche senza averne una voglia reale, appuntò Twain, ma va ricordato che insieme a Finnegans Wake, che uscì nel 1939, sono classici sopravvissuti alla guerra, a Hitler. Come Una pinta di inchiostro irlandese, la cui pubblicazione infastidì il Fuhrer, rivelato poi dallo stesso autore Flann O’ Brien (Vita dura).
Entrambi gli scrittori, Joyce e O’Brien, per la loro identità, l’ossessione per Dublino e l’ironica irrealtà, sono considerati fautori di una letteratura realistica divenuta fantastica. La natura segreta di un classico è questa, parlare di sé per poi sfuggire, sfuggire sempre. È successo a Shakespeare, a Joyce e allo statunitense Thomas Wolfe, autore di Foglie d’America. E Terrinoni conclude con Oscar Wilde, autore classico della letteratura irlandese e della letteratura inglese e che per la sua Irishness e la sua caratteriale ironia finì "per mettere alla berlina la cultura britannica fingendo di rispettarne le regole". L’ingrediente chiave quindi in un testo classico è l’invito a pensare, a mettere in movimento i pensieri, il divenire.
"Il classico è una sfera di pensiero ancor non pensato, uno specchio che riflette, una scala appoggiata alla parete della prigione."
Un saggio argomentativo notevole, che non manca di approfondire e raccontare quanta democrazia e accoglienza siano racchiuse nelle pagine di un classico: "l’accoglienza è insita nella democraticità del leggere". Libri che esisteranno in più paesi del mondo, tradotti in numerose lingue, letti e amati in differenti stagioni storiche. Chi ha paura dei classici? Il timore per il passato narrato diviene presente e futuro; nei classici si racconta la politica, la conoscenza, l’esistenza, la giustizia sociale, la scoperta. Sono libri immortali e varrà sempre la pena conoscerli e comprenderli.
Chi ha paura dei classici?
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