Chirú
- Autore: Michela Murgia
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
Attesissimo il nuovo romanzo di Michela Murgia, dopo il grande successo di Accabadora.
Pagine bellissime, grande qualità di scrittura, profondo coinvolgimento emotivo caratterizzano molta parte di Chirú, l’ultimo libro della scrittrice sarda, che ha scelto di cimentarsi con un tema difficile, quello del rapporto che si insatura tra maestro e allievo, in questo caso tra Eleonora, attrice di teatro quasi quarantenne, e il diciottenne Chirú, un bel ragazzo cagliaritano, che studia al Conservatorio e si sta specializzando nel violino.
Eleonora è una single che viene da difficili esperienze familiari: un padre violento da cui la madre si è separata faticosamente, una femminilità costruita su tabù, repressioni, paure, un matrimonio sbagliato, durato pochi mesi, varie relazioni costruite su rapidi incontri sessuali, la maternità volutamente negata. La sua competenza di attrice, la sua cultura e la voglia di trasmetterla le hanno suggerito l’idea di prendere degli allievi, da “affiancare”, da instradare, da incoraggiare. Dopo tre esperienze precedenti, una delle quali conclusa in modo drammatico, ecco comparire Chirú, con il quale la maestra stabilisce un rapporto subito intimo, fatto di scambi profondi, di sguardi che indagano, di incontri densi di emozioni. C’è un momento in cui la maestra accompagna il ragazzo dal miglior sarto di Cagliari, il signor Frongia, maestro di taglio e depositario di un magazzino si stoffe raffinatissime: ecco scorrere di fronte al ragazzo in felpa e jeans morbidi velluti, gabardine, lane pettinate, cachemire tre fili, il trionfo del vestire da alto borghesi, come si conviene ad un aspirante musicista che forse dovrà esibirsi nei grandi teatri.
Malgrado l’ostilità mostrata dai genitori di Chirú, Eleonora si intestardisce a voler seguire la formazione culturale ed umana del ragazzo. Lo porta con sé a feste importanti, in cui si aggirano produttori, musicisti, personaggi della casta degli intellettuali di potere, dove incontrano Martin Von Lothringen, un raffinato d’orchestra svedese, che avrà un ruolo importante nella seconda parte del romanzo. Eleonora lo incontra di nuovo durante la sua tourné a Stoccolma, a cui seguirà la trasferta della compagnia a Praga, a Firenze. Ma il rapporto con Chirú è diventato troppo intimo e l’attrice con grande dolore è costretta ad interromperlo.
Un finale imprevedibile per questo romanzo, pieno com’è di divagazioni sul passato, sul rapporto difficilissimo con il padre, con la madre ammalata, con l’ex compagno che vive a Roma, forse anche con se stessa.
Malgrado pagine intense e di grande suggestione, non ho capito fino in fondo la motivazione del rapporto di dipendenza che il personaggio di Eleonora stabilisce con i suoi allievi: un surrogato di maternità? Un desiderio di sedurre chi sembra troppo fragile? Un rapporto psicologico di possesso di giovani in fase di crescita? L’insicurezza della propria identità femminile, data da un rapporto distorto col padre ormai scomparso, anzi morto, come precisa la stessa Eleonora?
Tante ambiguità in questo romanzo, privo di una vera trama, tutto proteso verso luoghi diversi, dalla Sardegna amata a Roma, Torino, dalla gelida Stoccolma a Praga, dall’amore sognato a quello costruito, in un’alternanza di registri comunicativi, che mettono insieme Mozart e Coltrane, Ibsen e Brecht, la festa del patrono e i grandi palcoscenici europei.
Ho preferito Accabadora a questo libro che mi appare non del tutto riuscito nel suo insieme, malgrado la qualità letteraria assolutamente alta di tante delle sue pagine, soprattutto quelle dedicate alla madre morente, che si rifiuta di vedere la figlia.
Eleonora allora le porterà un uovo ogni settimana, lasciandolo fuori della porta di casa:
“Su ogni uovo che le portavo c’erano scritte la paura, la speranza e le parole di colpa e di perdono che avrei voluto sentirle dire e invece le dicevo io. C’era qualcosa di dissoluto nello scriverle su un guscio che di lì a poche ore si sarebbe rotto sul bordo di una padella. Immaginavo la sua mano sporcarsi di matita mentre lo teneva per leggermi prima di romperlo… o forse non lo leggeva affatto”
Chirú
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