“Ciascuno cresce solo se sognato”, la frase è spesso riproposta o citata singolarmente sotto forma di aforisma, in realtà si tratta dell’ultimo verso di una bella poesia del poeta e sociologo Danilo Dolci (1924-1997) che fece di questo pensiero la propria regola di vita e la formula alla base del proprio lavoro educativo.
La lezione di Danilo Dolci ci propone, sottoforma di poesia, un’importante riflessione sul ruolo dell’insegnamento e sul significato profondo del verbo “insegnare”. Oggi questa parola appare quasi desueta, viviamo in una società in cui l’insegnamento, purtroppo, non viene più concepito come un valore né come una risorsa e persino il valore dell’apprendimento viene svalutato.
In questi versi Dolci, invece, ripropone lo stretto nesso tra apprendimento e crescita personale, dimostrando come le due azioni in fondo coincidano. Le nostre conoscenze contribuiscono a renderci le persone che siamo; ma non siamo fatti solo di puro apprendimento, di nozioni e manuali imparati a memoria, vi è nella conoscenza un valore più profondo che non è dissociabile dalla persona e, soprattutto, da un senso di umanità condivisa. Danilo Dolci, nella propria visione dell’insegnamento, include la prospettiva della crescita personale e individuale, dimostrando che ogni allievo è un’identità non ripetibile e deve essere considerata come tale. Il tutto si concentra sull’evidenza dell’ultimo, celebre, verso di Dolci che pone l’enfasi proprio sul termine “ciascuno”, ovvero sulla singolarità. Il rimando al “sogno” che, infine, può apparire fuori in luogo in ambito pedagogico ha invece un significato importante: è un elogio alla creatività e all’intuito personale, ma anche un rimando all’effetto Pigmalione, quindi al fatto che un bravo insegnante modella e migliora l’allievo senza porsi in conflitto con le sue naturali inclinazioni. L’invito del poeta-sociologo era quindi porre al centro del processo educativo quel “ciascuno” e a non considerare una classe come un gregge di pecore da guidare o come animali da ammaestrare per uno spettacolo.
In un mondo in cui si sta perdendo il valore dell’individualità, a favore di un “conformismo” inquietante, i versi di Danilo Dolci ci offrono un messaggio da non sottovalutare.
Vediamone testo e significato.
“Ciascuno cresce solo se sognato” di Danilo Dolci: testo
C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
“Ciascuno cresce solo se sognato” di Danilo Dolci: analisi e significato
La struttura è fondamentale nella poesia di Danilo Dolci, composta di tre strofe che si sviluppano per tesi e antitesi. Ci sono tre modi di insegnare, nota il poeta, ma solo un modo per educare. In tal modo viene posta in evidenza una differenza fondamentale tra le due azioni pedagogiche: insegnare, infatti, non è la stessa cosa di educare. L’insegnamento presuppone una trasmissione di nozioni intellettuali, mentre l’educazione trae origine dal verbo latino educĕre, ovvero “trarre fuori”, “estrarre”, derivato da ducĕre, quindi “guidare”. Il bravo insegnante, in definitiva, è colui che educa, quindi riesce “trarre fuori” da ciascun allievo il suo miglior potenziale facendo leva su delle caratteristiche e inclinazioni già presenti in lui che, magari, devono solo essere sollecitate. Nell’educazione troviamo la fonte primigenia del vero sviluppo umano e morale, perché presuppone un dialogo, un rapporto. L’insegnamento vero, secondo Danilo Dolci, è frutto di una mediazione; non si può pretendere di insegnare imprimendo delle nozioni o delle regole nella mente dell’allievo.
“C’è chi insegna guidando”, osserva Dolci nella prima strofa, alludendo all’insegnamento puro che si basa sulla trasmissione delle nozioni dei libri e sull’imitazione; si tratta di una tecnica scorretta, ma questo il poeta non lo dice, ce lo lascia intendere, alludendo anche al fatto che ci sono allievi felici di apprendere con quel metodo.
Nella seconda strofa troviamo enunciata un’altra tecnica di insegnamento “C’è chi insegna lodando”, qui si fa riferimento all’insegnante democratico e aperto che elogia e diverte i suoi studenti, cercando così di trarre il meglio da loro. Anche questa tecnica è imperfetta e la ragione ci viene svelata nel finale, quando Danilo Dolci - dopo aver enunciato le premesse - rivela qual è il metodo pedagogico migliore: ovvero educare alla complessità, quindi senza nascondere “l’assurdo ch’è nel mondo” ma ponendosi in dialogo con esso e invitando gli allievi a fare altrettanto. Può sembrare un’utopia, ma è verità: un buon insegnante stimola il pensiero critico dell’allievo e non cerca di soffocarlo, non lo invita a imparare nozioni a memoria ma lo conduce a interrogarsi su quanto sta imparando.
Poi arriva la climax con l’affermazione:
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
Cosa significa? Che insegnare vuol dire pensare sempre al futuro, e anche avere fiducia in quel futuro. L’educazione fa parte di un processo di crescita ed è un’azione che non può essere dissociata dall’idea di un essere in divenire. Ogni allievo è “un essere in divenire”, porta con sé le proprie potenzialità e la propria piccola porzione di futuro, e deve essere considerato in quanto tale, come un germoglio che trae nutrimento dalla terra prima di sbocciare.
Nella forza del sogno e dell’immaginazione, l’autore individuava una potente risorsa educativa: essere immaginati ci dà forza e completezza, a volte la prospettiva di “poter fare una cosa” è ancora più importante dell’effettiva capacità di “saperla fare”. Danilo Dolci poneva al centro di tutto la volontà che, a ben vedere, è la più straordinaria capacità umana: un bravo insegnante deve saper stimolare quella “volontà” insita in ciascun allievo e raccontare sogni capaci di costruire il futuro. Perché il domani non è altro che un’idea, che un concetto astratto, nulla più di una possibilità tra altre mille possibilità, ma diventa reale se lo sogniamo insieme.
“Ciascuno cresce solo se sognato”: cosa significa?
Lo sguardo di chi educa deve sapersi proiettare nel futuro, concepire una realtà altra, parallela al presente: il risultato eccellente di una “buona scuola” non è lo studente modello di oggi, con bei voti in pagella e lezioni imparate a menadito, ma l’uomo di domani che dovrà vivere e rapportarsi con una società che non gli darà sempre un bacio in fronte. L’insegnante deve sapere di aver a che fare con “qualcuno che cresce” e che dunque non sarà sempre un piccolo scolaro, in una piccola aula, in un mondo senza spigoli: il suo compito è preparare quel piccolo scolaro a un mondo più vasto e complesso, immaginare l’uomo che un giorno diventerà e donargli ali forti per volare alto, anche con le correnti avverse.
Tutto questo è racchiuso nella splendida frase di Danilo Dolci: “ciascuno cresce solo se sognato”, che traduce un valore fondamentale dell’educazione e non è un’utopia, ma una verità umana. Cresciamo anche grazie alle aspettative che gli altri proiettano su di noi; non siamo fatti solo di nozioni, regole, competenze, tutto cervello, ma anche di una buona dose di fiducia, di speranza e, in fondo, anche di un’attesa che non vogliamo deludere.
Forse la domanda più bella che un insegnante possa porre a un allievo è “Qual è il tuo sogno?” e poi osservarlo, con nuovi occhi, in virtù della risposta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ciascuno cresce solo se sognato”: la poesia pedagogica di Danilo Dolci
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