Cinema, mito e filosofia
- Autore: Giuseppe Savagnone
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Un libro molto interessante, ricco di spunti e riflessioni, con in copertina la splendida foto della partita a scacchi tratta dal film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Cinema, mito e filosofia (Giuliano Ladolfi Editore, 2014) è un saggio con nel titolo una peculiare domanda sulla quale da alcuni anni filosofi e studiosi del settore si interrogano alla ricerca di una teoria: i film possono fare filosofia? o di fatto, alcuni film fanno filosofia?
Giuseppe Savagnone, siciliano, dopo aver insegnato per molti anni Storia e Filosofia nei licei, è attualmente docente di Bioetica nel Dipartimento di Giurisprudenza della Lumsa di Palermo. Editorialista del quotidiano Avvenire, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della cultura di Palermo, l’autore ha scritto numerosi saggi di carattere filosofico. Nel 2010 ha ricevuto il premio Rocco Chinnici per l’impegno nella lotta contro la mafia. Il suo saggio analizza alcuni grandi film di successo per mostrare quanto, attraverso le immagini, siano in grado di evidenziare la realtà della vita in relazione alle tematiche dell’esistenza dell’uomo e quanto il cinema sia, quindi, strettamente collegato alla filosofia. Un connubio che ha suscitato negli studiosi varie interpretazioni come l’analisi di Julio Cabrera, filosofo argentino, autore del saggio Da Aristotele a Spielberg. Capire la filosofia attraverso i film, al quale l’autore spesso si riferisce e che ha definito i concetti della filosofia tradizionale, concettidea, astratti e statici, mentre l’arte cinematografica una concettimmagine, un concetto visivo. Difatti, sostiene e dibatte il nostro autore, esiste una valenza cinematografica della filosofia.
“ Non è un caso che, alle origini della tradizione filosofica, il platonico mito della caverna descriva una situazione in cui, in un oscuro antro - la sala cinematografica! -, prendono vita delle figure proiettate sul fondo - lo schermo! -, dando l’illusione di un mondo reale e distogliendo i prigionieri dell’incantesimo - gli spettatori! - dalla ricerca di quello effettivamente esistente. “
Il tema centrale della tesi manifestata da Savagnone nel saggio è che la filosofia non debba ridursi solo al gioco delle immagini, quella che Hegel chiamava la fatica del concetto, perché in questo modo avrebbe un effetto anestetizzante sulla nostra intelligenza, ma dovrebbe piuttosto mirare alla narrazione, al mythos, vale a dire al racconto, l’elemento più importante della tragedia, come sosteneva Aristotele. Un esempio che descrive la sua deduzione è dimostrato nel film di Hitchcock La finestra sul cortile nel quale il regista, come i poeti classici tragici, unisce pietà e paura in una sola emozione chiamata suspense.
“ Nel film il pubblico prende visivamente il posto del personaggio principale in quanto vede solo quello che costui può osservare dalla finestra. In questo modo finisce per condividere le situazioni psicologiche del protagonista e vive in prima persona le sue modificazioni percettive. A causa della suspense, per esempio, nella scena in cui l’assassino rientra in casa, proprio nel momento in cui la coraggiosa fidanzata del protagonista la perquisisce alla ricerca delle prove, il tempo subisce un rallentamento che si trasforma in una durata dolorosamente vissuta e l’attesa diventa spasmodica. Lo spettatore vorrebbe gridare per avvisare Lisa che Thorwall è ormai nel corridoio e sta per aprire la porta ma è impotente, proprio come il protagonista che assiste dalla sua sedia. “
Il dinamismo della ripresa, caratteristico del cinema e che determina visuali e angolazioni, lo rende l’erede di oggi della tragedia antica. Ecco come la più perfetta macchina mitologica sia proprio il cinema e nessun’altra forma d’arte; questa ha la straordinaria capacità di raffigurare i sogni, le concezioni e gli stati d’animo delle persone ed è proprio in questo suo potere il rapporto stretto con la filosofia.
L’ipotesi che delinea l’autore è: come nel mondo classico la condition humaine richiama ai racconti tradizionali del mito, anche tra cinema e filosofia l’intermediario può essere il mito. Sulla base di queste riflessioni Savagnone indaga in alcuni film per poter cogliere un riscontro concreto: nel Il settimo sigillo e Il posto delle fragole il tema filosofico che ricorre è il senso della vita all’avvicinarsi della morte e il mito antico è quello di Gilgamesh, e così via per Matrix, Teorema di Pier Paolo Pasolini, Minority report di Spielberg, fino all’Attimo fuggente e al Il pranzo di Babette di Gabriel Axel.
Cinema, mito e filosofia è un’opera sul cinema che incontra la filosofia, sempre più relazionati in uno stretto rapporto, in un insieme di teorie, la filosofia filmica che riflette, nelle proprie complessità, la volontà alla comprensione delle tematiche universali della vita e del mondo.
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Il connubio tra poesia, arte e nello specifico il Cinema si è da sempre manifestato ed esplicitato, dal Bergman del Posto delle fragole al Leopardi delle Operette Morali. E alla settima arte in questo suo interessante lavoro l’A. dirige la sua attenzione come forma espressiva che ha al suo interno valenze di natura prettamente filosofica. Vengono passati in analisi film che sono pilastri della storia del Cinema come pure altri film spesso catalogati superficialmente come minori contengono al proprio interno significati più interiori.
Si passa dalla Passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, in cui prevale più l’aspetto filosofico che quello religioso, al pasoliniano Teorema che contiene contenuti mistici ed interreligiosi per passare poi ai più recenti e sottovalutati Minority Report e Matrix.
Pasolini aveva una grandissima sensibilità figurativa tanto che alcuni privilegiano le sue espressioni cinematografiche a quelle poetiche e di scrittore. Questo aspetto raggiunge il suo apice nella rappresentazione cinematografica del Vangelo Secondo Matteo in cui si ha un attenta esplorazione del volto umano. Il film ambientato nel Mediterraneo più interno ha certo trovato un valido supporto nell’indubbio spessore letterario”del testo evangelico. Pasolini d’altra parte mise del suo nella “fiction” cinematografica, inserendo la sua stessa genitrice nel film dandole appunto il volto della Madonna e non il volto di una giovane come nell’effige michelangiolesca.
Il visitatore di Teorema rimanda invece al primo poema epico della storia dell’umanità, poi denominato Epopea di Gilgameš. Egli sembra provenire da una sorta di Iperuranio e alcuni assimilano la sua figura a quella di Dioniso che nel film con la sua presenza scardina l’equilibrio della vita di tutti, sia i borghesi che la cameriera impersonata da Laura Betti che diviene una santa. Ma i risultati in questo caso risultano apparentemente diversi; solamente la esponente della cultura contadina, quale è la cameriera che proviene da quel mondo autentico e forte nei sentimenti recepisce il messaggio del visitatore; la splendida Silvana Mangano che interpreta il ruolo della moglie prostituisce invece il proprio corpo senza alcun ricavo.
L’A. rapporta quello che avviene in Teorema ai miti dell’antichità e alle tragedie greche come le Baccanti dove l’intervento di uno “ straniero” rompe gli schemi e modelli interni della convivenza familiare. Il suddetto intervento di un personaggio esterno unitamente a quello del viaggio, si ripropone pure in altri film quali “Il posto delle fragole”ed “Il Settimo Sigillo.
Dead Poets Society è un altro film preso in esame ed anche qui assistiamo all’arrivo di uno straniero, un” diverso” che spezza gli equilibri, in specie l’irreggimentato stuolo di studenti della sua classe ma a differenza di Teorema non è presente l’elemento socialista che si in personificava nella cameriera.
Gli studenti dell’"Attimo Fuggente" si ripiegano invece su se stessi, sembrano vivere in un mondo staccato dalla realtà essendo quello rappresentato il periodo della contestazione giovanile. L.A. riscontra in questa opera cinematografica elementi che rimandano alle tragedie di Euripide in particolare al Penteo delle Baccanti ed ai riti dionisiaci.
Matrix rimanda invece al tema filosofico dell’illusione totale dell’esistenza, al mito della caverna di Platone ed al dualismo cartesiano.