Cinque meditazioni sulla morte. Ovvero sulla vita
- Autore: Francois Cheng
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2014
In fondo è il solito discorso sulla necessità degli opposti: senza il suo contrario ogni ente perde di senso ontologico. Applicando il concetto alle questioni prime, persino a un eventuale Creatore non sarebbe dato avvalersi di alcuno statuto che non gli sia riconosciuto - o persino disconosciuto - dalla sua Creatura (Dio crea gli esseri umani per sottrarsi a un’esistenza autoreferenziale e fine a se stessa). E ancora sulla medesima scia: che cognizione avremmo della vita se non fossimo consapevoli della sua precarietà, della sua fine certa attraverso la morte? Insomma, quando il taoismo assume yin e yang come poli dialettici del ciclo naturale delle cose forse non si allontana troppo dalla verità.
Questa speculazioni spicciole (me ne rendo conto ma non faccio il filosofo), mi sono suggerite dalla lettura di un libro invece sopraffino, incentrato proprio sul tema della morte. Lo ha scritto il poeta-saggista Francois Cheng, si intitola - appunto - “Cinque meditazioni sulla morte. Ovvero sulla vita” (Bollati Boringhieri, 2014. Traduzione dal francese di Chiara Tartarini) e propone di sovvertire la prospettiva con cui si è soliti inquadrare la (nostra) Fine: solo muovendo da una diversa accezione di quest’ultima si può infatti apprezzare fino in fondo la sacralità dell’esistente, assaporarne il bello alla luce della sua caducità.
A sostegno di questo rovesciamento di prospettiva, vengono in soccorso - nel libro di Cheng - tanto i topos della filosofia orientale quanto le suggestioni poetiche di Rainer Maria Rilke (“Il doppio regno”).
Attraverso le parole di Cheng:
“Noialtri, che rifiutiamo ogni forma di nichilismo, lo confessiamo; diciamo sì all’ordine della vita. E così, in un cero senso, indipendentemente dalla nostra educazione e dalle nostre convinzioni, ci ricolleghiamo all’intuizione del Tao. La Via, il gigantesco cammino orientato dell’universo vivente, ci dimostra che un Soffio di vita, a partire dal Niente, ha fatto avvenire il Tutto. Come il materialista, per il quale "non c’è niente", anche noi in effetti parliamo del Niente, ma questo Niente significa il Tutto. Così, per riprendere l’espressione di Lao Tzu, il padre del taoismo, possiamo dire che ‘ciò che è proviene da ciò che non è, e ciò che non contiene ciò che è’.”
Il saggio è acuto e attrae sulla scorta dei grandi temi morali, religiosi, filosofici (dalla presenza del bello e del creato a quella del male) che solleva e affronta trasversalmente alla speculazione filosofica. Insistendo anche - spesso - sulla parola metafisica dei poeti (Rilke in primo luogo ma anche Rimbaud, Shelley, Pierre Seghers e se stesso, tutta la quinta riflessione è praticamente in versi), con una semplicità di taglio che evidenzia dalla prima pagina fino all’ultima.
Una nota, infine, sulla massima cinese che lo stesso Francois Cheng ha calligrafato in copertina: “La vita genera la vita, senza fine”, recita testualmente, e in un libro che si sofferma sulla morte mi pare possa leggersi come un ossimoro apparente, sul quale vale però la pena cominciare a riflettere.
Cinque meditazioni sulla morte ovvero sulla vita
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