Nel periodo estivo delle vacanze è più facile trovare spazio per la lettura. "La Repubblica" ha inaugurato una collana di libri dedicati ai classici greci, ancora in corso di pubblicazione. Il primo volume della lista, in edicola lo scorso maggio, era dedicato all’immortale Omero. Il volume si intitola Omero e i poemi epici ed è di Giuseppe Zanetto, accademico all’Università Statale di Milano, con prefazione di Andrea Marcolongo.
Omero e i poemi epici: il racconto orale di un tempo mitico
È un libro dotto ma di facile lettura, in cui si evidenzia il decadimento della civiltà micenea, già splendida e dominatrice del mare Mediterraneo e dell’Ego, appartenente all’età del bronzo, con il suo massimo fulgore nel 1200 a.C.
La società era organizzata in monarchie dal potere assoluto, e anche nei poemi omerici Odisseo e Agamennone re di Micene sono tali, circondati da un consiglio di principi. Per motivi ancora non chiariti la civiltà micenea scompare, i sontuosi palazzi vengono abbandonati.
Dopo secoli oscuri abbiamo il Rinascimento greco, iniziato nell’VIII secolo: è l’età del ferro, caratterizzata dalle città stato governate da un’oligarchia, il panellenismo. Nell’età arcaica rapsodi e aedi a corte, nella sala del trono, cantavano le gesta della stirpe e degli eroi. I poemi omerici sono arcaici e presentano le caratteristiche di quei tempi mitici, quando la cultura veniva trasmessa oralmente. Gli artisti apportavano ai testi modifiche e invenzioni a seconda della situazione del momento.
Omero è il grande genio che raccoglie in migliaia di versi esametri lo scontro decennale tra Greci e Troiani (grazie all’uso del papiro appreso dagli Egiziani) con la caduta di Troia e il ritorno periglioso di Odisseo a Itaca, il suo regno. Il racconto è magistrale e favolistico, fondante la civiltà occidentale, portatore di valori etici eterni. Scrive l’autore:
“Omero è un manuale di teologia, geografia, liturgia, tecnologia.”
La questione omerica
L’Iliade e l’Odissea sono testi metastorici. Non è possibile fissarne la datazione, come rimane sempre aperta la "questione omerica": quando nacque Omero, e dove? Nel decimo secolo a.C. o nell’ottavo? A Chio o a Smirne? È secondario. Il vate è lui stesso mito nel mito. Esistono ben sette versioni della sua vita. Zanetto privilegia quella di Erodoto, secondo il quale il poeta nasce a Smirne nell’ottavo secolo da padre sconosciuto. La madre trova l’amore, un maestro di lettere e musica che la sposa e adotta il bambino. Dal padre adottivo Omero eredita la professione di aedo, ha una vita raminga e difficile, sempre dipendente da mecenati. Giunto a Itaca, il ricco Mentore gli narra la storia di Troia. Tornato a Smirne, Omero acquista fama e ricchezza e può sposarsi. Diviene cieco. Muore a Ilo.
Nel XIX secolo l’archeologo geniale Schliemann scopre Troia. La città venne ripetutamente distrutta e ricostruita nel corso del tempo e presenta ben otto strati di costruzione. L’errore di Schliemann sta nell’attribuire i manufatti preziosi e le tombe sontuose al mondo greco posteriore delle città stato, mentre invece:
“In Omero i morti venivano cremati e non si fa cenno alle grandiose tombe a tholos dell’epoca. La burocrazia di palazzo è assente, mentre abbiamo visto come presso i Micenei fosse invalso l’uso di una scrittura sillabica, a questo scopo. Una certa distanza si registra poi tra i palazzi in cui vivono i capi militari dei due poemi - privi di decorazioni, con pavimenti di terra pressata, è il caso di quello di Odisseo - e le regge di Micene, Cnosso, Pilo o Tebe, in cui le pareti erano dipinte ad affresco e i pavimenti realizzati in pietra.”
L’Iliade e l’Odissea
L’Iliade è un poema guerresco. Morire in battaglia è un onore. La ferocia è ammessa come pure la vendetta, ma la grandezza del testo sta nella scoperta della pietà. L’"ira funesta" di Achille, definita "adolescenziale" da Zanetto, si placa non per aver ottenuto soddisfazione da Agamennone e aver vendicato la morte dell’amico Patroclo, ma per una vera conversione del suo animo, paradigma della maturazione dell’intera umanità. Riesce a dare ascolto alle preghiere del vecchio Priamo e restituisce al padre il corpo martoriato del figlio Ettore affinché abbia degna sepoltura. Le lacrime di Andromaca, "la dolente", moglie dell’eroe troiano, sono catartiche, poiché la vita, nonostante la crudeltà, deve continuare.
Troia era lo snodo commerciale opulento tra est e ovest. Ciò che in realtà i Greci espansionisti bramavano era il tesoro di Priamo. Lo racconta magistralmente Luciano De Crescenzo nel suo romanzo Elena, Elena, amore mio.
Su tutto e tutti, uomini e dèi, domina il fato, superiore al volere di Zeus. La Moira è irremovibile e non può essere influenzata. Lo ricorda Ettore ad Andromaca:
“Non affliggerti troppo per me: non sarà facile per i nemici uccidermi. Ma la Moira, lo sai, nessun mortale può evitarla, né coraggioso né vile, una volta che sia nato.”
Anche Achille sa di dover morire, lo profetizza Teti, sua madre divina.
Conosciamo molto bene l’Odissea per tutte le versioni che ne sono state date, anche teatrali e televisive. L’eroe carico di ricchezze con 12 navi riparte dalla Troade per la sua patria, ma la persecuzione di Poseidone gli farà perdere tutto. La ninfa Calypso lo tiene prigioniero del suo amore nell’isola di Ogigia e gli promette l’immortalità se deciderà di restare con lui. Odisseo, il "vivitore" come significa il suo nome — conosce e sperimenta tutti gli aspetti della vita — rifiuta. È un concilio degli dèi a ordinare a Calypso di lasciarlo andare. Il poema è prototipo di resilienza, dalla caduta alla risalita. Nell’isola dei Feaci Odisseo arriva nudo e solo, le navi sono distrutte e i compagni tutti morti. La desolazione è totale. Il suo racconto commuove il re Alcinoo che lo ricopre di doni. Con una nuova nave l’eroe raggiunge Itaca, uccide i Proci con il tiro possente del suo arco e riconquista regno, la moglie fedele Penelope e l’amore del figlio, messosi alla sua ricerca.
L’epica è un "nostos", il ritorno, un cerchio in cui tutto si rinnova. Giovanni Pascoli in una poesia poco conosciuta, L’ultimo viaggio (sta nei Poemi conviviali), non citata da Zanetto, dà una versione differente sulla fine di Odisseo. Pascoli lo fa tornare a Ogigia dove muore tra le braccia di Calypso, mai dimenticata.
La stesura definitiva dei poemi, quella che conosciamo e studiamo a scuola, risale ai filologi di Alessandria, dal terzo secolo a.C. in poi.
Anche Aristotele aveva sistemato i canti, preparati per il suo discepolo maggiore, Alessandro Magno, destinato a ellenizzare il mondo antico, fino a noi. Siamo tutti figli di Omero.
La serie dedicata ai grandi autori della Grecia antica è in edicola ogni settimana fino al 22 settembre.
L’elenco dei titoli in corso di pubblicazione è disponibile qui.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I classici greci in edicola: continuano le uscite con la Repubblica
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