Com’è giusto che sia
- Autore: Marina Di Guardo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2017
Marina Di Guardo, novarese di nascita e cremonese d’adozione, non ha mai scritto un “romance” fine a se stesso. Senza nulla togliere alla categoria, e per sua stessa ammissione, ella è sempre stata attratta dall’introspezione dei personaggi, che nei suoi libri ha cercato di analizzare nel particolare, partendo da traumi del passato, spesso responsabili di scelte sbagliate. Dopo un’iniziale sterzata nel mondo del “noir”, la scrittrice è approdata al thriller; un genere difficile, poiché richiede credibilità e che ogni tassello, alla fine, vada al giusto posto. A tal proposito, dal gennaio 2017 è nelle librerie il suo ultimo romanzo “Com’è giusto che sia”, edito da Mondadori.
È il grido di una donna che non ci sta a vedere tanta violenza nel mondo, consapevole che a farne le spese sia sempre il genere femminile; mogli e madri indifese, vittime di ogni sorta di sopruso. Marina Di Guardo dà idealmente voce alla sua protagonista, la ventiduenne Dalia, studentessa milanese di medicina e, al tempo stesso, volontaria in un centro antiviolenza che offre supporto alle donne. Dalia è vittima di un passato doloroso, che a sua volta ha visto la madre Maria subire immani violenze e perdere giorno dopo giorno il contatto con la realtà, chiudendosi in una sorta di apatia assoluta, da cui non c’è ritorno. Dalia ha dovuto così crescere in fretta, divenendo la “madre di sua madre”, lasciando alla donna poche responsabilità, fra le quali il suo lavoro di portinaia per una famiglia altolocata, nel cui stabile madre e figlia vivono da sole. Ma Dalia è fuoco sotto la cenere, e cova da tempo la sua vendetta. Pianifica di uccidere tutti gli uomini che, in qualche modo, hanno maltrattato o infastidito chi ama, trasformandosi in una sorta di
“angelo della morte”
con quel suo quaderno con la tigre in copertina, su cui annota tutto in maniera minuziosa. A ciascuno quel che si merita, com’è giusto che sia.
L’autrice è consapevole che Dalia non sia un esempio edificante da imitare, ma in un Paese come il nostro, dove la legge purtroppo pare avere parecchie lacune, ella ha avuto il coraggio di dare forma ad una storia non convenzionale. Laddove uno scrittore tende ad identificarsi nel suo protagonista, e per questo lo vorrebbe sempre bello e buono, qui troviamo un eroe negativo, è vero, ma con tutte le motivazioni che lo hanno portato a farsi giustizia da sé.
Mentre è al cinema col barista Alessandro, uno dei protagonisti della storia, Dalia avverte che il momento è giunto, e un film di Truffault, La sposa in nero, sarà il segnale che attende per agire.
“Oltre la sete di giustizia, c’era la percezione del piacere. Nemmeno troppo nascosta. Piacere dell’attesa, della sofferenza inflitta, del potere su un altro essere umano. Potere di vita e di morte. Come un angelo sterminatore.”
Lo stile di Marina Di Guardo è cinematografico, fatto di frasi brevi. Per questo, è evocativo e induce a leggere l’opera tutta d’un fiato. Una prosa che procede per similitudini, dove l’autrice ha un particolare riguardo per le descrizioni dei luoghi, e riesce ad infondere quel senso di diffidenza, per non dire odio, che Dalia prova nei confronti del genere maschile. Quell’“alito putrescente”, una definizione che ricorre spesso nel testo, pone un’attenzione ossessiva all’analisi dei denti del carnefice di turno, che serve all’autrice per infondere il conseguente senso di repulsione, quasi se la bocca fosse un tramite fra un dentro e un fuori che è parallelo e coincide.
Non manca un poliziotto che indaga sui misfatti, in sinergia con la sua squadra, e poi, un po’ più alla “vecchia maniera”, consultandosi col padre, come nei telefilm anni Settanta di Ellery Queen. “Com’è giusto che sia” è un thriller ricco di risvolti, e non si risolve con le uccisioni, in stile giustiziere, di Dalia. C’è una storia nella storia, che mette alla prova il lettore. E sento di affermare che questo romanzo, che Marina Di Guardo dedica alla madre, abbia per finale proprio il suo punto di forza.
Com'è giusto che sia
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