Come la penso
- Autore: Andrea Camilleri
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2013
Alcune cose che ho dentro la testa
In "Come la penso" (Chiarelettere, 2013), libro che raccoglie testi scritti in occasioni e anni diversi, Andrea Camilleri con una schiettezza disarmante parla di sé e del suo mondo creativo con un linguaggio a lui congeniale: quello che s’accosta di molto all’oralità popolare del contastorie.
Dalla lettura della “Nota editoriale” apprendiamo che l’operetta risulta organizzata in varie sezioni che vanno dall’autobiografia alla narrativa, dalla ricostruzione storica alla riflessione saggistica e letteraria con l’introduzione di due saggi brevi di cui uno scritto per “La Repubblica” ("Perché scrivo").
Il senso della scrittura
- si caratterizza come tramite generazionale (“Scrivo perché posso dedicare i libri ai miei nipoti”)
- si nutre di memoria legata alla microstoria tinteggiata d’affetti (“Scrivo perché così mi ricordo di tutte le persone che ho amato”),
- come gusto di raccontare (“Scrivo perché mi piace raccontare storie”),
- come testimonianza delle letture fatte (“Scrivo per restituire qualcosa di tutto quello che ho letto”).
Su questo sfondo egli sviluppa un discorso in cui si sofferma a considerare inganni ripetuti, contraddizioni, demistificazioni di uno spaccato sociale colti attraverso il filtro della ragione. Sul versante autobiografico sono momenti dolcissimi quelli dei ricordi scolastici da cui affiora, tra i banchi di scuola, la prima relazione con una compagna di cui non saprà cosa le avesse scritto in bigliettini nascosti all’interno del vocobalario. C’è anche il bambino che rievoca le “serenate” annodantesi con la descrizione fatta ne “Il casellante”. Da giovane, subito dopo un’incursione aerea, si rivede conversare, dinanzi al Tempio della Concordia, con Robert Capa:
“come tutti i grandi artisti non solo rappresentava il presente, ma sapeva, contestualmente, consegnarcene una memoria eternamente viva e pulsante”.
Poiché le conoscenze si formavano, allora come ora, anche al cinema, così rievoca i film del periodo fascista, le pellicole degli americani che, assieme ai dischi jazz e alle grandi orchestre, diffondevano il gusto d’una nuova cultura.
“E quello che conta”, afferma, “è l’effetto di risonanza, l’attitudine al coinvolgimento e all’immedesimazione determinati dall’immagine”.
Dicendosi “uno scrittore italiano nato in Sicilia”, cita il Pirandello de "I vecchi e i giovani" e ripropone la convinzione sulle speranze tradite nel periodo post-risorgimentale: motivo a cui si ispirano i suoi romanzi storici.
In seguito, utilizzando un’adeguata documentazione, passa in rassegna il fenomeno del separatismo siciliano in cui confluì la gran maggioranza degli agrari, nonché la mafia rurale e contadina. Ad ampio raggio, dunque, gli argomenti raccolti da una scrittura che empaticamente li scruta, spinta dalla passione civile e letteraria. Ne viene fuori una cronaca dove il racconto non appartiene solamente alla sfera privata sotto le forme degli incontri o del ricordo, ma si apre alla comprensione dell’enigma della società.
In sintesi, l’esplorazione del passato è funzionale al presente: al disinganno e alle possibili speranze di rinascita. Ipotizzando l’idea d’un romanzo storico che vorrebbe scrivere a partire dall’epoca fascista ai recenti e tragici fatti del popolo greco reso affamato dalla politica monetaria dei grandi banchieri, ritrova, nell’ambito d’una crescente sfiducia, ideali profondi e condivisi:
“Questa dovrebbe essere la conclusione del romanzo. Ma mi auguro che i miei nipoti questa conclusione possano non leggerla in un romanzo, ma realizzarla e viverla”.
Come la penso
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