Tra i tanti amanti della fantascienza, sono sempre più numerosi gli aspiranti scrittori che sognano di entrare in questo mondo e scrivere un romanzo di Science Fiction.
Abbiamo intervistato Francesco Verso, che ci racconta il suo viaggio nel mondo della scrittura e lascia qualche consiglio.
Buongiorno e grazie per il tempo che hai deciso di dedicare a SoloLibri.net
- Iniziamo dalla tua biografia: come si passa da una laurea in Economia alla scrittura?
È stato un processo lento e faticoso, durato circa 4 anni, e composto di due romanzi scritti durante le pause dal lavoro, un paio di corsi di scrittura, un altro per redattore editoriale e uno stage in casa editrice prima di fare il grande salto nel buio dell’editoria, sia da scrittore che da editor. La laurea in Economia e Commercio mi è servita poco, fatta eccezione forse per l’approccio progettuale al lavoro, dato che il mestiere di scrittore in Italia è ancora visto come un lavoro di concetto e “ispirato” mentre invece richiede anche molte conoscenze tecniche, pratiche e organizzative, soprattutto negli ultimi anni con la trasformazione in atto da un’editoria tradizionale (sia in termini di scrittura che come distribuzione e marketing) a una ibrida, e sempre più digitale.
- Apparentemente la fantascienza sembra un genere molto lontano dall’attualità. Puoi spiegarci come nasce un libro di fantascienza, quali sono le tematiche principali che sviluppi e in che modo la fantascienza riesce a parlare della nostra realtà?
Mai fidarsi delle apparenze allora… perché in realtà la fantascienza parla d’attualità. È un filtro narrativo, un “trucco” che alcuni scrittori utilizzano appunto perché la realtà è la realtà, e non si può cambiare facilmente. Invece osservare il presente da un altro punto di vista – da un futuro più o meno prossimo – aiuta a far emergere con più chiarezza – ma mai in maniera futuristicamente perfetta – i contorni di ciò che sta succedendo o magari è già successo senza che nessuno se ne sia accorto. I temi dei miei romanzi sono gli stessi della letteratura; la fantascienza non è diversa da qualsiasi altra forma di trasmissione di senso: sarebbe come chiedere a un jazzista che tipo di musica suona? Usa note diverse? Usa altri accordi e scale? La risposta è facile.
Resta il fatto di indagare qualcosa di sconosciuto, di esplorare una possibilità altra in modo da renderla verosimile e tanto vera da sembrare una ricostruzione storica o una romanzo di attualità. E quindi si ricorre alle ultime tendenze scientifiche, si estrapolano nuovi paradigmi sociali e si accentuano le conseguenze di una trovata narrativa (che sia tecnologia, economia, o antropologia poco conta) per gettare luce su un aspetto della condizione umana o addirittura del mondo. Se conoscere il passato è utile per capire il presente, immaginare il futuro lo è altrettanto per migliorare il presente.
- Per scrivere un libro di fantascienza occorre anche una preparazione specifica riguardo alla tecnologia e alle innovazioni scientifiche? In che modo ricerchi informazioni di questo genere e come le riutilizzi nei tuoi testi?
In realtà la preparazione occorre per qualsiasi cosa si scriva. Ovvio che trattando di invenzioni e tecnologie inesistenti la cura nella ricerca di informazioni attendibili tende a essere più difficile e complessa. Tuttavia la fantascienza non utilizza solo le discipline matematiche per costruire trame e mondi possibili: fantascienza può essere l’impatto di una nuova legge sulla privacy dei cittadini, l’uso o meno di certe smartdrugs sul lavoro, l’applicazione di codici bioetici per il ricorso all’ibernazione assistita o ancora il ricorso ad androidi senzienti per scopi sessuali. In genera, io individuo uno o più temi, una serie di personaggi e una scaletta di eventi. Quindi lascio decantare il progetto e – per sei mesi e fino a un anno – faccio molte ricerche sul web, raccolgo libri che sono già stati scritti sul tema e, se possibile, faccio sopralluoghi e costruisco una cartella di appunti di riferimenti incrociati. Solo alla fine mi metto a scrivere – di solito in un periodo di pochi mesi – avendo l’impianto narrativo già pronto. Diciamo che lavoro “a strappi” con lunghe marce forzate di avvicinamento e intense accelerazioni. È il modo in cui lavoro io, non necessariamente il migliore. Poi c’è la fase di riscrittura e di editing, che svolgo insieme a un editor, il quale mi aiuta ad individuare eventuali errori nella tenuta narrativa, riscrivere personaggi che non funzionano, e correggere sviste di varia natura. Questo processo può andare da pochi mesi a un anno e più, a seconda di quanti romanzi si stanno scrivendo in contemporanea.
- In Livido la caratterizzazione dei personaggi e la loro vicenda sembra assumere un ruolo sempre più importante, si tratta di un versante prolifico su cui continuerai a canalizzare le tue energie?
Senza personaggi non c’è storia. Sono le loro azioni, i loro drammi e loro comportamenti a creare tensione narrativa. La ricetta del romanzo perfetto non esiste, ma se posso dire una cosa sulla sua stesura è che l’ingrediente principale va trovato nei personaggi e nelle relazioni che li legano. In e-Doll e Livido i personaggi ruotavano attorno al nucleo di una famiglia. In BloodBusters e nei Camminatori i rapporti si fondano su legami di gruppo. Ciò che fa funzionare una storia è il magnetismo dei personaggi, è quello che – insieme al tema e alla trama – i lettori ricordano meglio perché è da lì che scaturisce il coinvolgimento e quindi l’immedesimazione. Come dice Michel de Certeau: i “lettori sono viaggiatori; si muovono attraverso terre che appartengono a qualcun altro, come nomadi che cacciano di frodo in campi non scritti da loro, rubando le ricchezze d’Egitto per godersele.” Nei personaggi che amiamo o che odiamo spesso rivediamo noi stessi e ci nutriamo di loro per capire qualcosa di noi stessi.
- Il tema ambientale e quello dei rifiuti fanno pensare a Don DeLillo. Quali sono gli scrittori, contemporanei e non, a cui ti senti più vicino e per i quali nutri maggiore ammirazione?
Su tutti - e sono tanti - Frank Herbert per avermi iniziato alla fantascienza ecologica e sociologica e poi William Gibson per aver scritto quella pietra miliare della fantascienza moderna che è la Trilogia dello Sprawl. Oggi la mia riconoscenza va a Ian McDonald i cui affreschi psicogeografici sono degni della migliore letteratura, alle taglienti analisi sociali di Michel Houellebecq e a quel visionario tessitore di deliri contemporanei che è Chuck Palahniuk.
- Puoi fornirci qualche indiscrezione sui testi su cui stai lavorando attualmente?
L’anno scorso ho finito di scrivere BloodBusters (una storia grottesca di sangue ed evasori ematoriali) mentre quest’anno ho scritto i Pulldogs, il primo di due libri (il secondo si chiamerà No/Mad/Land) che costituiscono il romanzo i Camminatori. Conto di finire la seconda parte entro il 2015: la storia ruota attorno all’invenzione dei naniti – nanomacchine dotate di intelligenza artificiale – e la conseguente sostituzione del cibo tradizionale. Il romanzo segue le vicende di un gruppo di persone – i Pulldogs – che grazie ai naniti, al 3D printing e al cloud computing abbandonano la vita in città per intraprendere un percorso di contro-urbanizzazione tornando a popolare siti abbandonati attraverso una sorta di “nomadismo tecnologico” del XXI secolo.
Poi tra un mese uscirà il mio primo romanzo in inglese, traduzione di Livido, per la casa editrice australiana Xoum, e quindi dovrò seguire il lancio del libro nella speranza che venga accolto bene.
Infine sto rimettendo mano a un vecchio racconto – Flush – per farne sia un romanzo che una sceneggiatura, dopo essere diventato un’installazione audiovideo. Qui la storia ruota attorno al Flush, una droga molto ambigua che genera il silenzio totale, e a un’azienda la R.U.More? che gestisce la personalizzazione sonora di qualsiasi apparecchio elettronico di uso quotidiano.
- Puoi parlarci del progetto Future Fiction Factory e del tuo recente impegno nella crossmedialità? Più in generale credi che la letteratura trarrà dei vantaggi dalla contaminazione con altri generi di narrazioni oppure webserie e oggetti 3D e adattamenti teatrali sono una moda estemporanea, una dimensione social di cui la letteratura, nel nostro tempo, non può fare a meno?
Sì, accanto alla scrittura, ho lanciato il progetto Future Fiction insieme al mio socio madrilegno Francesco Mantovani. Future Fiction vuole dare voce a storie provenienti da geografie diverse (spesso non di lingua inglese) e farle vivere su numerosi media: ebook, cortometraggi, webserie, performance teatrali, installazioni e video arte.
Siamo partiti con autori come l’americano James Patrick Kelly, il greco Michalis Manolios, l’italiana Clelia Farris e il rumeno Cristian Teodorescu, ma presto avremo voci provenienti dall’Alaska come David Marusek, dall’Irlanda del Nord come Ian McDonald, dalla Nigeria come Efe Okogu e dall’Inghilterra come Paul McAuley.
Credo molto nella crossmedialità, penso che la contaminazione sia una ricchezza, una specie di “biodiversità narrativa” che – se fatta bene – può diffondere “memi” culturali in maniera più efficace e pervasiva contribuendo a rendere una storia molte storie, seppure derivanti da un unico seme. La dimensione “social” di molti aspetti della realtà non è un male in sé, forse spaventa la scala del fenomeno (tra “big data” e neutralità della rete c’è poco da stare tranquilli), ma alla base resta una forma d’interazione tra persone, almeno finché il fine resta quello dell’arricchimento culturale e non quello dello sfruttamento commerciale come spesso avviene.
In pratica la Future Fiction Factory è un gruppo di lavoro composto da artisti di varie estrazioni che collaborano per trasformare alcune storie in sceneggiature (Flush insieme alla New Media Agency BCAA, adattamenti teatrali (La Casa di Bernardo con Katiuscia Magliarisi e Chiara Condrò), oltre che installazioni di motion-capture e proiezioni in tempo reale.
- Che consigli daresti a un giovane che aspira a diventare uno scrittore di science fiction?
Leggere, innanzi tutto e poi leggere ancora: qualche centinaio di romanzi e di racconti prima di scrivere una sola parola. Leggere i maestri del passato (dalla Golden Age alla New Wave e al Cyberpunk) e quelli che saranno i maestri del futuro, scrittori tra i 20 e i 40 anni, per capire dove sta andando il genere e chi ne sarà il prossimo protagonista. Per quanto riguarda la scrittura, occorre documentarsi bene e a fondo perché se un tempo la distanza culturale tra uno scrittore e i suoi lettori poteva essere molto grande – e di solito lo era – lo stesso non vale più oggigiorno dove la Rete e in generale un maggiore accesso all’istruzione e alle informazioni ha riequilibrato questo divario a favore dei lettori, che possono (e spesso si divertono) a smascherare ogni possibile “falla” o incongruenza nel testo.
- Grazie per la collaborazione!
Grazie a voi per l’ospitalità!
Chi è Francesco Verso?
Francesco Verso è nato a Bologna nel 1973 e ha compiuto studi di Economia e Commercio, indirizzo ambientale, all’Università degli studi Roma Tre. La sua carriera inizia in IBM, divisione PC dove rimane fino al 2005, per poi passare alla multinazionale cinese Lenovo, nei successivi tre anni.
Anche se scrive a tempo pieno dal 2008, Francesco Verso ha iniziato già dal 1996, anno in cui pubblica prima alcune poesie e poi il romanzo Antidoti umani, finalista al Premio Urania Mondadori nel 2004. Nel 2009 vince il premio Urania con e-Doll, il suo secondo romanzo.
Nel 2010 ha completato Livido e i racconti Flush, Novanta Centesimi, Sogno di un futuro di mezza estate, Due mondi e La morte in diretta di Fernando Morales. Nel 2012 ha scritto il romanzo BloodBusters e iniziato I Camminatori. Nello stesso anno, ha vinto il premio Odissea della Delos Books con Livido (in uscita per l’editore australiano Xoum con il titolo di Livid, ad agosto 2014).
Insieme alla performer Katiuscia Magliarisi, all’attrice Chiara Condrò e al musicista Simone de Filippis, cura lo spettacolo di fantascienza teatrale The Milky Way – A show on diversity quite unlike itself.
Francesco Verso collabora anche con la BCAA New Media Agency per lo sviluppo, in forma di installazione e lungometraggio, del racconto Flush e nel 2014 ha fondato, l’etichetta Future Fiction, una collana di Deleyva Editore, che dirige insieme a Francesco Mantovani e in cui svolge funzioni di scout, editor, traduttore e publisher.
Recentemente ha profuso il suo impegno nella Future Fiction Factory, un gruppo di lavoro sinergico per l’adattamento crossmediale dalla forma scritta ad altri tipi di narrazione e viceversa: webserie, installazioni dal vivo, performance teatrali, video-mapping e oggetti stampati in 3D.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Come scrivere un romanzo di fantascienza? Intervista a Francesco Verso
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