Come un fiore ribelle
- Autore: Jamie Ford
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2013
“William Eng fu svegliato dallo schiocco di una cinghia di pelle e dal cigolio delle molle arrugginite sotto il materasso logoro del suo letto, uno di quelli scartati dall’esercito.”
1934. Seattle, Stato di Washington, USA. Il dodicenne era l’unico bambino cinese dell’Orfanotrofio del Sacro Cuore gestito con sguardo d’acciaio e con pugno di ferro da Suor Briganti, direttrice dell’Istituto. Come da consuetudine il 24 settembre era giorno di festa per tutti gli orfanelli su iniziativa di Suor Briganti, la quale aveva scelto come data di compleanno dei bambini il giorno dell’elezione a pontefice di Leone XIII. Un compleanno collettivo da celebrarsi con un viaggio in tram da Laurelhurst a Seattle, dove i ragazzini avrebbero ricevuto qualche spicciolo da spendere in dolciumi prima di essere portati a vedere un film sonoro al Moore Theatre sulla Seconda Avenue.
William non vedeva sua madre da cinque lunghi anni “sua madre era come un fantasma, riusciva a vederla ma non poteva afferrarla”. Anzi le suore gli avevano comunicato che la sua adorata ah-ma era presumibilmente morta in manicomio dopo il tentato suicidio, che era stato la causa dell’allontanamento del bambino dalla madre. William non aveva, quindi, più nessuna aspettativa, giacché il piccolo provato dalla verità impietosa preferiva la malinconia a nauseanti alti e bassi di speranze e delusioni inevitabili.
“Una famiglia bianca non mi vorrebbe e dubito che anche una famiglia cinese adotterebbe un bambino così sfortunato. Nessuno verrà mai a prendermi”
Questo aveva confidato William alla sua amica Charlotte. All’interno di quell’imponente edificio a quattro piani, che era “una benevola, amorevole prigione adorna di fiori”, la maggior parte dei bambini non erano veri orfani, perché da qualche parte là fuori c’erano ancora una madre o un padre. Ovunque fossero non erano stati in grado di accudire i propri figli.
Considerato che le vedute panoramiche dello stretto di Puget e del lago Washington erano l’unico accesso a Seattle che gli orfani avevano a loro disposizione, l’uscita pomeridiana del 24 settembre era una delle poche finestre per vedere il mondo concesse ai giovani ospiti del Sacro Cuore.
“Per i bambini tristi e soli è difficile svegliarsi dai sogni felici.”
Durante lo spettacolo al Moore Theatre una nuova artista cinese dalla voce suadente aveva iniziato a cantare Dream a Little Dream of Me fissando la cinepresa con occhio malinconico. La cantante era stata presentata come Willow Frost ma William con gli occhi spalancati per lo stupore era convinto di aver già visto quella donna. Non poteva essere la sua immaginazione e non stava sognando ad occhi aperti. Un tempo William aveva conosciuto Willow Frost con un altro nome, per i suoi vicini di Chinatown era Liu Song, ma lui la chiamava semplicemente ah – ma.
“Perché Willow Frost è molte cose: una cantante, una ballerina, una star del cinema. Ma, prima di tutto, Willow Frost è mia madre.”
Charlotte, deliziosa bambina non vedente e dai capelli rossi gli aveva detto “credere non è vedere, credere è sentire” e William sentiva che Willow Frost, talento locale cresciuto nello Stato di Washington nella Chinatown di Seattle che aveva avuto successo a Hollywood, era sua madre. Mentre guardava fuori dalle finestre dell’Istituto osservando l’autunno che si adagiava sul Sacro Cuore come una coperta di foglie di magnolia bagnate, l’orfano, “da ragazzino cinese che aveva sempre lottato per trovare il proprio posto”, sapeva di non appartenere più all’Orfanotrofio. Insieme a Charlotte, che guardava il mondo solo attraverso la sua immaginazione che doveva essere migliore della vita reale, William avrebbe cercato di scoprire per quale motivo una madre aveva abbandonato suo figlio.
“Non abbiamo niente, nessuno dei due, e nessuno ci vuole.”
Come un fiore ribelle (titolo originale del volume Songs of Willow Frost) è il nuovo romanzo di un autore di talento che possiede la capacità di trattare e descrivere temi nei quali è protagonista l’amore in tutte le sue manifestazioni. Se nel precedente volume, il bestseller Il gusto proibito dello zenzero, lo scrittore (cresciuto presso il quartiere cinese di Seattle e discendente da uno dei pionieri delle miniere del Nevada emigrato nel 1865 dalla Cina a San Francisco) aveva descritto la storia di una tenera amicizia che diventa un innocente e impossibile amore capace di sfidare il tempo, in questo nuovo romanzo Ford narra quel sentimento dalla forza indissolubile che lega una madre alla propria creatura.
Non solo “la potente storia di due anime che tocca le nostre emozioni più vere e profonde”, come ha scritto The Bookseller, ma anche la rievocazione di una delle pagine più problematiche della storia degli USA: la Grande depressione dei primi anni del XX Secolo verificatasi in seguito alla grave crisi economica causata dal giovedì nero del 1929. Nelle vie delle maggiori città degli States come accade a William e a Charlotte non era raro incontrare uomini che marciavano in corteo protestando contro la mancanza di lavoro chiedendo migliori condizioni di vita.
“Gli uomini alla testa del corteo portavano grossi striscioni dipinti su cui si leggeva: VOGLIAMO CONTRIBUTI ECONOMICI-VOGLIAMO PIÙ CALORIE E MENO VERMI NELLE RAZIONI-VOGLIAMO POSTI DI LAVORO.”
Evidentemente i positivi effetti del New Deal (piano di riforme economiche e sociali promosse dal Presidente americano Franklin Delano Roosevelt tra il 1933 e il 1937 allo scopo di risollevare il Grande Paese dagli effetti della Grande depressione) erano ancora lontani.
“Cercarono di camminare in direzione opposta alla marea di uomini in marcia, ma erano come pesci che cercavano invano di nuotare controcorrente.”
Nelle note finali l’autore chiarisce che il personaggio di Willow è un amalgama di belle fattezze animato dal dolore, dalla sofferenza e dai sacrifici di altri: “di mia madre”, “della mia nonna cinese e persino della famosa attrice Anna May Wong, che a Hollywood trovò il successo ma mai l’amore”. La storia di William invece non è unica. Durante la Grande depressione migliaia di bambini furono affidati a luoghi simili all’Orfanotrofio del Sacro Cuore da genitori indigenti che promisero loro di tornare a prenderli, promessa il più delle volte vana.
“Tuttavia in questo paesaggio in rovina, consumato e nero come la pece, una luce squarciava il buio, nel senso letterale del termine. Era la neonata industria cinematografica, che ancora non si era insediata a Hollywood”.
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