Con l’obbligo di Sanremo
- Autore: Maurizio Bettini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2013
Come ogni anno, la fatidica data dell’inizio del Festival di Sanremo si avvicina: anzi, il conto alla rovescia è già iniziato. È stato probabilmente per questo che, scorrendo lo sguardo sulle pile di libri da leggere che circondano la mia scrivania, ho scelto questo breve scritto “Con l’obbligo di Sanremo” (Einaudi, 2013), a metà fra il romanzo e il reportage, che già da quella parola “obbligo” inserita nel titolo rende chiare le proprie intenzioni.
La storia scritta da Maurizio Bettini è estremamente semplice: il protagonista, dopo anni di lavoro al servizio del Soprastante Generale della Cultura, ottiene una vacanza di otto giorni, ma con l’obbligo di Sanremo: una volta scaduto il tempo concesso dovrà, infatti, presentarsi puntuale all’appuntamento con il Festival della Canzone Italiana. Sarà un periodo di rottura in tutti i sensi visto che, nella sua magnanimità, il Soprastante gli concede, privilegio raro, uno zaino contenente un taccuino e una penna, simbolo evidente della libertà di pensiero e di espressione: proprio quello di cui il nostro protagonista, nell’espletare le sue non ben identificate mansioni giornaliere, non può usufruire. Il Soprastante è, infatti, colui che ha nelle sue mani la cultura del Paese, e la dirige dove più gli aggrada, mantenendone il livello generale nel punto ragionevolmente più basso possibile, coadiuvato da strumenti come le trasmissioni televisive pomeridiane e rotocalchi dai beffardi nomi “Piùpiù” e “Chielà”. In questo desolante quadro, il Festival di Sanremo assurge a massimo spauracchio, simbolo della disfatta totale della cultura, anestesia settimanale per il cervello degli utenti, pronti a farsi stordire dal diluvio di note e di parole più o meno d’autore, ma ancora di più, da quello di gossip, abiti firmati e sorrisi patinati, in un circo rassicurantemente uguale a se stesso.
Se l’accusa che il protagonista/scrittore muove al Festival sia pienamente meritata o un tantino troppo severa, resta da definire; c’è comunque, sicuramente, uno spesso fondo di verità. Fatto sta che egli parte non per mete esotiche o isole da sogno, ma, in treno, per la provincia italiana. Fin dal primo giorno, la brevità del tempo concessogli si fa sentire, dandogli sempre la sgradevole sensazione di non averne abbastanza e la paura di sprecarne troppo in un luogo piuttosto che in un altro, mentre la fine della sua “licenza premio”, come una nuvola pregna di temporale, si avvicina, facendosi sempre più minacciosa.
Nei pochi giorni a sua disposizione, tenta di riscoprire la vera cultura, quella che giace sonnecchiante o cerca disperatamente di farsi largo partendo dai paesini più sperduti, dalle biblioteche di provincia, dai piccoli festival letterari che però, anche questi, per necessità, sono in parte inquinati da influenze televisive degne del peggior reality show. Si rende così conto che le piccole realtà sono disseminate di gemme che sgomitano per farsi strada ma che non vedranno mai la luce, come il saggio dimenticato su di una sedia dalla giovane Gabriella, che meriterebbe molto di più di una vita passata a comporre mazzi di fiori per sopravvivere.
Il finale è la ribellione del protagonista, che si nasconde in un teatro nel quale Cyrano combatte inutilmente contro la morte, nel suo ultimo spettacolo prima del taglio dei fondi. In questo disperato sacrificio, anche il nostro eroe ha deciso di morire combattendo, senza speranza, contro l’abbattimento del livello culturale e l’anestesia dei cervelli.
E noi? Riflettiamoci sopra.
Con l'obbligo di Sanremo
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