Consigli pratici per uccidere mia suocera
- Autore: Giulio Perrone
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2017
Dopo il fortunato esordio fortunato con il noir “L’esatto contrario” Giulio Perrone è di nuovo in libreria con “Consigli pratici per uccidere mia suocera” (Rizzoli, 2017). Titolo sarcastico che potrebbe nascondere ironiche deduzioni e ilarità ma che Giulio Perrone, con sottile capacità narrativa, riesce a proporre in modo immediato, possibile, reale.
In una Roma che ha lo sfondo del quartiere San Lorenzo, la voce narrante non è per nulla straniera: ha i tratti distintivi di quello che potrebbe essere il tipico vicino di casa, un uomo che, in una sorta di autoanalisi solitaria, sebbene capace di trascendere l’individualità e di farsi collettiva, inizia a raccontare la sua vita fatta di un vivere passivo dove il vero pulsare dell’esistenza è anonimamente lasciato ad altri per quella insanabile, sottile, paura di rimanere “imbrigliato”, di diventare inevitabilmente una vittima indifesa.
L’amico della porta accanto è Leonardo Mameli (Leo) dapprima sposato con Marta, donna seducente e concreta, che tradisce innamorandosi di Annalisa, giovane dolce e “affamata di vita”, che poi tradisce a sua volta riavvicinandosi a Marta. In questo difficile guazzabuglio tra vita e sentimenti, dove la psicoterapeuta Elisabetta tenta di guidare Leo nel dare un ordine “adulto” alle sue relazioni, trovano posto l’inatteso ritorno del padre hippie, Dustin-Ernesto, in cerca d’aiuto per un debito contratto al gioco, e la prospettiva di assunzione definitiva nella casa editrice, dove il protagonista lavora come “reader” veloce, da raggiungersi con una competizione via whatsapp che ha lo scopo di individuare un finale “bomba” per il prossimo bestseller in uscita, un libro che ha come focus una suocera e la sua “eliminazione”.
In un tessuto narrativo ben pensato, dove la storia si snoda e si modula fluida e piacevole, dando spazio a quel sorriso che rilassa, Giulio Perrone esplora, riflette e cerca di dare una risposta (possibile) alla complessità insita nel vivere, composto di quelle emozioni che si declinano diversamente se rivolte a una donna, a un padre, a un figlio o a noi stessi.
È convinzione diffusa che vivere delle emozioni debba avere solo il sapore dell’immediato, dell’inaspettato, un sapore simile a quel
“capogiro del primo innamoramento”
per accorgersi di come, poco dopo, si esaurisca lasciando spazio alla routine quotidiana, fatta di difficoltà, cambiamenti, flessioni e deviazioni inaspettate di una vita che, in realtà, è più a una maratona che a una corsa veloce. Ecco allora che la fatica e il fiato corto, non tardano ad arrivare: ci sorprendono spingendoci ad abbandonare, a fermarci, ad osservare più agevolmente, dal ciglio della strada, l’andamento di quella gara chiamata vita. Ma un vivere opaco,
“speculare ad altri, pigro e passivo è un lento abbandono della vita che porta all’oblio del rimpianto delle possibilità perdute”.
È in questo momento che quel coraggio che fa diventare adulti prende voce e ci sorprende con attimi insperati, fatti di albe vissute in silenzio sulla spiaggia, accanto al proprio padre, di un “sogno” giovanile che si realizza o di un imprevisto futuro, ancora ignoto, rischiarato solo da una nascita inattesa.
Ci accorgeremo, allora, che “abbandonare la strategia dell’eterno presente” ci aiuterà a comprendere come il
“sentire le stesse sfide, le stesse paure di chi non dovrebbe mai averne ai nostri occhi ci porta a provare semplicemente una sconfinata compassione”
che è pura emozione fatta di vita vera e il viverla
“davvero, non è in fondo così male”.
Consigli pratici per uccidere mia suocera
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