Contro la musica
- Autore: Manlio Sgalambro
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carbonio editore
- Anno di pubblicazione: 2021
Una sera arroventata di non so più quale estate, chiesi a Battiato come mai avesse affidato a Manlio Sgalambro la stesura dei testi delle sue canzoni. Con il garbo che gli era congeniale, Battiato mi consigliò di leggere i saggi del filosofo in quanto in essi avrei trovato la risposta. Presi alla lettera il suggerimento: a partire da La morte del sole ho letto diversi libri di Manlio Sgalambro, e si è trattato in effetti di un’epifania. Il “pessimismo metafisico” sgalambriano mi si è rivelato in tutto il suo fulgore sui generis, sostrato di una filosofia di taglio e contenuti dirompenti: la prosa di Manlio Sgalambro risuona di un’aforistica quasi musicale, e le sollecitazioni intellettuali cui riferisce rimbombano, a loro volta, come eco di valanghe interiori. Una correlazione imprescindibile, il personale punto di incontro fra la “filosofia della vita” di Schopenhauer, l’esistenzialismo cupo di Emil Cioran, e il teologismo empio di Fritz Mauthner.
La fervida lettura di Contro la musica (Carbonio Editore, collana Particelle, prefazione di Elena Sgalambro) costituisce la riprova a tutto ciò: Manlio Sgalambro è il filosofo dell’abisso e dell’ardimento speculativo. E non lasciatevi fuorviare dal titolo: nessun pontificio critico è fine a se stesso. Il tessuto speculativo sgalambriano frequenta auree più rarefatte, i climi di un teleologismo (l’ethos come propedeutico all’ascolto maturo) e di una metafisica (la musica prescinde dal suo stesso ascolto) indisgiungibili fra loro. Come premette l’autore, sin dall’incipit:
“Un fantasma si aggira tra noi. Il fantasma della musica. Una opprimente melassa, un indistinto in cui si trova di tutto, musica da camera e musica da piazza, per pochi e per molti, buona e cattiva musica […]. Un rozzo ascoltatore, senza ethos alcuno, si è impadronito della musica (come una volta si diceva che la musica si impossessava dell’ascoltatore). Essa lo segue ipnotizzata e sprigiona suoni dai suoi stessi fan. Dalle loro orecchie spalancate suona musica che essi vogliono ascoltare”.
Un depauperamento consumistico, mi pare di comprendere, che se da un lato svilisce la musica dalle sue fisionomie metafisiche dall’altro si piega al mero diletto dell’ascoltatore.
“Al soggetto conoscente si raccomandò di essere non di valutare, se per caso se ne fosse salvato uno, si addice di essere anacronistico. Chi valuta oggi è l’Umsturzler. Il sovvertitore. Egli rovescia i valori, perché questo è valutare. Contro la musica: il significato dunque dev’essere inteso. Non è una volgare polemica che qui s’innesca ma una delicata questione metafisica. Nel crepuscolo dell’umanità la musica suonerà da sola”.
Il saggio si presta, di conseguenza, a meta-significazioni. Quasi che il discorso sulla musica suonasse come pretesto, introducesse sottotraccia a una speculazione sull’aut-aut ontologico cui siamo chiamati: o l’ethos oppure l’annichilimento di senso. Il libro (per sua fortuna) non è un giallo, per cui mi sia concesso di disvelarlo sin nelle sue ultime righe, riassuntive del senso provocatorio (pag. 59):
“L’ascolto come index societatis: quasi solamente su di esso si è fermata l’attenzione. Che nell’ascolto avvenga qualcosa di metafisico, per usare un termine barbarico, sembra essere rivolto contro la stessa percezione che difatti non lo percepisce. In realtà in un ascolto giusto l’ethos impone di ascoltare nei suoni la dissoluzione del mondo. Per un momento esso non c’è più. Chi ascolta veramente, ascolta l’ascolto. Chi ascolta veramente ascolta la fine del mondo”.
Nietzsche e pochissimi altri filosofi sono stati capaci di una scrittura tanto suggestionante.
Contro la musica
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