Conversazioni su Tiresia
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2019
Nel teatro greco di Siracusa entra in scena Tiresia, accompagnato dal flautista Roberto Fabbriciani e da un bambino. C’è anche Valentina Alferj, aiuto del regista dello spettacolo, Roberto Andò. È Andrea Camilleri che, cieco come lui per destino, è aiutato a sedersi su una poltrona rustica per raccontare e raccontarsi. Gli è stato concesso da Zeus il privilegio di vivere sette generazioni umane. «Tiresia sono», egli dice, richiamandosi al modo di presentarsi del commissario Montalbano e rivela subito l’identità assunta in una delle sue «sette esistenze».
Camilleri-Tiresia con voce ampia e cavernosa che sembra provenga da arcane lontananze, racconta da eccellente affabulatore le sue origini e le sue vicissitudini passo dopo passo in modo dettagliato. Comincia dal momento in cui in cui cambia di sesso, assistendo all’accoppiamento di due serpenti, sovrappensiero, dimentica che spesso le divinità si «asserpentano» quando hanno l’urgente bisogno di qualche «scappatella». Con un ramo ne uccide uno: la femmina. Da qui la metamorfosi. Egli diviene donna.
La rimbambita della Pizia (secondo Dürrenmatt ritiene che gli oracoli di Tiresia siano «solo cretinate») gli confida il rimedio. Deve uccidere il serpente vedovo:
«Ma Pizia mia », le risponde, «come faccio a capire che si tratta di un serpente maschio».
Impossibile l’impresa: è come pretendere di riuscire a distinguere oggi in Italia un politico di sinistra da uno di destra. Interviene in suo soccorso il caso, ammazza il primo serpente venutogli a tiro. Essendo il «vedovo», Tiresia può tornare a essere uomo. Non è mai stato un essere ibrido anche se:
Un tal Guido da Pisa scrive che nella sua città è avvenuto un fatto straordinario, e cioè che una ragazza ermafrodita è rimasta incinta di una suora e ha partorito una bambina. Sembra una copertina della rivista “Stop”, ve la ricordate? Bene, partendo da questa incredibile situazione, Guido da Pisa sostiene che anch’io sono ermafrodita dotato di un doppio sesso del quale faccio uso alternativo.
Addirittura è stato coniato il verbo “tiresiare” per definire ogni possibile depravazione. La cecità di Tiresia è stata dovuta a un’imprudenza:
Nell’Olimpo scoppiò una discussione tra Zeus e sua moglie Era. Uno scambio di vedute piuttosto acceso direi, perché dovete considerare che Era e Zeus non erano solo marito e moglie, ma erano soprattutto sorella e fratello. Si amavano e si odiavano appassionatamente. Pensate solo che la prima volta che si unirono carnalmente, il loro amplesso durò trecento anni. Furono i trecento anni peggiori della storia. Tutto andava a rotoli, il caos regnava, tutti invocavano l’intervento di Zeus che se ne stava rintanato con la sua Era e che per quel lungo periodo non diede mai risposta a nessuno.
La vivace conversazione tra loro verte sul godimento: nell’amplesso gode di più l’uomo o la donna? Interpellato, Tiresia con galanteria risponde: «esistono dieci gradi di piacere durante l’atto sessuale, che la donna ne gode per nove gradi e l’uomo solo per uno». Eva risentita, l’acceca:
Può darsi, dico può darsi, che la mia risposta aveva fatto intravedere ad Era un mondo di piacere che nessuno, neanche Zeus in quei primi trecento anni era stato capace di farle godere». Zeus volle rimediare compensandolo con la preveggenza che richiedeva di «vivere sette esistenze non continuative.
Camilleri si è ben documentato. La sua ricerca è minuziosa, ha raccolto quante più notizie è possibile. Cita dalle opere letterarie e dai film che parlano di Tiresia, dialoga con vari grandi scrittori (Omero, Seneca, Dante fino ad Apollinaire, Cocteau, Virginia Woolf, Pavese, Pound, Eliot). A volte acconsente e altre volte dissente, facendosi anche pungente e stizzoso. Compaiono sugli schermi brevi stralci di film (“La Dea dell’Amore” di Woody Allen; l’ “Edipo re” di Pasolini). Woody Allen fa di Tiresia un mendicante cieco con il privilegio della veggenza, lo porta per le strade dell’Upper East Side di Manhattan, Tiresia si è trasferito a Brooklyn. Qualche volta viene chiamato «per fare la comparsa in un film»: la più recente l’ha portato a interpretare la parte di un venditore di cerini. Finalmente il personaggio della letteratura e la «persona» vera si sono «ricongiunti» nella finzione.
Camilleri-Tiresia è un saggio, vede l’invisibile: quello che gli altri non riescono o non vogliono vedere. Grazie alla sua dote, distribuisce cerini che si accendono e fanno luce nella notte. Ha visto tutto, è andato ovunque; è stato donna, è stato uomo; tutto ha provato, non c’è mistero dentro il quale non possa leggere. Il Tiresia di Camilleri: il viandante dunque che cerca la verità, l’investigatore con il suo istinto di caccia, colui che va oltre ogni confine senza timore alcuno. Camilleri ha così portato avanti una conversazione nel corso della quale, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parla di sé e del suo viaggio nelle bruttezze della Storia (il richiamo all’Olocausto, un male così perverso da non rientrare tra le cose che un povero indovino cieco può prevedere).
Siamo con Primo Levi. Ecco Tiresia:
Vorrei veramente concludere con Primo Levi, il quale, in un suo libro intitolato “La chiave a stella”, mette un racconto dedicato a me, intitolato appunto “Tiresia”. La narrazione riguarda un suo amico: come nell’orrore bestiale del campo di concentramento nazista egli ha rischiato una metamorfosi ben peggiore della sua. Era la trasformazione da uomo a bestia l’intento dei nazisti: “Io, Tiresia, non riuscii a prevedere quell’orrore...
A questo punto è bene che il lettore, per un approfondimento critico della tematica, si accosti al testo scritto, edito nel febbraio del 2019 dall’editore Sellerio di Palermo, con il titolo “Conversazioni su Tiresia”. Conclude Camilleri:
Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità` e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne.
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