Cronache del disamore
- Autore: Rosalia Messina
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2019
Non c’è cosa più semplice e terribile da dire, in un rapporto d’amore, “mi spiace ma non ti amo più”. Siamo talmente insicuri nelle nostre vite e abbiamo mille paure di tutto, di tutti. No, non è cinismo, ché per chi scrive è già una cosa notevole voler dividere il letto con qualcuno, che va bene qualsiasi "combinazione" se c’è il consenso e la maturità mentale. E da questa riflessione sulla fine dell’amore nasce una silloge dal titolo Cronache del disamore (Nulla die edizioni, 2019).
Rosalia Messina, chiamata dai suoi amici e conoscenti col nome breve e bello di “Lia”, spariglia le carte, facendo quasi una elegia su tutto questo amore, dalle persone, a qualsiasi animale, a qualsiasi scelta sessuale.
La lega all’amore solo una regola morale, laica e non religiosa, che se l’amore cessa è meglio fare qualcosa nella vita, che restare accanto a una persona che non ti dà più niente, forse fastidio, mitigato dalla coscienza, se vogliamo chiamarla così, di comportarsi in modo decoroso e degno. La dignità della sopportazione e del sacrificio, che Lia non approverebbe mai, perché non c’è un premio finale. E poi il disamore è uno smacco anche per chi lo prova e ne fa contezza.
Ma prima in esergo scrive una frase di magnifica bellezza, di Emily Dickinson:
A un cuore a pezzi / nessuno s’avvicini / senza l’alto privilegio / di aver sofferto altrettanto.
Ecco la Dickinson mette insieme due persone che hanno il cuore a pezzi e solamente loro possono capire il sentimento delle perdita, dell’ assenza.
Chi scrive aveva una nonna, deceduta nel 1985, io ero piccolo ma non tanto, che a quanto pare, disse che non amava più mio nonno e la sera con la scusa della televisione, che il marito non voleva in camera, si trovò una cuccia per dormire in estate e in inverno, sul divano di casa. Mio nonno sapeva, ma stava zitto. Per “decoro”, questa parola che ha fatto male a tante persone.
La Messina con le sue poesie del disamore ci svela che lei ha un rapporto di amore, ma a volte di odio, per la solitudine. Stare da soli, leggere e scrivere senza qualcuno in casa o che sta tornando a casa le dà più fastidio in quanto la creatività è anche crudele, si nutre di silenzi, si fatica come un mulo per trovare la parola “giusta”. E in questo chi scrive è inflessibile: siamo sommersi di dilettanti che vogliono poetare a forza, ma i pochissimi che ci riescono fanno una grande fatica. Annamaria Ortese disse nella famosa intervista che le fece Pietro Citati che quando faceva caldo la scrittrice era in una pozza di sudore, mentre la sorella la tranquillizzava, dicendo che fuori non faceva così caldo e che lei poteva accendere il ventilatore, quando voleva.
Quindi Lia si fa interprete del suo disamore. E scriveva:
Che me ne faccio adesso / di tutte le parole / inutili, sbagliate? / Dei tuoi silenzi? / Della fatica di non cercarti ? / Se poi dovevo disamorarmi, / che senso ha avuto lo spreco / di tempo / e di sonno / e di ore vuote / riempite di cose, / persone, / impegni e letture? / Se tu adesso / non sei più cometa, / valeva la pena / stare a seguirti ?
Dunque c’è anche il tempo, due persone che non si amano più dovrebbero riappropriarsi di sé stesse e di nuove sicurezze da inventare. Ma in questo esempio , ovvero non si amano più è l’Eden del disamore. Scoprire di non lasciare uno dei due che si strazia ancora di amore. La crudeltà del disamore da una parte solamente. Ma Lia, al contempo sa bene il vantaggio dell’amore cessato e infatti scrive quasi un aforisma - poesia dal titolo Tutto quello che so:
/ Tutto quello che so / è di essere viva. / Non è molto, però / me lo faccio bastare. / Son cresciuta così, / senza tante pretese, / mai arresa, però./
La nostra Lia anche se è lei ad essere lasciata, non si arrende, una guerriera umile ma abbastanza netta quando capisce che lei non prova più niente e decisa a troncare tutto.
Però bisogna essere onesti nel disamore. Chi ha smesso di amarci dovrebbe essere almeno autentico e dire ma quando mai ti ho detto che era per sempre o di quale amore stai farfugliando?
Ti tenevo stretta / o perché in quel momento c’eri tu a disposizione e ti ho usata, e ti ho usato.
La Messina non perdona in questi versi e ancora:
E non ti ho mai chiamato amore. / Tu men che mai hai usato / la parola fatidica, / definitiva. / Se lo fosse, se davvero lo fosse, / saresti lì, confitto nei pensieri. / No, non lo sei. Dov’ erano radici / si spalanca una vuota voragine.
La scrittrice mette addirittura il veleno, che sia stato tutto un errore dall’inizio, perché non è vero che ora siamo più tentati ad amare meno, perché sono triplicate le tentazioni dall’Internet, dalle chat, dai bar di incontri. Eravamo già consapevoli che non volevamo innamorarci di nessuno, che poi quando accade una cosa che somiglia all’amore, stiamo zitti, per paura che la nuova persona in casa dovesse mai sentire, che è stato un ripiego sempre, da sempre.
Tralascio altre poesie di grande impatto valoriale o semplicemente belle, da stare male.
Cronache del disamore
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