Cuneesi sull’Ortigara
- Autore: Gerardo Unia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Nel 1907, dopo le grandi manovre in Carinzia, il capo di Stato Maggiore dell’esercito austroungarico Franz Conrad chiese all’imperatore di dichiarare unilateralmente guerra all’Italia e assalirla a sorpresa. Era convinto che il Regno dei Savoia, sebbene legato dal 1882 a Vienna e alla Germania dalla Triplice Alleanza, covasse ambizioni territoriali aggressive su Trento e Trieste e andasse fermato prima che potesse metterle in atto. La Russia sarebbe rimasta fuori gioco, indebolita dalla sconfitta subita dai giapponesi nel 1904-1905, gli italiani non disponevano di artiglierie moderne e le fortificazioni di confine sarebbero state superate in breve, anche solo con cannoni da 150 millimetri. Niente avrebbe fermato la marcia delle truppe austro-ungheresi verso la pianura padana e poi in direzione di Milano e Venezia.
Sempre von Hötzendorf tornò alla carica in autunno, osservando che la stagione ancora clemente si prestava alle operazioni militari. Ripetè la proposta alla fine del 1911, con l’Italia impegnata contro i turchi nella guerra di Libia. E anche dopo l’immane terremoto del dicembre 1908 sullo Stretto di Messina, aveva slealmente avanzato la proposta di colpire il nostro Paese, messo in ginocchio dal disastro. Ma Francesco Giuseppe oppose un rifiuto ancora più sdegnato delle altre volte, negando al feldmaresciallo l’attacco preventivo covato da anni contro il nemico storico ottocentesco della duplice corona imperial-regia.
Tutto questo si legge nel saggio dello storico cuneese Gerardo Unia, ventitreesimo dei suoi, dedicato alla fine dell’anno scorso al sacrificio dei soldati della provincia di Cuneo nelle operazioni belliche sugli Altipani: Cuneesi sull’Ortigara. Al di là dei contenuti d’attrattiva locale, cari a Unia e alla casa editrice cuneese Nerosubianco, non sono pochi però gli spunti di interesse generale di un lavoro come sempre ben documentato e scritto in modo efficace, alla portata di tutti.
Nella parte settentrionale dell’Altopiano veneto dei Sette Comuni, al confine col Trentino e le cui piccole cime che non superano i 2200 metri, l’Ortigara è una montagna che dal versante italiano si prestava solo a essere sorpassata ma non tenuta. Al contrario, dalla parte austroungarica era una fortezza difendibile, sostenuta dal tiro dai rilievi circostanti. Tutto avrebbe consigliato a Cadorna di non sprecare risorse umane e materiali in assalti sterili, ma tutto concorse a pretendere sacrifici inauditi. E non in una sola circostanza.
Il sistema dell’Ortigara è entrato infatti almeno due volte sulle scene di sangue del primo conflitto mondiale. Non solo nella dolorosissima e del tutto sterile offensiva italiana del giugno 1917, ma già l’anno prima, alla fine della Strafexpedition austro-ungarica, scatenata il 15 maggio 1916 dal Trentino e vicina a raggiungere la pianura padana, con esiti catastrofici per l’Italia. Arrestata l’operazione nemica, la controffensiva italiana per riconquistare la parte del nostro territorio perduta si era diretta anche verso l’Ortigara, con esiti solo parziali, nel giugno 1916.
All’inizio della Grande Guerra l’intero fronte italo austriaco aveva la forma di un’immensa esse piegata nel senso orizzontale. L’Austria sprofondava nel nostro schieramento con un enorme cuneo, da nord a sud, nel Trentino. Un’arma puntata verso la pianura veronese, obiettivo strategico esiziale.
Ecco l’ulteriore ragione che ha indotto Unia a realizzare il nuovo lavoro: con la Spedizione Punitiva, il solito Conrad era arrivato a pochi chilometri da Vicenza. Se fosse riuscito a raggiungere la pianura, l’Italia sarebbe stata probabilmente costretta a chiedere l’armistizio, ma certamente avrebbe dovuto fare arretrare precipitosamente i fronti del Cadore e dell’Isonzo, con la perdita di gran parte dell’esercito, osserva lo storico piemontese. Il nostro Paese corse un pericolo ancora più grave di quello affrontato nel novembre 1917, dopo la rotta di Caporetto conclusa col miracolo di attestarsi lungo una linea di trincee e posizioni montane meno estesa, dietro la quale schierare le divisioni superstiti, notevolmente rimaneggiate.
La tenacia dei nostri soldati ha impedito che tanto l’una che l’altra minaccia mortale potessero realizzarsi, sacrificandosi “per evitare un tragico destino al nostro Paese a seguito delle due offensive”. Ma se su Caporetto è stato scritto molto, molto meno si è raccolto sulla Strafexpedition e le risposte italiane.
E c’è un altro motivo, molto personale per Gerardo Unia e che deriva dal cuore, non da considerazioni storiche, tecniche, razionali. Ha voluto seguire la storia del nonno Lorenzo, morto sulla Bainsizza nella Grande Guerra, sulle cui tracce ha “camminato sin dal 1997, senza mai smettere”. E ha avvertito anche il dovere "di rendere omaggio ai figli della provincia cuneese” e di tutte le altre province italiane, che hanno perduto la vita in quella guerra lontana. E alle loro famiglie.
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