Ricorre spesso nei giornali la frase "è stata un’apoteosi", che viene frequentemente utilizzata in occasione di importanti vittorie, politiche o sportive. Prendiamo, per esempio, un titolo di Bergamo News:
"Apoteosi Ferrari nel giorno di Verstappen: Kimi e Vettel sul podio, Mercedes ko".
La parola apoteosi ha un’origine molto antica e risale all’antico Egitto, al tempo degli assiri e dei persiani, anche se fu introdotta solo in epoca ellenistica.
L’apoteosi si riferisce ad una pratica attraverso la quale il defunto veniva divinizzato, ossia elevato al rango di divinità per abbandonare lo status di comune mortale e raggiungere quello di un dio, pregato ed onorato.
Solitamente, venivano divinizzati gli eroi che si erano contraddistinti per particolari meriti, come Eracle, oppure i re o gli imperatori. A volte poteva succedere che politici e militari venissero deificati. È il caso di Licurgo, il principale legislatore di Sparta, reso divino per volere dell’oracolo di Delfi, oppure di Lisandro, militare che servì la sua città con grande merito e onore.
Tuttavia, prima di Alessandro Magno, furono pochi i casi di divinizzazione, a parte quelli citati. Solitamente, erano gli dei che decidevano di rendere divina una determinata persona.
La pratica fu invece diffusa proprio da Alessandro Magno, che recepì dall’Oriente i cerimoniali dell’apoteosi applicati agli imperatori. Quand’era in vita, il grande Alessandro si paragonò a Dioniso, divinità della quale tentò di imitare le gesta spingendosi con l’esercito sino in India.
Nell’antica Roma furono divinizzati alcuni importanti personaggi, come Romolo, il fondatore della città, che dopo la morte assunse il nome di Quirino, e Cesare, che addirittura fu onorato come un Dio prima del decesso.
Anche Augusto, il primo imperatore romano, fu divinizzato quand’era ancora in vita; da quel momento, la pratica dell’apoteosi divenne ordinaria per gli imperatori, che venivano divinizzati attraverso il rituale canonizzato della consecratio.
In base a quest’ultima, il cadavere dell’imperatore veniva collocato su una pira a forma di piramide, avvolto da un drappo purpureo incendiato. Il sacerdote liberava un’aquila che, volando in cielo, simboleggiava l’anima del defunto che andava ad occupare un posto a fianco agli dei.
Nel linguaggio attuale, il termine apoteosi sta a significare la celebrazione, l’acclamazione di una persona con particolari meriti. L’espressione viene spesso utilizzata in ambito sportivo, per sottolineare i risultati ottenuti da un atleta, che durante una competizione si è contraddistinto per capacità e abilità, differenziandosi nettamente dagli sfidanti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Da dove deriva il termine "apoteosi"? Le parole della storia
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