Photo credit: Giulia Ciarapica
“Leggere un buon libro significa trovare un luogo, un luogo in cui, quando ce ne allontaniamo, sentiamo la necessità di tornare”.
Civitanova Alta, domenica 26 luglio 2015 - Nella calda serata estiva marchigiana, il Futura Festival ospita nell’accogliente Piazza della Libertà un ospite illustre e di fama internazionale. Stiamo parlando dello scrittore israeliano David Grossman, classe 1954, nato a Gerusalemme e residente a Mevasseret Zion.
Il grande saggista e scrittore è stato intervistato da Filippo La Porta, uno tra gli otto coordinatori del festival.
La letteratura, ha detto La Porta, nei libri di Grossman non è mai intrattenimento, ma è vera e propria ricerca della verità, dove la parola finale non coincide mai con il termine “morte”.
David Grossman è autore di numerosi saggi e romanzi e vanta una produzione letteraria ricchissima e di successo: a partire da Il sorriso dell’agnello (trad. it. Gaio Sciloni, 1994), passando per Vedi alla voce: amore (1988), continuando con Che tu sia per me il coltello (1999), Col corpo capisco (2004), fino ad arrivare all’ultimo romanzo, Applausi a scena vuota (2014) – per citarne solo alcuni.
Dopo aver introdotto uno dei grandi maestri della letteratura contemporanea - con una presentazione che non ha lasciato spazio all’immaginazione circa l’eccellenza di Grossman - La Porta apre il dibattito citando una passo del Simposio di Platone, in cui si parla del rapporto tra comicità e tragicità.
Qual è il legame tra comico e tragico? Cosa accomuna queste due condizioni così diverse, o meglio, agli antipodi?
“Il confine tra comico e tragico è qualcosa che riusciamo a comprendere solo alla fine della nostra vita”
– esordisce Grossman –
“Nella maggior parte dei casi, quando viviamo una tragedia, come ad esempio quella della Shoah, riscontro sempre quella che secondo me è la capacità più bella e importante degli essere umani. Quella di riuscire a sorridere, in ogni caso”.
Secondo David Grossman, la qualità che trasforma un essere in essere umano a tutti gli effetti, e che gli permette di sopravvivere alle grandi tragedie della vita, è quella di ritrovare ogni volta la capacità di ridisegnarsi, di non lasciarsi soggiogare completamente dalla tragedia in sé.
Il fatto di essere capaci di non lasciarsi congelare completamente dal dolore implica la libertà di ridefinirsi, di ritrovarsi liberi e ancora autentici, sorridenti.
Sono parole che scaldano i cuori della numerosa platea di Grossman, il quale, nella sua straordinaria pacatezza ed immensa dolcezza, si mostra come un guru capace di riappacificare gli animi di una società moderna tutta da reinventare, in balìa della crisi non solo economica, ma soprattutto identitaria.
Il mondo cambia, Todo cambia – come recita lo slogan del Futura Festival – ma il coraggio di essere se stessi non deve cambiare mai, semmai deve rinnovarsi e crescere con le difficoltà che la vita ci impone.
Tra una battuta e un sorriso, il dialogo fra La Porta e Grossman si sposta su un terreno più squisitamente letterario: Israele, dice lo scrittore e saggista italiano, è un Paese di 8 milioni di abitanti, con una letteratura che è fra le più importanti del mondo. Come mai è diventata tale? Forse perché la letteratura, per essere davvero Grande, necessita di contraddizioni laceranti? Di situazioni a limite della conflittualità?
“Certo, è vero quel che dici”
– risponde Grossman a La Porta –
"ma è anche vero che il conflitto reale deve abitare nello scrittore stesso, deve essere al suo interno, oltre che all’esterno”.
Non occorre, dunque, che lo scrittore viva un dramma esterno, e relativo al proprio Paese di origine, affinché si produca una letteratura di valore; Israele, ricorda Grossman, sa di offrire una vita che chiede molto, una vita che pone molte domande senza dare risposte, dopotutto basterebbe ascoltare i tg per capire quanto sia fragile l’equilibrio tra vita e morte.
Quindi è normale che, in seguito, questo dramma esterno si riverberi in qualche modo nell’interiorità dello scrittore e lo influenzi, “non si può fare a meno di scrivere come se fossimo perennemente sull’orlo di un abisso”.
Altre volte, invece, continua Grossman, questo tipo di situazioni può agire in maniera completamente negativa sullo scrittore prima e sul lettore poi: occorre che lo scrittore sia in grado di gestire questo equilibrio così fragile tra dramma esterno e dramma interno, perché il dramma esterno non può mai condizionare in modo totalizzante l’interiorità dell’individuo.
Il dibattito si sposta sul fronte della cultura in senso lato, nello specifico si parla di musica, arte e cabaret, che sembrerebbe essere l’unica forma – come dimostrato nell’ultimo romanzo di Grossman Applausi a scena vuota – che ci libera dal giogo costrittivo dell’ipocrisia, regalandoci la possibilità di dar voce ai problemi attuali dell’uomo.
Eppure David Grossman sceglie di spiazzare il suo pubblico con un’affermazione tanto intensa quanto poetica, che riguarda i libri come valore di per sé. Alla domanda di La Porta se, dal suo punto di vista, i libri e la cultura avessero un valore intrinseco, che prescinde dalla qualità e dal momento in cui vengono messi in circolazione, lo scrittore israeliano afferma che
“un buon libro è sempre qualcosa che cambia la nostra vita, è qualcosa che mi cambia il modo di vedere il mondo. Come capisco che si tratta di un buon libro? Semplice, perché quando lo leggo capisco di aver trovato un luogo nuovo, che prima non conoscevo, ed in cui, quando ne sono lontano, avverto la necessità di ritornare. I personaggi assumono forma concreta, è come se chiedessero proprio a me di farli tornare alla vita. Insomma, è come se, in quel momento, non sia io a leggere il libro, ma fosse il libro a leggere me”.
Applausi, questa volta, non a scena vuota, ma da parte di un pubblico entusiasta e commosso, ansioso di poter incontrare il grande maestro della letteratura contemporanea per la firma delle copie dei suoi libri.
Grossman saluta il suo pubblico regalando un momento di grande umanità, in cui le distanze tra popoli sembrano annullarsi e dove a prevalere è solo l’amore per la bellezza: La Porta lo invita a leggere alcuni passi dei suoi testi in lingua originale, in ebraico, facendo sì che tutti gli spettatori potessero godere del magico suono di quelle parole fluttuanti.
Un Futura Festival che si è aperto nel migliore dei modi e che ha deciso di ospitare non solo un grande scrittore, ma soprattutto un grande Uomo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: David Grossman al Futura Festival 2015
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