I classici sono quei libri che, in teoria, abbiamo letto tutti, se non altro come parte del programma della scuola dell’obbligo. Recensirli sembra quindi scontato e perfino completamente inutile. In realtà, nella maggior parte dei casi, le nostre conoscenze scolastiche si limitano a qualche brano inserito nel libro di testo antologico, oppure a una lettura portata a termine all’epoca ma in seguito molto stemperata dalla polvere del tempo. Il Decamerone, capolavoro di Giovanni Boccaccio, si porta inoltre addosso uno stigma alimentato da certa critica superficiale e, soprattutto, dal saccheggio impietoso delle sue novelle da parte di una produzione cinematografica di serie B degli anni Settanta, che ne ha evidenziato quasi solamente il genere scollacciato, addirittura pecoreccio. Niente, ovviamente, di più sbagliato: se è vero che molti degli episodi narrati dai dieci giovani hanno come elemento scatenante una relazione sessuale, è altrettanto vero che ognuna delle novelle costituisce un esempio di vita vissuta e ha lo scopo di fornire un insegnamento morale, triste o felice che sia. Non vi è alcun compiacimento nella narrazione, né spreco di termini volgari, ma piuttosto una lingua preziosa, ricercatissima, frutto di lunghi studi e di una forte amicizia con il contemporaneo Francesco Petrarca, dal quale Boccaccio fu estremamente influenzato.
L’immagine iconografica del Boccaccio “a luce rossa” è quindi estremamente superficiale e del tutto da rivedere: basta procedere nella lettura delle novelle per trovarvi anche atti di generosità, di eroismo, storie di cavalieri e donzelle dal grande animo che niente hanno a che vedere con i racconti di letto. Fra l’altro, via via che si scorrono le storie, ci si rende conto che a esse si sono ispirati molti racconti “spiccioli”, leggende, perfino barzellette, che ancora circolano al giorno d’oggi, spacciati per nuovi.
Il Decameron oggi
Particolarmente significativa risulta questa lettura in un periodo come quello attuale, flagellato da una pandemia che sembra non lasciare tregua al mondo. È infatti noto che il Decameron fu composto da Giovanni Boccaccio in conseguenza della peste fiorentina della metà del Trecento e, come dice lui stesso nell’orrido cominciamento (il proemio), nell’intento di fornire soprattutto alle donne, che ben poche distrazioni avevano nella vita, un’occasione di svago e di distensione per non pensare a disgrazie e malattie.
Già a partire, infatti, dal De rerum natura di Lucrezio, che fu una delle ispirazioni di Boccaccio, uno dei consigli più sensati per sopravvivere a una pandemia è sempre stato quello di curare lo spirito, di pensare a cose belle e non farsi sopraffare dall’idea della morte. Ed è proprio per questo, ma anche per seguire un’altra prescrizione molto sensata, cioè quella di allontanarsi dal focolaio e di immergersi nella natura, che i dieci giovani fiorentini si ritirano in due ville nei dintorni, sulle colline, e per dieci giorni raccontano una novella a testa, in modo da trascorrere le ore in letizia e onestamente. Ne risulta, quindi, una struttura “a tre strati”, che vede l’autore raccontare la storia dei dieci giovani che, a loro volta, ne raccontano cento altre.
Particolarmente curata, questa edizione della Einaudi a cura di Vittore Branca presenta non solo una cospicua quantità di note utilissima a chi non avesse dimestichezza con la lingua boccaccesca, ma anche la biografia dettagliata dell’autore e un approfondimento sulle varie letture critiche.
Boccaccio protofemminista?
Sfatiamo a questo punto un mito, generato da un’azzardata interpretazione del proemio: quello, cioè, del Boccaccio “femminista”. È sufficiente una minima attenzione alla descrizione dei personaggi femminili per comprendere che l’autore non si distacca dall’idea della donna “modesta”, “virtuosa” e “sottomessa”, tranne, giustappunto, quando si parla di sesso.
Il sesso, per Boccaccio, è la cosa più naturale che esista al mondo, fa parte della vita, è assurdo negarlo e, proprio per questo, mai si sognerebbe di biasimare una donna che si trovasse una distrazione a causa della freddezza del marito o di padre e fratelli distratti che tardassero a maritarla. L’unica raccomandazione è quella di far tutto con discrezione, ma se un incauto consorte tira troppo la corda, può accadere che sia addirittura la stessa moglie infedele a rimbrottarlo. È la vita, ci dice Boccaccio: fare gli ipocriti e volgere la testa dall’altra parte non ci serve a cambiarla, ci rende solo sciocchi.
Il Decameron è un libro perfetto per chiunque abbia voglia di affrontarne la lettura: è un libro senza tempo che tutti dovrebbero conoscere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Decameron di Boccaccio: perché leggerlo (soprattutto in tempo di pandemia)
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