Deluxe
- Autore: Dana Thomas
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: De Agostini
- Anno di pubblicazione: 2008
Che cosa accomuna, solo per citarne alcune, griffe del calibro di Prada, Gucci e Louis Vuitton? Secondo Dana Thomas, la colpa di aver “spento il lusso”.
La giornalista americana supporta la sua tesi nelle 330 pagine di “Deluxe”, adducendo argomentazioni ampiamente circostanziate evinte da articoli, analisi e interviste a protagonisti come Marc Jacobs, Bernard Arnault, Miuccia Prada, ecc.
Il dietro le quinte scandaglia i molteplici fondali del lusso: dall’ascesa di Louis Vuitton - passato da marchio esclusivo di articoli da viaggio a industria vera e propria con fatturati da capogiro - alla lotta senza esclusione di colpi tra i gruppi LVMH e Kering per il controllo di Gucci; dall’epopea di Chanel e Christian Dior, al successo vissuto low profile da Richemont. E poi l’endorsement delle star, ovvero come le dive e i divi di Hollywood sono diventati ambasciatori delle griffe, la brand extension di tutti i maggiori marchi (ad eccezione di Louis Vuitton) nel comparto della profumeria, la progressiva centralità acquisita nel tempo dagli accessori - dalle borse in particolare, che in molti casi sono diventate fulcro delle vendite.
“Lo zainetto di Prada divenne inconsapevolmente l’emblema del cambiamento radicale che il mondo del lusso stava attraversando : il passaggio dalle piccole aziende familiari che producevano splendidi beni artigianali alle grandi corporation che vendevano i loro prodotti sul middle market”.
La massificazione del lusso ha beneficiato del significativo incremento del potere di acquisto che si è verificato in Usa e in Europa dal 1970 al 2000 circa. Le griffe hanno aggredito il mercato medio puntando soprattutto sui loro loghi con cui hanno tappezzato principalmente borse e accessori, diventati emblema di abbordabilità e status symbol dei nouveaux riches. Ad eccezione di pochi integerrimi come Hermès e Louboutin, tutti i grandi marchi hanno cercato l’apertura verso il basso.
Questa scelta ha causato problemi di redditività, che le case di moda hanno provato ad arginare abbattendo spasmodicamente i costi. Risultato: delocalizzazione, ridimensionamento della qualità del prodotto, contraffazione.
In più, rischio di impasse nella relazione con i propri acquirenti originari, i veri ricchi. Che hanno una provenienza sempre più diversificata ed esigenze estremamente personalizzate, di cui le griffe si sono sapientemente fatte interpreti offrendo esperienze di acquisto esclusive, location dedicate, servizi su misura e prodotti made to measure, nell’ottica di centrare un altro obiettivo: spostare sempre più avanti la frontiera del lusso.
Per tutto quello che resta indietro, bisognerà utilizzare quindi un altro vocabolo.
Deluxe. Come i grandi marchi hanno spento il lusso
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