Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone
- Autore: Zygmunt Bauman
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone di Zygmunt Bauman (Laterza, 2001, trad. Oliviero Pesce) è un saggio sugli effetti della globalizzazione sugli uomini, redatto oltre venti anni fa e che in molte sue parti ha effettivamente colto l’emergere di aspetti che oggi possiamo riscontrare nella nostra attualità. La globalizzazione, intesa come il fenomeno che ha velocizzato gli scambi e gli investimenti internazionali in tutto il mondo, fin dal suo nascere ha sollevato un coro di reazioni positive: avrebbe migliorato la qualità di vita. Ecco che in questo coro di approvazioni non troviamo concorde il nostro autore.
Con stile coinciso, asciutto e divulgativo Bauman si è accinto nei cinque capitoli del saggio a illustrare una disamina della globalizzazione, partendo dall’assunto che quest’ultima sia identificabile come la compressione dello spazio e del tempo e ha fatto un lungo esame attento tra coloro che possono beneficiare di questa nuova condizione, una piccola élite, e l’estrema maggioranza che di essa non ne trarrà che pochi o nessun vantaggio.
Credo che in un momento storico ben specifico come quello attuale, in cui i più inneggiano alla globalizzazione come un modo migliore di vivere la vita (ad esempio l’estremo sviluppo del web), Bauman sappia evidenziare le criticità della globalizzazione, in quanto pensa che questa divida tanto quanto unisce, divide mentre unisce, e le cause dell’unione sono le stesse della divisone.
Nei cinque capitoli in cui suddivide lo studio (Tempo e classe, Guerre spaziali: una cronaca, E dopo lo stato-nazione?, Turisti e vagabondi e Legge globale, ordini locali), Bauman fa una disamina ben specifica e ricca di esempi di come la globalizzazione ormai presente in ogni parte del mondo lo abbia diviso in globali e locali, cioè in chi non ha vincoli si crede libero e in chi invece subisce le scelte altrui e non riesce a sentirsi libero, indipendente, accettato.
Pensiamo al denaro oggi:
"L’impresa appartiene alle persone che investano in essa, non ai dipendenti, ai fornitori, e neanche al luogo dove è situata" cit. Dunlap
L’investitore può con la globalizzazione investire in qualsiasi parte del pianeta, quindi l’impresa non è più vincolata alla terra dove si produce un determinato bene, dove un tempo si investiva in quel territorio con infrastrutture, capannoni, strade, case, ma si investiva anche a livello di società umana, con le sue regole e i suoi rapporti. Oggi con un semplice clic si può spostare l’investimento da Pechino a New York: ecco che a nessuna impresa conviene investire in un determinato territorio, paese, nazione, gruppo sociale, perché è possibile che l’impresa non rimanga sita lì il tempo necessario per usufruire di determinato investimento.
Il sociologo ci fa comprendere che, alla luce di questo nuovo fenomeno, soltanto un gruppo molto ristretto lo percepirà come benefit e non, come invece si credeva, la maggioranza, che invece la percepirà come incertezza, ansietà, paura esistenziale e senso di precarietà.
La mobilità ha quindi creato una nuova classe sociale, composta da pochi, a discapito di molti, a discapito degli stati-nazione, che con le nuove regole economiche sono esautorati del ruolo fondamentale per i quali erano sorti e non riescono più a tutelare gli interessi delle popolazioni.
Le nuove grandi potenze sono tali a livello economico, a discapito delle piccole nazioni marginali, e anche le vecchie leggi o ordinamenti vengono scardinati o superati per fare posto al nuovo, basti pensare al fenomeno attuale di recessione che sta vivendo l’Italia, che nonostante sia all’interno di un organismo economico sovranazionale come l’Europa non riesce a trovare i fondi necessari ad affrontare la crisi economica, innescata da una pandemia importata grazie al fenomeno della globalizzazione.
In pratica siamo incapaci di rispondere all’esigenza di redistribuire le ricchezze in maniera esauriente tra i vari popoli che ne necessitano e sinceramente non ricordo nemmeno che l’Italia abbia mai vissuto una crisi così grave dai tempi delle ultime due guerre mondiali. Quindi le parole di Bauman sulle conseguenze del fenomeno della globalizzazione sembrano una specie di profezia dei giorni che stiamo vivendo.
Tra le disamine di Bauman sulla globalizzazione, merita una citazione a parte l’analisi lucida sul terrorismo, che pone le basi per una teoria che mette in relazione la diffusione della globalizzazione con l’escalation degli attentati degli ultimi quindici anni.
Senza dare connotazioni politiche al terrorismo, questo viene inteso come una rete disseminata nel mondo e pronta ad agire localmente e in maniera imprevedibile, sicuramente generata dalla miseria crescente dei paesi in via di sviluppo, dalla compressione dello spazio e dalla possibilità di far viaggiare informazioni, armi e capitali in maniera istantanea.
Questo fenomeno, che l’autore analizza come espressione della globalizzazione culturale ed economica, mi sembra una lettura interessante e confacente alla realtà, che credo possa estendersi ai più recenti movimenti che sono intervenuti nel mondo arabo, chiamati dai media "primavera araba", nati dalla condivisione delle notizie tramite i social network con la speranza di portare a un miglioramento della qualità della vita di quei popoli e miseramente falliti o soppressi dai politici locali. All’autore bisogna inoltre riconoscere che Instagram e Facebook, all’epoca della stesura del saggio, non erano ancora attivi.
Nel quarto capitolo viene affrontato un tema molto moderno: il turismo. Nel nostro mondo consumistico viaggiare equivale a essere un turista; inconsapevolmente l’utente moderno deve essere cosmopolita, viaggiare negli angoli più sperduti del pianeta e anche per coloro che non sono turisti non è possibile rimanere fermi, perché i nuovi mezzi di comunicazione ti permettono di connetterti con l’esterno e l’unico caso di esclusione è non essere un consumatore, essere un vagabondo, essere povero, perché la povertà in una società globalizzata significa soltanto essere un invisibile. Questa è l’unica malattia che non si può curare, i turisti si muovono perché lo desiderano, i vagabondi perché non hanno scelta (pensiamo al fenomeno dei migranti dall’Africa all’Europa o dall’America Latina all’America del Nord).
L’ultimo capitolo affronta il problema della legge: molte leggi devono essere abrogate, modificate e limitate per permettere la globalizzazione, dovendo creare maggiore occupazione. Così, ad esempio, possono essere stati abrogati gli orari di lavoro, ma a favore di chi? Basti pensare all’attuale forma di smart working con cui la pandemia sta facendo convivere milioni di persone, senza più orari, né luoghi di lavoro, costringendoci a fare più cose simultaneamente e trasformando le nostre abitazioni in uffici virtuali, senza più avere una distinzione tra la zona di lavoro e la zona familiare o di svago, dove i sistema di sicurezza sono garantiti.
La popolazione sì è dovuta adeguare, ma le criticità emergono in maniera sempre superiore: abbiamo lasciato diritti per strada e siamo finiti per avere solo doveri, abbiamo perso la libertà individuale, facciamo più cose simultaneamente, siamo nei nostri uffici virtuali, stiamo cucinando la cena e a volte controlliamo i familiari.
Quindi molte sono le tematiche su cui Bauman pone accenti di riflessione, non sempre dandone una connotazione definitiva, ma quantomeno facendo sorgere nel lettore delle domande, delle intuizioni, dei ripensamenti e dei dubbi. Su questo porrei l’accento per la grandezza dell’opera, che ha la capacità di mettere in discussione tutta una serie di assunti, di conseguenze personali che la globalizzazione inneggiava a soluzione a tutti i mali del mondo.
Dentro la globalizzazione è un libro che fa pensare il lettore, che lo costringe a guardare in direzioni diverse da quelle ufficiali, magari in direzioni in cui il lettore nemmeno voleva guardare. In questo risiede la grandezza di Bauman: essere stato un precursore, aver messo il dito nella piaga, aver fatto capire che il re è nudo, con pagine che sembrano pennellate di un quadro realista, dove i tagli di colore sono squarci sulla realtà e sulla capacità di pensare dell’uomo moderno.
Mi ritengo di poter consigliare questo testo, non certo come libro di lettura la sera prima di andare a dormire, ma come testo per un esercizio di comprensione dei fenomeni che ci circondano con uno spirito di osservazione critico, per cercare di vedere le cose da un punto di vista differente.
Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone
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